Mail box

 

Caos inoculazioni tra burocrazia e invisibili

Si sta cercando di trovare tutti gli over 60 che non vogliono vaccinarsi, detta notizia mi sembra una bufala spaventosa. Io che ho più di 70 anni, residente a Venezia, sto cercando da oltre tre mesi di potermi vaccinare. Tre mesi. Provo due, anche tre volte a settimana di prenotarmi online con la ULSS3 Serenissima, ma tutte le volte appare la scritta “prenotazioni esaurite”. Chiamo il centralino e mi mandano sempre sul sito regionale ULSS3, dove non concludo nulla.

Omero Terrin

 

Cari grillini, ora tirate fuori un po’ di grinta

Non pensate che l’attuale M5S non abbia la giusta cattiveria e arroganza per poter competere con il centro destra, l’innominabile e parte del Pd che li vorrebbero vedere scomparire dalla scena politica?

Contro questi “piatti vuoti” (come direbbe mia nonna), ci vorrebbe maggiore vigoria fisica. Perché mai il Movimento non prende posizione ogni giorno votando contro i provvedimenti di Draghi, ammesso che veramente ve ne siano anche alcuni con cui non sono d’accordo? Perché la maggioranza relativa dei parlamentari lascia che la Rai sia quotidianamente occupata dalla propaganda del centro-destra, quando poi ha anche dalla sua parte le tv e i giornali di Berlusconi? O forse nel M5S sono così ingenui da pensare che le lobby economiche, politiche e malavitose non stiano alacrememente al lavoro per chiuderli definitivamente in una “riserva”?

Cari grillini, tirate fuori cattiveria e arroganza per non far morire la speranza di chi ha creduto in voi. Abbandonate lo snobismo e coinvolgete i semplici cittadini, loro son pronti a lottare per una Italia migliore!

Leonida Ambrosio

 

Agosto, “città mia, non ti conosco: deserta”

In Italia, ahimé, è sempre la solita storia che si ripete sistematicamente nei periodi estivi, quando comincia l’esodo di massa verso i luoghi di vacanza: tutto sembra fermarsi, anche i servizi essenziali diventano un lusso per gli utenti costretti a rimanere in città. Per non parlare dello squallore e della tristezza che regnano in alcuni centri urbani trasformati in cimiteri.

Sarebbe opportuno, a mio avviso, scaglionare in modo intelligente le proprie ferie. In modo particolare il periodo agostano. Il riposo da lavoro e il sano ozio sono importanti per rigenerare corpo e mente, ma bisogna tener conto anche delle esigenze di coloro che non possono permettersi di andare in vacanza, o che non amano santificare le ferie, preferendo rimanere nei propri luoghi di residenza.

Franco Petraglia

 

I medici no-vax devono rispettare gli altri

Ho letto l’articolo sui medici “free vax”. Questi 3.000 individui che lavorano nel sistema sanitario italiano accampano scuse e preoccupazioni per non sottoporsi a vaccinazione anti Covid-19. Noi, milioni di italiani e cittadini di tutto il mondo, che si sono vaccinati e che vogliono vaccinarsi, siamo degli idioti? Qualcuno dovrebbe spiegarmelo. I ricorsi al Tar dovrebbero essere ben valutati, nel rispetto della salute generale e mondiale. Chi accampa preoccupazioni dovrebbe avere due scelte: mi vaccino e continuo il mio lavoro in ambito sanitario, non mi vaccino e mi cerco un altro lavoro. Capisco sia una scelta pesante, ma anche consentire a chi non si vuol vaccinare di lavorare in pubblici uffici, non è garantire la salute di tutti.

Antonio Benigni

 

Berlusconi al Colle sarebbe una vergogna

Su Il Fattodel 5 luglio così scrive Tommaso Rodano di Berlusconi al Colle: “può sembrare assurdo nel 2021 che a qualcuno venga in mente di proporre come presidente della Repubblica il personaggio più divisivo dell’Italia contemporanea…”

Assurdo? Divisivo? Che un pregiudicato definito “delinquente” venga proposto come candidato alla presidenza della Repubblica è una vergogna, non un’assurdità: è la dimostrazione (e non ce n’era bisogno) che questo Paese, al presente e per molte generazioni a venire, è irrecuperabile.

