L’unanimità non c’è. Ma “a maggioranza” il collegio dei Probiviri dei Movimento 5 Stelle ha deciso di avviare l’iter dei procedimenti disciplinari contro tutti quei parlamentari che non hanno votato la fiducia al governo Draghi e, già che c’erano, anche contro quelli che non sono in regola con le restituzioni. Sul secondo caso, c’è poco da contrattaccare. Ma sul primo la battaglia è appena cominciata. E non si annuncia di facile risoluzione, se perfino per una dei tre componenti del collegio, ci sono “possibili rilievi di illegittimità”. Durante la riunione di ieri, Raffaella Andreola ha infatti confermato tutte le sue perplessità sul caso dei 40 cacciati “su indicazione dell’ex capo politico senatore Crimi, attualmente a mio avviso non titolato a tali indicazioni”. Una valutazione che, dopo il voto su Rousseau per il nuovo organo collegiale, era stata condivisa anche da Davide Casaleggio, seppur smentito dal garante Beppe Grillo: anche per il manager milanese, Crimi non ha più alcun titolo. E sempre a Rousseau si potrebbe tornare se passasse la proposta della stessa Andreola: rimettere agli iscritti la decisione. Ovvero chiedere alla base: chi ha detto no a Draghi va cacciato davvero?
Sono tutti convinti, a cominciare da quell’Alessandro Di Battista che ha lanciato la sua “opposizione” da fuori, che gli iscritti 5S starebbero con i ribelli. Da Statuto, sarebbe il Garante, ovvero quel Beppe Grillo che per il sì al governo si è speso in prima persona, a dover indire la consultazione. Ma almeno nel Regolamento del gruppo M5S del Senato c’è un appiglio che rende assai più percorribile la via del ricorso.
La senatrice Barbara Lezzi, per dire, lo ha già scritto. E mette in fila tutti i motivi per cui ritiene che la cacciata non stia in piedi. A cominciare dal merito, visto che la mandano via perché non ha rispettato la decisione di Rousseau (finita, ricordiamo 60 a 40 per il sì a Draghi). Il “coinvolgimento degli iscritti”, infatti, si è “sostanziato attraverso la formulazione di un quesito ben poco dettagliato e ha riguardato una fase del tutto preliminare rispetto alla puntuale definizione della squadra governativa”. Né tantomeno si può richiamare l’obbligo a votare la fiducia previsto dal Codice etico, visto che quello fa esplicito riferimento a governi guidati da premier “espressione del M5S”, non quindi dall’ex presidente della Bce. E poi c’è la questione di metodo, che a questo punto rischia di essere quella decisiva. Perché, dicevamo, il Regolamento del gruppo M5S al Senato prevede che le espulsioni arrivino dopo tre passaggi: “l’iniziativa del presidente del gruppo, il parere del Consiglio direttivo e la ratifica degli iscritti”. Esistono deroghe ma, secondo il ricorso di Lezzi, non è il caso di cui stiamo parlando: non è esplicitamente richiamata, né può rientrare nei “casi eccezionali” previsti dal capo politico, visto che dal 18 febbraio – giorno in cui è stato istituito l’organo collegiale – il capo politico non esiste più.
Se da una parte Lezzi e altri “big” come Nicola Morra provano a trovare il modo di “prendersi” il Movimento dall’interno, c’è poi chi ragiona di altri piani. Resta in piedi la ricerca del simbolo, che al Senato serve per dar vita ad un nuovo gruppo parlamentare. I senatori Lannutti, Crucioli, Cabras stanno insistendo su questa via e hanno già contattato anche ex vertici della comunicazione pentastellata come Debora Billi, ora in forze al blog Byoblu di Claudio Messora, un altro ex M5S. Si tiene il filo anche con gli europarlamentari che a dicembre hanno lasciato i 5Stelle. Ma in molti consigliano ai “ribelli” di prendere tempo, di “elaborare il lutto” e di non avere fretta di strutturarsi.
Meglio aspettare di vedere che succede: il paradosso, notano, è che le espulsioni hanno rivitalizzato la corsa per la guida del Movimento. Finora nessuno si voleva candidare, anche perché non è certo un momento di popolarità per il partito. Ma se Lezzi e Morra vincessero la battaglia legale e Virginia Raggi confermasse la sua voglia di partecipare alla sfida, anche le noiose sorti dell’organo collegiale potrebbero cambiare.