Pubblichiamo un’anticipazione da “Fermate il Capitano Ultino!” (Chiarelettere) di Pino Corrias, in libreria dal 23 maggio
Condannato a morte dai mafiosi, odiato dagli inquisiti, malvisto dalle alte gerarchie dei carabinieri e del potere, temuto dai politici di destra, di centro, di sinistra: in questo quarto di secolo – dalla cattura di Totò Riina, anno 1993, a oggi – il colonnello Sergio De Caprio, conosciuto come “Capitano Ultimo”, è stato sotto il fuoco costante di nemici e riflettori. Lo hanno accusato di avere inscenato la cattura di Riina, assecondando l’accordo tra Bernardo Provenzano e i carabinieri: il vecchio boss fuori controllo in cambio della tregua (…) di non avere perquisito la villa di Riina, dando il tempo ai mafiosi di ritirare e nascondere le sue carte (…) di avere partecipato alla trattativa Stato-mafia che ha garantito la sopravvivenza dei Corleonesi dopo le stragi (…) di avere una squadra di carabinieri a sua immagine e somiglianza (…) troppo autonoma (…).
Lo hanno accusato, al contrario, di essere uno strumento in mano a Henry John Woodcock, il pm “che ha intercettato mezza Italia” con inchieste spericolate (…) per alcune delle sue indagini finite con l’assoluzione degli imputati dopo i tre gradi di giudizio, come se lui fosse il titolare del processo (…) di avere danneggiato gli affari di Finmeccanica e dunque dell’Italia, durante l’inchiesta che generò l’arresto del suo vertice (…) di avere attaccato la Lega di Bossi, Maroni e Salvini. Di averla danneggiata con l’arresto del tesoriere Belsito (…) di essere troppo intrusivo nelle indagini (…) di avere attaccato il mondo delle coop e il Pd, quando ha indagato sulla Cpl Concordia (…) di avere complottato contro Matteo Renzi, di essere un “carabiniere esagitato, esaltato, eversivo”. Almeno una decina di volte (…) è stato accerchiato, isolato, inquisito, criticato, trasferito, punito dalle gerarchie e dal potere politico (…). Oggi, dopo gli ultimi attacchi di Renzi e l’ostilità della Lega di Salvini – cioè del potere in declino e del potere in ascesa –, i vertici dell’Arma gli hanno tolto tutto: le indagini, gli incarichi, gli uomini della sua squadra. E di nuovo la scorta. Lo hanno parcheggiato in fondo al primo piano del Comando carabinieri forestali, al di là dell’ultima porta a vetri. Un territorio neutro, senza nome, senza insegne, che sembra scelto con accuratezza da un’amministrazione impersonale ma zelante, delegata a perfezionare la punizione con finta indifferenza e autentico rancore. E lo ha fatto – affinché servisse come monito – contro uno dei suoi uomini migliori, capace di condurre inchieste straordinarie, che oggi poteva essere generale e che invece ha rinunciato quasi a tutto: la carriera, gli encomi, persino il volto e una vita non clandestina. Negli ultimi mesi del 2018 e nei primi del 2019 l’ho incontrato a lungo. Così come ho incontrato molti dei suoi uomini (…). Non c’è risarcimento possibile per ciò che ha subito. In questo libro c’è solo la sua storia. E la sua storia dovrebbe bastare.