Vittorio Melandri

 

Vittorio Feltri e Muti: che differenza di stile

Trovo piuttosto difficili da accettare le parole di Vittorio Feltri in una recente intervista. Alla domanda come mai non si candidasse a sindaco di Milano, riconoscendo la sua incompetenza in merito, si giustificava, inoltre, sostenendo che “si guadagna troppo poco”. In un’altra recente intervista, ha affermato di aver accumulato un patrimonio che gli potrebbe permettere di vivere due vite senza lavorare. Quindi mettersi al servizio degli altri, di chi è stato meno fortunato di lui è qualcosa che può fare solo se pagato abbastanza (sui suoi parametri, si sa, elevati). Che differenza di spessore civile con il maestro Muti, che ha recentemente affermato di sentirsi in dovere di restituire, almeno in parte, quello che la vita gli ha dato e, infatti, prossimamente dirigerà l’orchestra dei giovani di Scampia e non certo per quello che sarà il suo compenso.

Angelo Colombo

Altro flop del piano Figliuolo: i medici di base sono senza dosi

Gentile redazione, ho più di 70 anni e ho prenotato dal mio medico a Roma l’inoculazione del vaccino anti-Covid. La prenotazione l’ho effettuata il 21 aprile, ma ancora attendo la prima dose. Mi vedo inserito in quel coacervo di persone reclamizzate dalla televisione come renitenti o meglio come quelli “da rastrellare”. Il medico, più volte compulsato, mi fa sapere sempre che la Regione non gli consegna i vaccini. Con chi me la devo prendere?

Marco Olla

 

Gentile signor Marco, certamente non se la deve prendere con il suo medico di famiglia, quanto le riferisce è certamente vero e non è una sua responsabilità. E non sorprende affatto che non abbia vaccini per i suoi pazienti. Più volte i medici di base, come riportato dal “Fatto”, hanno protestato perché non venivano riforniti e non riuscivano a dare un contributo alla campagna vaccinale. Questo più o meno in tutte le Regioni. E nonostante la firma dell’accordo nazionale con il governo, seguito a cascata a livello regionale. Semplicemente le Regioni – come hanno denunciato più volte le organizzazioni sindacali dei medici di famiglia – preferiscono convogliare i vaccini a disposizione sui grandi hub vaccinali. Alla medicina territoriale purtroppo restano le briciole. Quando va bene. Tenga anche conto del fatto che il quantitativo di dosi distribuite dalla struttura del commissario all’emergenza, il generale Francesco Paolo Figliuolo, fino a ora è stato sempre inferiore a quanto previsto dal piano vaccinale, a causa dei ritardi delle case farmaceutiche, che spesso non rispettano gli accordi sulle consegne. E dire che per Figliuolo i medici di famiglia avrebbero dovuto essere uno dei pilastri della campagna vaccinale, capaci da soli di garantire oltre 400 mila somministrazioni al giorno, per arrivare a un milione di vaccinazioni quotidiane in giugno. Come sappiamo, così non è stato. Le conviene rivolgersi a una farmacia dotata di Cup per prenotare la sua vaccinazione in uno dei tanti centri vaccinali allestiti dalla Regione a Roma, senza protestare con il suo medico. Non credo infatti che la situazione possa sbloccarsi. Anche alla luce del fatto che per il mese di luglio sono previsti tagli alle consegne: difficilmente la rete dei medici di base potrà essere rifornita con regolarità.

