Al ministero della Salute non è piaciuto vedere in tv, martedì sera, sulla rete ammiraglia del servizio pubblico, “un giornalista Rai, neppure giovanissimo, in mezzo a una baraonda di ragazzi che festeggiavano la vittoria sulla Spagna in una piazza romana. Tutti senza mascherina”.
Gli Europei di calcio come occasione di contagio preoccupano, in Italia come in Gran Bretagna. Nel nostro Paese i casi rilevati aumentano. Ieri sono stati 1.010, per la prima volta dal 19 giugno di nuovo sopra i mille. Non è dato di un giorno. Secondo il fisico Giorgio Sestili, dopo 15 settimane di discesa si registra un +7% in sette giorni, con aumenti in 8 Regioni. E in 28 province l’aumento è superiore al 50%, osserva il matematico Giovanni Sebastiani. In parte, però, secondo gli esperti, l’aumento dei tamponi positivi dipende dal tracciamento dei contatti, ora più efficace rispetto ai mesi scorsi.
In Uk record di contagi e 44% di ricoveri in più
Nel Regno Unito, con la variante Delta, non crescono solo le infezioni lievi: ieri il nuovo record di casi, 32.548, più 42.8% rispetto a sette giorni prima, ma anche più decessi (161 in una settimana: +42,8%) e più ricoveri (fino al 3 luglio 2.460 in sette giorni: +44.7%). Numeri contenuti, certo, tanto più in un Paese in cui il 64,6% della popolazione è vaccinato con due dosi e il 90%, secondo l’Office for National Statistics (Ons), ha gli anticorpi, naturali o indotti. Ma, oltremanica, si aspettano fino a 100 mila contagi al giorno.
Alla finale di Wembley mille in arrivo dall’Italia
Domenica, alla finale che attende la Nazionale italiana allo stadio di Wembley a Londra, potranno entrare 60 mila tifosi: il 75% della capienza massima, cioè tre volte i 20 mila ammessi alle prime partite. Visto l’obbligo di quarantena all’ingresso nel Regno Unito, la Federcalcio ha concordato ieri con l’Uefa un “corridoio protetto” per mille tifosi: partiranno con appositi charter, raggiungeranno direttamente lo stadio dall’aeroporto e poi faranno il percorso inverso. Previo tampone molecolare. Il “pacchetto” costerà circa 700 euro.
La scelta di giocare semifinali e finali nella capitale britannica, dove dilaga la variante Delta, è stata criticata tra gli altri dal premier Mario Draghi, dalla cancelliera Angela Merkel e perfino dalla Commissione europea, ma l’Uefa e il mondo del pallone si sono rivelati più forti. “Penso che siamo in grado di gestire il rischio, ma non possiamo dire che i rischi non esistano quando si hanno migliaia di persone in un luogo”, ha detto ieri Kwasi Kwarteng, ministro britannico delle Attività produttive, rispondendo sulla fine delle restrizioni nel Regno Unito annunciata dal premier Boris Johnson per il 19 luglio. “C’è sempre un margine di rischio nella vita”, ha proseguito serafico Kwarteng. “Sono fiducioso che non vi sarà un grande focolaio, ma ora non possiamo garantirlo”. Piccoli focolai, intanto, sono stati rilevati tra i tifosi scozzesi in trasferta a Londra, ma anche a Copenaghen e altrove sugli spalti di Euro 2020.
il piano per le piazze: più controlli e stadi aperti
In Italia gli assembramenti davanti ai maxi-schermi, ma anche nei locali pubblici, saranno inevitabili. E se andrà bene ci saranno festeggiamenti fino a notte inoltrata, come e più di martedì sera. Al Viminale studiano possibili contromisure, l’impegno della forza pubblica sarà aumentato, saranno chiuse alcune piazze e alcuni luoghi simbolo: toccherà ai prefetti. A Roma oggi si decide se aprire lo Stadio Olimpico con un altro maxi-schermo, come suggerito dalla sindaca Virginia Raggi dopo una consultazione con il prefetto Matteo Piantedosi e il questore Mario Della Cioppa, che non hanno avanzato obiezioni perché il Foro Italico è una fan zone più gestibile di piazza del Popolo. Lo schermo coprirà almeno una delle curve e quindi la capienza (da noi sempre il 25%) diminuirà rispetto alle 18 mila persone che hanno potuto assistere alle prime partite dell’Italia e a Inghilterra-Ucraina.
Vaccini: i ritardi su over 50 e 60
Ieri l’Oms ha reso noto che la variante Delta è stata rilevata in 104 Paesi: erano 62 il 1° giugno, 80 il 15. “È un errore pensare che il tasso di infezione non aumenterà grazie ai vaccini”, ha detto il responsabile delle emergenze sanitarie dell’Oms, Michael Ryan. Ma certo i vaccini aiutano: in Italia oltre il 40% dei vaccinabili ha avuto due dosi, 21,7 milioni di persone. Alcune fasce restano, però, scoperte: “Il problema non è la variante Delta, ma tutti gli over 60 non ancora vaccinati: circa 2,3 milioni”, twittava ieri Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. E ora anche al generale Figliuolo è toccato ammettere che “siamo un po’ indietro: dobbiamo spingere sui 50enni”.
In Campania, lo abbiamo raccontato, al 27 giugno non si era prenotato quasi il 29% della popolazione vaccinabile. “Siamo fermi”, dicono dalla Regione, “per il 95% facciamo seconde dosi”. E poi c’è il nodo delle mancate consegne. Non molto diversa la situazione in Lombardia, dove il 27 giugno il 25% degli aventi diritto non aveva ancora prenotato la prima dose. Ieri la percentuale era scesa di un punto al 24%, ma le operazioni procedono a rilento: “Siamo ancora lì, ogni giorno vacciniamo solo 10-15 mila persone in più”. Anche qui mancano le fasce intermedie: ha avuto la prima dose il 96% degli 80-89enni, l’83% dei 60-69enni e il 77% dei 50-59 anni. “C’è stato un taglio su Pfizer che non consente di allargare la platea. Ora stiamo cercando spingere sulla fascia over 60, come chiesto da Figliuolo con Open day e camper inviati sui territori meno sensibili”. Stesso trend in Piemonte: se il 27 giugno un milione di persone, oltre il 20%, non aveva ancora prenotato la prima dose, ieri secondo la Regione erano “poco meno”. E manca all’appello il 20% degli over 60 e il 26% degli over 50. Nel Lazio, l’assessore Alessio D’Amato prevede che “un 25% di persone non abbia intenzione di vaccinarsi”. Ma, da martedì, “abbiamo aperto alla fascia 12-16 anni e abbiamo ricevuto già 10mila prenotazioni”.