
Dio ti prego fa che non accada. Donald Trump è una persona così spregevole che non posso nemmeno immaginare che possa diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti”. Senza mezzi termini e con il timbro di voce incrinato dal disprezzo, la scrittrice statunitense Elizabeth Strout inchioda il magnate Donald Trump, che da domenica è in testa nei sondaggi per la Casa Bianca, superando – 43,4% contro 43,2% secondo RealClearPolitics – l’ex first lady, Hillary Clinton. Un vantaggio esiguo che però testimonia un trend in crescita, nonostante le prese di posizione del mondo intellettuale, cui si aggiunge anche la Strout, già vincitrice del Premio Pulitzer con Olive Kitteridge, nel 2009.
Questa chiacchierata si è svolta a Genova da cui ha avuto inizio il tour italiano dell’autrice per presentare il suo ultimo romanzo, Mi chiamo Lucy Barton (Einaudi, tr. it. Susanna Basso che la presenterà il 25 maggio, al Circolo dei lettori di Torino) in cui racconta la dolorosa emancipazione della protagonista, Lucy, nata nella miseria della provincia. Sarà la scoperta della scrittura, la sua capacità d’essere spietata per trovare le parole giuste, a darle la spinta per prendere in mano il destino. Riuscirà a perdonare i suoi genitori, ma per farlo dovrà affrontare dei dolorosi ricordi.
Lucy Barton inizia a scrivere per necessità. Lei quando iniziò a farlo?
Ho cominciato a farlo per via di mia madre. Ero molto piccola e lei non mi dava mai libri da leggere. Mi esortava a scrivere ciò che avevo fatto e visto durante la mia giornata. E così iniziai a fare, giorno dopo giorno.
Non c’era alcun piano B? Lei doveva diventare una scrittrice?
No, non c’era alcuna via di fuga. Credo davvero di essere nata per fare la scrittrice. Ho sempre saputo che le parole sarebbero state il mio mondo.
A un certo punto Lucy riceve una dritta: “Per scrivere bisogna essere spietati”. A cosa allude?
Sa cosa penso? Chi è bravo nel fare qualcosa, chi possiede un dono, a un certo punto è costretto dalla vita stessa a diventare spietato.
Ha dichiarato che lei scrive i libri affinché i lettori possano leggerli nel momento del bisogno. È capitato anche a lei?
Certamente, pensi che per diversi anni ho avuto bisogno di rileggere periodicamente Mrs. Dalloway. Era una necessità fisica. Tanti lettori giunti a un certo punto della loro vita hanno cercato in un libro le risposte necessarie e io spero che il libro di cui abbiano bisogno sia il mio.
Soprattutto nei periodi di crisi si guarda agli intellettuali con speranza. Crede che gli scrittori debbano avere un ruolo civile?
Senz’altro i libri devono avere un impatto, riuscendo a incidere sulla società. Ma questo può accadere solo se lo scrittore è onesto nel ritrarre ciò che lo circonda. E se al contrario non vi riescono significa che sono opere senza alcun valore.
Lucy Barton si emancipa dalla vita di provincia con la scrittura, diventa persino ricca. Oggi la società americana le appare sessista?
È una buona domanda ma è difficile risponderle. Senza dubbio le donne che sono nate e cresciute nelle metropoli hanno più cognizione dei propri mezzi e delle opportunità che la società e l’istruzione possono offrire loro. Ma nella provincia tutto è molto più complicato.
Lucy si emancipa principalmente dalla sua povertà?
Esattamente. In questo libro ho puntato l’attenzione sulle barriere di classe, sui confini e sulla possibilità di riuscire a superarli. Lucy appartiene alla povertà rurale e la sua famiglia è talmente bisognosa e priva di mezzi che finisce per essere emarginata. Ma Lucy un bel giorno diventa famosa, sconfigge la divisione delle classi sociali americane ed entra a far parte del ceto medio urbano. E mi creda, non accade spesso.
A proposito di ricchezza e dei privilegi delle classi sociali abbienti: per la prima volta Donald Trump ha scavalcato Hillary Clinton nei sondaggi in vista delle prossime elezioni. Cosa ne pensa?
Non posso crederci (molto accalorata, ndr). Non posso crederci. Non riesco nemmeno a immaginare che possa accadere una cosa simile. Donald Trump è una persona così spregevole che non riesco nemmeno a descrivere quanto lo detesto. Non può assolutamente diventare presidente degli Stati Uniti. Dio ti prego, fa che non accada. Fa che non accada.
E Hillary Clinton le piace?
Non abbiamo alternative.
Tre anni fa in Italia uscì I Ragazzi Burgess (Fazi editore) e lei descrisse gli Stati Uniti come una società razzista verso le minoranze. È cambiato qualcosa?
Tre anni sono pochi perché qualcosa possa cambiare. Del resto i sostenitori di Trump sbucano fuori come degli insetti dalle crepe nel legno e mi fanno venire la pelle d’oca. Significa che queste persone la pensavano già così e mentre la rabbia cresce sono usciti fuori allo scoperto.
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