Natascia Ronchetti

Giustizia, ora in Italia si finge di non sapere cosa chiede l’Europa

Se nel dibattito sulla riforma della giustizia ci fosse un minimo di buonafede qualcuno in questi giorni in Parlamento avrebbe ricordato che l’Europa per darci i soldi del Recovery ha chiesto una cosa sola: processi più veloci. E se ci fosse un minimo di onestà intellettuale ieri, in occasione della pubblicazione del rapporto della Commissione europea sullo stato dei tribunali, i siti dei grandi giornali avrebbero riportato con evidenza le parole del commissario Ue alla giustizia, Didier Reynders, che si è detto “veramente preoccupato delle risorse umane nel sistema giudiziario italiano perché in Italia il numero dei giudici è uno dei più bassi di tutta l’Unione”. Ma visto che in un paese caratterizzato dall’alto tasso di devianza delle sue classi dirigenti come il nostro, sulla giustizia non può esservi né buonafede né onestà intellettuale, in tanti preferiscono scannarsi sulla prescrizione piuttosto che ammettere ciò che all’estero è chiarissimo: la giustizia italiana non funziona perché i processi sono troppi rispetto ai 9.100 magistrati attualmente in servizio. Un concetto che diventa ancora più semplice da comprendere se si pensa che in Italia ci sono 12 magistrati ogni 100 mila abitanti, mentre in Germania ve ne sono 24.

In una nazione in cui gli avvocati sono 400 ogni 100 mila abitanti (la nostra) è pero velleitario sperare che qualcuno tragga da questi numeri le ovvie conclusioni: folle fissare nel penale due anni di tempo per celebrare i processi di appello pena la loro evaporazione se prima non si aumentano i giudici o si diminuiscono di numero i processi di secondo grado (tenendo presente che se si vuole davvero una giustizia giusta e rapida sarebbe necessario fare entrambe le cose).

Nel momento in cui scriviamo il Consiglio dei ministri è ancora riunito. Le bozze definitive della (contro)riforma Cartabia non sono note. Si hanno però tre certezze. La prima è che la commissione presieduta dal presidente emerito della Consulta, Giorgio Lattanzi – istituita per dare suggerimenti – non era particolarmente forte in matematica. Per la commissione è sbagliata la proposta avanzata dal precedente governo di processare in appello davanti a un solo giudice, e non più tre, gli imputati che in tribunale erano già stati giudicati da un unico magistrato (il cosiddetto monocratico). Ed è sbagliata non solo perché “la collegialità rappresenta un valore essenziale del sistema delle impugnazioni”, ma pure perché “è dubbio che la previsione del giudice monocratico consentirebbe di aumentare aritmeticamente la capacità di definizione delle corti d’appello”. Detto in altre parole: per Lattanzi non è vero che se al posto di tre magistrati ne metti uno solo e ne usi altri due per celebrare altri processi otterrai più sentenze. Sconcertante.

La seconda certezza è che nel Recovery sono previsti fondi per l’assunzione di personale amministrativo (16 mila persone), ma non di altre toghe. Terza certezza: con la legge finanziaria sono stati indetti concorsi per soli 330 giudici. Un’inezia rispetto a ciò che servirebbe davvero. Ma anche una scelta obbligata perché per celebrare i concorsi e trovare i candidati in grado di superarli (diventare magistrato è difficile) ci vuole un sacco di tempo. Da tutto questo discende una quarta e ultima certezza: l’obbiettivo, dichiarato da Cartabia, di ridurre del 25 per cento i tempi del processo penale non verrà raggiunto. E in fondo è giusto che sia così: perché se i cittadini votano rappresentanti interessati all’impunità duratura o voltagabbana attaccati alla loro poltrona poi è inutile che si lamentino.

 

“Chiusi da solo Malagrotta” (ma con lui c’era Zingaretti)

