“Se cede anche sul Reddito di cittadinanza il Movimento 5 Stelle non ha più senso di esistere. E se il governo decide di ridimensionarlo ne trarremo le dovute conseguenze”. L’aria che tira sulla misura voluta ai tempi del governo gialloverde e cavallo di battaglia dei pentastellati non è delle migliori. Per questo l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, firmataria del primo disegno di legge, è netta: “È una misura sacrosanta, un baluardo di civiltà: non va ridimensionata”.
Renzi e Salvini fiutano le vostre difficoltà e lo attaccano proponendo un referendum.
Il Rdc va difeso a tutti i costi: esiste in tutti i paesi Ue, dove nessuno degli schieramenti politici, di destra o sinistra, pensa di eliminarlo. Chi lo attacca vuole guadagnare credito verso un certo pezzo di potere sulla pelle dei poveri. Non ha mai incontrato una famiglia beneficiaria.
Il refrain è il solito: va rivisto perché non incentiva l’occupazione.
Non sanno di cosa parlano. Non c’è nulla da rivedere, va solo implementato. Le Regioni devono procedere con le assunzioni previste per i Centri per l’impiego e mai fatte; così come i Comuni con i progetti di comunità. Vanno implementate le politiche del lavoro, che in Italia non sono mai partite. Nel Piano di ripresa nazionale abbiamo rafforzato la presa in carico e la formazione dei beneficiari. Il Rdc non produce lavoro, non è pensato per quello e non potrebbe essere altrimenti, gli investimenti lo creano: è un aiuto economico a chi è in povertà con servizi dedicati, sia di inclusione sociale che lavorativa per rendere i percettori occupabili. Buona parte dei beneficiari oggi non lo è. Ridimensionarlo sarebbe una follia sulla pelle di milioni di persone. Un attacco ai poveri.
Lasciare scadere il blocco dei licenziamenti a giugno è stato un errore?
Sì, serviva aspettare almeno fine settembre e monitorare la ripresa. Lo sblocco selettivo per tessile e moda, poi, serve a poco: esclude parte delle filiere e tocca anche imprese non in difficoltà. Il parametro da usare era il calo del fatturato. Ora serve monitorare, anche se tornare indietro sarebbe preferibile.
Sul dl Dignità è passato un emendamento alla Camera che permette, con l’ok dei sindacati confederali, di derogare alla stretta sui contratti precari. Pure M5S lo ha votato..
Un errore, poi corretto in parte inserendo un limite a settembre 2022. Il dl Dignità ha avuto un ruolo importante nel limitare il precariato, dopo un anno dalla sua introduzione aveva ridotto i contratti a termine e portato a un aumento di quelli a tempo indeterminato. Durante la pandemia abbiamo introdotto deroghe, ma solo temporanee, quella approvata ora è troppo lunga. Anche qui: la misura va rafforzata non ridimensionata. Io andrei oltre, abolendo l’articolo 8 del decreto Sacconi che permette, tramite accordi sindacali aziendali (o territoriali), di derogare anche alle leggi dello Stato.
Confindustria, centrodestra e pezzi di maggioranza vorrebbero eliminarlo.
Non accetto lezioni da chi ha precarizzato il mercato del lavoro approvando la legge Biagi, il Jobs act e togliendo l’art. 18. Aumentare la flessibilità non aiuta l’economia ed è il contrario di quanto si dovrebbe fare ora. La precarietà è maggiore tra giovani e donne, i più danneggiati dalla crisi Covid.
Il salario minimo è sparito dai radar.
Ho depositato il terzo disegno di legge, spero di discuterlo ma al resto della maggioranza non interessa. È una norma sacrosanta: il M5S deve puntarci, era nel suo programma, uno dei suoi temi identitari.
Sugli ammortizzatori sociali è in arrivo la riforma.
Spero non sia una riformetta.
Quella elaborata dalla nostra commissione tecnica era universale, semplificava le norme e copriva anche gli autonomi. Da quel che filtra, non sarà così. Sarebbe un errore.