Doveva essere una sorta di bollettino di questa guerra a uso elettorale, e così è stato. L’ultimo Consiglio dei ministri prima delle urne dovrebbe partorire ben poco di concreto, se non “l’approvazione preliminare” – in sostanza un semplice passaggio senza efficacia – delle bandierine che ogni alleato piazza in vista delle europee, il decreto sicurezza vis e quello Famiglie. Questo alle 23.15 di ieri notte, orario di chiusura del giornale. È l’inevitabile epilogo di una giornata che inizia con la dichiarazione di guerra di Giancarlo Giorgetti, plenipotenziario leghista a Palazzo Chigi, che accusa su La Stampa il premier di “non essere una persona di garanzia ma del M5S”. Palazzo Chigi la legge come un avviso di sfratto della Lega e Giuseppe Conte reagisce furente (“è gravissimo”). Con queste premesse, inizia la riunione a Palazzo Chigi con il solito spezzatino. Il Cdm si apre alle 16, poi si aggiorna alle 20.30, alla presenza di Conte, Salvini e Di Maio, mentre Giorgetti si dilegua. Un segnale di crisi senza precedenti. E così, di tangibile, il Cdm licenzia solo alcune nomine, dalla Guardia di Finanza alla Ragioneria, e la riforma dei magistrati ordinari. Sui due provvedimenti spot, il decreto sicurezza Bis di Salvini e quello Famiglie di Di Maio si dovrebbe chiudere con un neologismo (“esame preliminare”) perfino più evanescente del “salvo intese” finora usato per approvare testi in bianco che poi vengono riscritti per settimane. A bloccare tutto sono i dubbi dei giuristi, dell’Onu e pure del Quirinale sul decreto voluto da Salvini. Conte in riunione fa presente al leghista le “molte criticità” rilevate dal Colle e quindi l’impossibilità di dare un’ok formale. E così, a cascata, al decreto Famiglia.
In un clima tesissimo l’unico via libera arriva per sostituire il comandante della Guardia di Finanza Giorgio Toschi, voluto da Matteo Renzi. Lega e M5S sono convenuti sul generale Giuseppe Zafarana, comandante dell’interregionale dell’Italia centrale. I due alleati invece non sono neppure riusciti a giocare la partita per imporre discontinuità alla Ragioneria dello Stato, guardiana dei conti agli occhi di Bruxelles: a sostituire il ragioniere generale Daniele Franco sarà Biagio Mazzotta, finora vice di Franco, assai ben voluto al Quirinale, il terzo contraente del governo. L’asse tra M5S e Lega regge invece nel bloccare il tentativo del ministro dell’Economia Giovanni Tria di creare un nuovo dipartimento, il quinto del ministero, da affidare alla fidata Alessandra Dal Verme, cognata dell’ex premier Paolo Gentiloni, anche lei in Ragioneria. La nuova struttura, dedicata agli “investimenti”, avrebbe creato un contraltare di peso di organismi analoghi messi in piedi a Palazzo Chigi, come Investitalia e Strategia Italia che devono rilanciare gli investimenti pubblici. E così Tria si deve accontentare di relazionare in Cdm con una “informativa”.
Lo scontro si infiamma però sul decreto Sicurezza bis. Dopo le polemiche, gli uffici di Matteo Salvini hanno redatto una nuova bozza del testo studiato per reprimere immigrazione e conflitto sociale. Le modifiche però sono, se possibile, perfino peggiorative, tra norme confuse e altre a rischio incostituzionalità che difficilmente passerebbero il vaglio del Quirinale. Le multe da 3.500 a 5mila euro per ogni migrante salvato, anche in acque internazionali, per dire, vengono sostituite da una multa da 10 a 50 mila euro per il comandante, l’armatore e il proprietario della nave (ad applicare le sanzioni sarà il prefetto, quindi il Viminale). Una norma che confligge con la legge italiana, che non prevede sanzioni per chi presta soccorso per evitare gravi danni alle persone, e pure con fonti sovraordinate, come le convenzioni Onu. I timori sono tali che in giornata il consiglio degli esperti di diritti umani della sede di Ginevra delle Nazioni Unite chiede all’Italia di “bloccare il decreto”, mentre il segretario generale Antonio Guterres avvisa che “le norme internazionali a tutela dei rifugiati vanno rispettate”.
Salvini, però, prova a tirare dritto, anche perché non riesce neppure ad avere l’ok in Cdm alle autonomie per Veneto, Lombardia (ed Emilia). In riunione replica ai dubbi di Conte (“dimmi quali sono queste criticità”, sbotta). Il testo, peraltro prevede anche un’altra novità, suggerita dal ministero delle Infrastrutture: la possibilità di confiscare la nave che soccorre i migranti e il potere, trasferito dal Mit al ministero di Salvini, di limitare o bloccare il transito di imbarcazioni per motivi di sicurezza. Ci sono poi i dubbi sugli interventi in materia penale. Il decreto inasprisce ancora di più una serie di norme assai contestate in materia di ordine pubblico, con una legislazione speciale prevista solo per le manifestazioni per chi aggredisce o anche solo ostacola le forze dell’ordine.
La discussione si fa accesa. Mentre andiamo in stampa è ancora in corso. Ma il risultato sembra scritto. Il decreto sicurezza non può essere approvato così, ma M5S non vuole lasciare a Salvini un’arma da usare alle europee. E così gli alleati dovrebbero inventarsi l’approvazione “informale” per rinviare la resa dei conti a dopo il 26 maggio. Stessa fine fa il decreto Famiglia con cui Di Maio – senza il via libera della Ragioneria – vuole stanziare un miliardo risparmiato sul Reddito di cittadinanza a un assegno per le famiglie. Risultato che accontenta tutti.