Caro Direttore, scrivo dagli Usa dove ogni mattina, prima dei miei impegni ospedalieri e accademici, leggo Il Fatto Quotidiano. L’articolo di domenica di Vincenzo Bisbiglia, sul tema dei rifiuti a Roma, mi ha fatto riflettere. Lui ha scritto che Nicola Zingaretti e io abbiamo chiuso la discarica di Malagrotta nel 2013 e che tale decisione venne assunta senza un piano alternativo. Devo rettificare. Malagrotta era la più grande discarica del mondo. Durante la campagna elettorale del 2013 promisi la sua chiusura (che sulla base della direttiva Europea sarebbe dovuta avvenire già entro il 2007). Lo feci in 90 giorni nonostante vaste opposizioni, basate anche sul fatto che il suo proprietario, l’avvocato Manlio Cerroni, precedentemente al mio insediamento, aveva ottenuto dalle autorità italiane un aumento significativo della volumetria. Presi la decisione da solo, non insieme a Nicola Zingaretti. Anzi, nessuno mi rispose al telefono quando cercai di informare le istituzioni regionali della decisione presa e che avrei attuato alla mezzanotte del 30 settembre 2013. Non ne fui sorpreso: dal 1963 quella discarica era l’unico strumento di smaltimento dei rifiuti di Roma, un business di centinaia di milioni di euro all’anno. Nessuno aveva agito prima di me nonostante che Roma e la Regione Lazio fossero state governate per molti anni da giunte di centrosinistra. Si è detto che Marino chiuse Malagrotta senza un piano alternativo. Al contrario, avevo ben definito un piano di azione e avevo individuato i fondi per realizzarlo. Ad esempio, acquistai un nuovo tritovagliatore perché mi resi conto che ne potevamo avere uno di proprietà pubblica investendo meno denaro di quello che pagavamo ai privati! Quel nuovo macchinario, definito dai media “il giocattolo di Marino” e rifiutato dall’opposizione del M5S, oggi si trova a Ostia e, purtroppo, dopo aver funzionato e trattato 300 tonnellate di rifiuti al giorno, non viene utilizzato. Eppure potrebbe immediatamente migliorare l’attuale situazione critica della città. Quando lo acquistai, non venne autorizzato dalla giunta di Zingaretti. Noi trovammo il modo di usarlo ugualmente. Questo, insieme allo sforzo speso nella crescita della raccolta differenziata, ci permise di annullare il conferimento di circa 1000 tonnellate al giorno di rifiuti ai privati, con un beneficio per le casse di Ama di 175 mila euro al giorno e di minori impatti ambientali. Dopo l’interruzione del mio mandato, la stessa giunta Zingaretti ha autorizzato proprio quel tritovagliatore privato. Si tratta del più grande impianto per rifiuti indifferenziati di Roma, anch’esso, come Malagrotta, di proprietà di Manlio Cerroni. Così è stato completamente invertito il percorso della raccolta differenziata, intensificando il trattamento dei rifiuti indifferenziati. Quindi si è detto no a un impianto pubblico, in linea con la crescita della raccolta differenziata e il recupero di valore dei rifiuti, e sì a un impianto privato e funzionale alla discarica e all’incenerimento. Non è vero che Marino chiuse Malagrotta senza un piano. Non è così, ma se un concetto falso viene ripetuto molte volte, diventa vero nell’immaginario collettivo.

 

Gentilissimo prof. Marino, grazie per l’attenzione con cui legge i miei articoli. Punto uno: trova ancora su Roma Today l’articolo del 2 ottobre 2013 dal titolo “Malagrotta chiude: Zingaretti e Marino esultano tra mille interrogativi”, a firma del direttore Matteo Scarlino, sulla conferenza stampa congiunta tenuta da lei e Nicola Zingaretti (e i rispettivi assessori dell’epoca) sulla chiusura della discarica di Malagrotta. Punto due: il “piano d’azione” da lei descritto purtroppo non si è concretizzato. Probabilmente non per colpa sua. Ma non si è concretizzato.

Vincenzo Bisbiglia

 

Il richiamo del vaccino e l’atteso trombo-amico

Ho fatto, come tanti altri, la seconda dose del vaccino. AstraZeneca. Rispetto alla prima volta c’era molta meno gente, non so se è perché AstraZeneca ha provveduto a farne fuori un bel po’ o, più probabilmente, perché molti, impauriti da questo vaccino dalla fama un poco sinistra, han preferito rimandare il tutto a dopo l’estate (“per adesso mi godo le vacanze, al vaccino ci penserò dopo”) per la disperazione del generale dalle mille battaglie mai combattute.

“Come ti senti?” mi chiede, premurosa, un’amica. Certamente stavo meglio prima, rispondo, tetro, utilizzando il gergo del calcio quando prendi una botta dolorosa ma che non ti impedisce di continuare a giocare. Io questa cosa per cui una persona sana deve inocularsi una malattia per prevenirne una più grave non riesco proprio a digerirla. Le cose, una volta cacciata Aria del minus habens Caparini e affidato il servizio a Poste Italiane, si sono svolte alla Fabbrica del Vapore con la consueta umanità da parte del personale e in modo ultraveloce, “u creddu ben” non c’era quasi nessuno. Poi ci sono i corollari di rito. Devi stare, con altri morituri più o meno della tua età ma anche oltre, quindici minuti in attesa dello shock anafilattico che ponga termine finalmente alla partita. Perché quindici minuti e non sedici o ventiquattro o mezz’ora? E chi lo sa? La Scienza – almeno questo il Covid avrebbe dovuto insegnarcelo – non è una scienza esatta, e non lo è nemmeno la matematica come ingenuamente crediamo fin da bambini perché così ci viene insegnato. Nulla è esatto nell’umano, perché ognuno è fatto a modo suo. Così adesso, come tutti gli altri, avrò l’ansia di aspettare quattordici giorni in attesa del trombo-amico. E anche qui perché poi quattordici giorni e non, poniamo, ventotto? E chi mi dice che il vaccino, avendo alterato l’equilibrio naturale del mio corpo, fra un anno o due invece di un infarto secco e liberatorio non mi appioppi appunto il trombo e mi condanni alla sedia a rotelle per il resto dei miei giorni?

Più si va avanti e questa vicenda del Covid19-lockdown-vaccini meno mi convince. Il genere umano, fra le specie animali più stupide del Creato, s’è fatto spaventare dall’estensione dell’epidemia che chiamiamo, proprio per ciò, pandemia. Ma questo era inevitabile. È evidente che se tu crei un mondo integrato, uno starnuto in Cina ci mette pochissimo ad arrivare a Codogno. Qualche anno fa uno che aveva già capito le cose affermò: “Uno sbatter d’ali di farfalle in Giappone può provocare un terremoto in Italia”. Quindi la novità, che molto ci ha preoccupato, è l’estensione del morbo, non la sua letalità. Nel mondo, a oggi, per Covid-19, o sue derivazioni, sono morte quattro milioni di persone. Quattro milioni su una popolazione mondiale di più di sette miliardi – comprendendo in questo calcolo anche aree del globo come l’Africa subsahariana dove nessuna profilassi è stata fatta perché hanno altre malattie, ben più micidiali del Covid, cui pensare, per esempio la malaria, e alle quali ci apprestiamo a regalare generosamente gli scarti dei nostri vaccini – fa una percentuale di 0,057. Dice: ma il virus è esponenziale. Vero. Raddoppiamo la percentuale, quadruplichiamola, decuplichiamola, siamo generosi (“venghino, venghino, signori”). Fa 0,57. Per questo, per altro ipotetico, 0,57, per due anni abbiamo fermato il mondo. Per salvare chi poi? Settuagenari, ottuagenari, nonagenari perché c’è gente che ha l’impudenza, e oserei direi, l’impudicizia, di vivere fino a questa età mettendo in crisi figli già ultrasessantenni e a loro volta con problemi di salute – in una società ammorbante come la nostra pochissimi sono sani – che devono dividersi fra i propri problemi di salute, le incombenze professionali e l’amor figliale, ma sarebbe meglio dire per i nonni, i bisnonni e i trisnonni. Vecchi che hanno, quasi sempre, due o tre patologie pregresse e che a breve sarebbero morti comunque per un colpo di freddo o semplicemente perché la vita, prima o poi, ha un termine. C’è un’altra considerazione da fare. Il virus è un parassita. Anche lui, pur non essendo umano, può sbagliare e dimostrarsi troppo aggressivo e quindi uccidere il suo ospite e con esso uccidere se stesso. Quindi ha due possibilità. Una è svignarsela dai vaccini mutandosi. È quello che sta facendo adesso con la variante Delta, per cui gli inglesi che si erano molto vantati delle loro vaccinazioni adesso non possono neanche venire a vedere una partita a Roma. L’altra, più intelligente, è di diventare meno aggressivo col suo ospite. In questo caso il Covid-19 si trasformerebbe in una normale influenza senza che ci sia bisogno ogni anno di fare quattro vaccinazioni (due, diciamo così, normali e due richiami) con tutto lo stress che ciò comporta e che secondo me per la salute è molto più pericoloso del Covid.

 

L’addio a Raffaella Carrà, le sigaretta di mio zio e il sesso con la moglie

E per la serie “Non si muore per amore ma perché rischiare”, la posta della settimana.

Caro Daniele, eri in fila a rendere omaggio a Raffaella Carrà? (Sara Fabrizi, Roma). No, sono arrivato in ritardo. Sarei arrivato prima, ma non era ancora morta. Si sa quale marca di sigarette fumava Raffaella Carrà? (Denis Castaldi, Vigevano). No, ma bisogna smetterla con la balla che il fumo fa male alla salute. Mio zio ha sempre fumato più di 60 sigarette al giorno ed è morto a 42 anni. Sono divorziato, ma ogni tanto faccio sesso con mia moglie. Potrebbero annullarmi il divorzio? (Fabio Carugati, Milano). Ti piacerebbe, eh? Hai finalmente compreso il casino in cui ti sei cacciato, sposandoti e divorziando: in caso di separazione fra coniugi, infatti, alla donna vengono sempre affidati i figli, e di conseguenza la casa. E l’uomo è costretto dal tribunale a corrispondere all’ex consorte cospicui assegni alimentari mensili, anche nel caso in cui la separazione sia stata addebitata a lei. Riesci a immaginare una donna spogliata dei figli, della casa, e costretta a mantenere un marito che l’ha perfino tradita? Ecco perché il matrimonio è una trappola micidiale per gli uomini. E lo sappiamo tutti, infatti un diffusissimo lapsus maschile è quello matrimonio/funerale. “Sono andato al suo funer… al suo matrimonio.” Ma il sesso tra separati non blocca il divorzio, coglione. Secondo la Cassazione, infatti, i rapporti sessuali anche frequenti tra marito e moglie separati non sono un elemento utile a bloccare la pronuncia di divorzio perché la condivisione del letto non dimostra quella ripresa degli affetti che può interrompere la procedura di scioglimento definitivo del matrimonio, e questo anche nel caso in cui dagli incontri assidui tra i due ex nasca un bambino. Una buona notizia per i single refrattari (sesso e bambini non dimostrano affetto, quindi non possono essere usati per ricattare al grande passo), ma non per te, che pensavi, scopando con la ex, di ottenere magicamente l’annullamento, per il quale dovrai invece dimostrare la ripresa degli affetti: tipo regalarle un gattino, o invitarla al matrimonio della Carrà. Insegno matematica al liceo, ma i miei studenti sono svogliati. Qualche idea per il prossimo anno? (Ugo Fabbri, Salerno). All’epoca della rivoluzione russa, il fisico matematico Igor Tamm, recatosi in un villaggio presso Odessa allo scopo di barattare del cibo, fu catturato da una banda di vigilantes anticomunisti: diffidenti del suo abbigliamento cittadino, sospettavano che fosse un agitatore comunista antiucraino, e lo trascinarono davanti al loro capo. Alla domanda su cosa facesse per vivere, rispose che era un matematico. “Sì?” disse il capobanda, scettico. “Allora calcola l’errore quando l’approssimazione di una funzione secondo la serie di Taylor è troncata dopo i termini. Se ci riesci, ti lascio libero. Se sbagli, ti spariamo”. Tamm si inginocchiò e con le dita calcolò il risultato nella polvere del suolo. Quando ebbe finito, il capobanda gettò un’occhiata alla risposta e gli fece segno di andare. Tamm vinse il premio Nobel per la fisica nel 1958. Non conosco l’identità di quello strano capobanda. Adesso, però, hai un aneddoto eccezionale per far capire ai tuoi studenti l’importanza della matematica. Renzi vuole un confronto con la Ferragni sul ddl Zan! (Luisa Barenghi, Alassio). È più facile che confrontarsi in Parlamento sui propri rapporti con l’Arabia Saudita. Potrebbe chiedergliene conto la Ferragni, però: anche solo per vedere Renzi far la faccia di Mr. Bean che gli riesce meglio, franca sino alla nudità, quella a ciglia aggrottate da boccalone, che sulla fronte pare abbia stampato “Sto cercando di pensare, ma non succede niente”.

 

Quelli che… il duce Mario “tira diritto”

Grosso modo esistono due tipi di dittature golpiste: quelle tragiche imposte con la forza (blindati nelle strade, oppositori in galera e cose del genere), e quelle frutto di trame e cospirazioni che magari finiscono in burletta (il film, “Vogliamo i colonnelli”). In Italia (culla della tragica burletta fascista) si sta provando a sperimentare la dittatura per grazia ricevuta. Consiste nell’implorare Mario Draghi affinché metta da parte le inutili ritrosie e si convinca ad assumere una buona volta nelle sue mani i pieni poteri. Sì, quegli stessi pieni poteri che un paio di estati fa annunciava Matteo Salvini da una spiaggia romagnola, subito subissato da fischi e pernacchie dai grandi giornali sconcertati da un tizio che pretendeva di abolire la democrazia stando in braghette e sorseggiando un mojito. Su Draghi, che indubbiamente veste in maniera più consona, le attese per una svolta autoritaria sono tali che l’informazione di cui sopra cerca impaziente di forzargli la mano. Ecco un paio di titoli, giusto per spiegare questo desiderio di sottomissione. “Rai, Draghi tira dritto su ad e presidente” (Adnkronos); “Draghi tira dritto sulla giustizia” (“La Stampa”). Ora, per il poco che conosciamo il premier non ce lo vediamo mentre in Consiglio dei ministri redarguisce quei rompiscatole dei grillini dicendo: fate come volete perché io tiro dritto! O al supermercato che ignora la fila proclamando: sia ben chiaro io tiro dritto! Anche perché egli certo non ignora che il “noi tireremo diritto!” fu lo slogan coniato da Benito Mussolini dallo storico balcone dopo le sanzioni imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni. Frase talmente di successo da ispirare a E. A. Mario una festosa canzoncina dalle strofe trascinanti: “Noi tireremo diritto, farem quel che il Duce ha detto e scritto, serenamente rimarremo paria, figli di questa Italia proletaria, serena e forte contro tutte le viltà”. Un inno alla necessaria sobrietà (per scarsezza di viveri) che incitava a non demordere (se non si riusciva a mordere): “Noi tireremo diritto, né mai ci mostrerem col viso afflitto. La carne manca? Poco ci rincresce! Abbiam tre mari abbiamo tanto pesce che, a chi lo vuole, lo possiamo regalar”. Diciamolo, in questo clima di fervido orgoglio nazionale, in vista della partita degli Azzurri a Wembley, un tonante “Dio stramaledica gli inglesi”, evidenziato da tutta la stampa patriottica, non ci starebbe a pennello?

Alemanno, Cassazione: “Non fu corrotto”. Ma da sindaco prese finanziamenti illeciti

Gianni Alemanno non fu corrotto. Ma ha ricevuto finanziamenti illeciti e dovrà sottoporsi a un altro processo per traffico d’influenze. Reato che prevede una condanna da 3 a 6 anni di carcere. Ieri la Cassazione ha fatto cadere l’imputazione più grave in capo all’ex sindaco di Roma, nell’ambito dello stralcio del processo sul “Mondo di Mezzo” che lo riguarda. La Suprema Corte ha comunque condannato l’ex esponente di An a 6 mesi di carcere per i circa 10 mila euro incassati dalla Fondazione Nuova Italia dalle cooperative guidate da Salvatore Buzzi – a cui a sua volta sono stati inflitti 12 anni e 10 mesi in secondo grado –: sarà la Corte d’Appello nelle prossime settimane a decidere se e come Alemanno dovrà scontare la pena.

Ancora ieri, il pg di Cassazione chiedeva per l’ex ministro dell’Agricoltura la conferma delle condanne a 6 anni di carcere giunte al termine dei primi due gradi di giudizio. Qualora la sentenza definitiva avesse mutuato le precedenti, Alemanno sarebbe dovuto andare in carcere. I giudici, invece, hanno fatto decadere le tre ipotesi di corruzione, “derubricandole” in traffico d’influenze. Il nuovo processo d’Appello dovrà svolgersi in merito alle presunte pressioni effettuate da Alemanno nei confronti dell’ente Eur Spa per il pagamento dei crediti pretesi dalle cooperative gestite da Buzzi, cui partecipava in maniera occulta l’ex estremista di destra, Massimo Carminati, già condannato in Appello-bis a 10 anni. Di fatto, visto il pronunciamento della Cassazione, il procedimento punterà alla rideterminazione della pena. È finita prescritta, poi, una seconda ipotesi di reato, quella di pressioni, sempre su Ama Spa, ancora per il pagamento dei “crediti” in favore delle coop (ma sono state ribadite le statuizioni civili per Ama). Non sussiste, infine, la presunta turbativa del bando per le nomine nella società capitolina Ama Spa, in favore dei dirigenti Giuseppe Berti e Giovanni Fiscon. La rideterminazione del reato è arrivata grazie all’accoglimento della tesi difensiva, che chiedeva l’allineamento dei capi d’imputazione alle sentenze di condanna degli imputati nel processo principale, Buzzi e Carminati su tutti. Alemanno ha commentato: “È la fine di un incubo. Mi sono ritrovato mafioso, poi corrotto. Ma ora non c’è più quel fango”. “La sentenza impugnata non considerava che Alemanno, era stato giudicato estraneo alle contestazioni di associazione ipotizzate dalla Procura”, hanno dichiarato i difensori, Cesare Placanica e Filippo Dinacci.

Accusò Renzi di “spese pazze”. Assolto a Firenze

Aveva sostenuto che da presidente della Provincia, tra il 2004 e il 2009, Matteo Renzi aveva dilapidato soldi pubblici in “spese pazze”. Nel 2013 l’ex premier, oggi leader di Italia Viva, lo aveva denunciato e ieri il tribunale di Firenze lo ha assolto “perché il fatto non costituisce reato”. Alessandro Maiorano, ex usciere di Palazzo Vecchio, era imputato di diffamazione, su querela, perché diceva che Renzi avrebbe a suo tempo dissipato 20 milioni di euro pubblici con spese prive di finalità istituzionali, chiedendo che fossero svolti accertamenti giudiziari. Ora “il tribunale – ha commentato Carlo Taormina, difensore di Maiorano – sottolinea con questa assoluzione che il cittadino conserva il proprio diritto a criticare le istituzioni e i loro rappresentanti su come viene impiegato il denaro pubblico”. Nell’udienza c’è stato anche spazio per la discussione su una perizia psichiatrica su Maiorano: “Lo psichiatra ha dichiarato che è capace di intendere e di volere”. “Aspettiamo le motivazioni per valutare se fare ricorso”, il commento di Federico Bagattini, legale di Renzi.

Boss lo denunciò, Tribunale ministri archivia Bonafede

Il Tribunale dei ministri ha disposto l’archiviazione nei confronti di Alfonso Bonafede. L’ex Guardasigilli era stato denunciato per trattamento inumano dal boss di Villabate Nicola Mandalà (già uomo di fiducia di Bernardo Provenzano) che si era visto rinnovare il regime previsto dal 41 bis. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ha comunicato lo scorso 28 giugno alla Camera che “il collegio per i procedimenti relativi ai reati previsti dall’articolo 96 della Costituzione, con decreto del 10 maggio ha disposto l’archiviazione rispetto a un procedimento per ipotesi di responsabilità nei confronti del deputato Alfonso Bonafede nella sua qualità di ministro della Giustizia pro tempore”. Lo scorso anno lo stesso Mandalà aveva fatto ricorso in Cassazione lamentando la lesione del suo diritto all’informazione: aveva chiesto la possibilità di fruire anche di Sky Sport e Premium Sport non ritenendo sufficienti i 20 canali (tutto il pacchetto Rai, più Mediaset, La7 e Tv 2000) già a sua disposizione.