Comincia ad avere il sapore di un dramma shakespeariano l’uscita di scena di Benjamin Netanyahu. Fino all’altro ieri, il suo sito ufficiale lo indicava ancora come primo ministro di Israele. Più di due settimane dopo essere stato rimosso dall’incarico, Netanyahu stenta ancora a credere di essere stato estromesso. I deputati del suo partito – il Likud – lo chiamano ancora “primo ministro” e tutti i partiti dell’opposizione guidata dal partito di Bibi sono stati istruiti chiaramente nel rifiutare la legittimità del nuovo governo, a ignorare il cambio di regime, a soprannominare il premier Naftali Bennett un “imbroglione” e il governo che guida “la grande frode politica nella storia dello Stato di Israele”. I Bibi’s Boys si comportano come se controllassero ancora la Knesset, rifiutandosi di accettare il verdetto degli elettori e il giuramento del 13 giugno del governo che li ha sostituiti. Dopo 12 anni di governo, il Likud non ha confidenza con l’esilio politico, con l’opposizione. Si è abituato a posti di lavoro, potere e vantaggi. La maggior parte dei membri della Knesset del Likud e dei suoi partiti ultra-ortodossi alleati non è mai stato nei banchi dell’opposizione, né sembra sappiano esattamente come si fa.
L’unica realtà politica che conoscono è quella di abbondanti finanziamenti, influenza politica e processo decisionale. Netanyahu sta avendo problemi a dire addio al potere, all’autorità e ai vantaggi della carica. La sua famiglia continua a risiedere nella residenza ufficiale del primo ministro in Balfour Street a Gerusalemme, dopo che Bennett ha accettato di ritardare il suo trasferimento di alcune settimane. Alla fine un accordo è stato trovato, Netanyahu lascerà la residenza il prossimo 10 luglio, la sua casa di famiglia è in Gaza Street a poche centinaia di metri di distanza. Intanto però i giornali denunciano che l’ex premier in queste settimane avrebbe distrutto migliaia di documenti che avrebbero potuto rivelare particolari magari imbarazzanti. Nessun altro primo ministro in Israele si è comportato così al passaggio delle consegne. Adesso Netanyahu sta cercando di costringere il Likud a coprire le sue spese private, proprio come nei suoi anni al governo ha fatto con lo Stato, mettendo in conto anche il barbiere e il sarto. Comunque manterrà la scorta, ha fatto votare una legge lui stesso che assegna agli ex premier la protezione a vita, invece che per 8 anni come avveniva prima. Bibi non ha una carta di credito, ha solo un cellulare, non guida un’auto da secoli e non ha la minima idea di come i normali israeliani gestiscano la loro vita quotidiana. È convinto che il governo Lapid-Bennett avrà vita breve e prepara la sua vendetta. Lo sta combattendo su tutti i fronti, sta cercando di creare un cuneo tra Bennett e l’Amministrazione Biden, e non ha scrupoli a scontrarsi con il governo anche su questioni relative alla sicurezza che gli stanno tanto a cuore.
Sta violando quello che è stato in Israele un principio sacrosanto dei partiti che passano all’opposizione di fornire al governo una rete di collaborazione su questioni di sicurezza nazionale. L’opposizione sta organizzando una campagna determinata contro ogni proposta di legge della coalizione di governo. Ma per quanto tempo i ranghi del suo partito manterranno il loro sostegno al Bibi nazionale? Finché Netanyahu ha portato il Likud al potere di volta in volta, la sua presa era assicurata, ma ora ha allontanato il partito dal trono. Il “ragazzo” è diventato ingombrante, specie con i tre processi per corruzione che deve affrontare. I membri anziani del Likud hanno bloccato con successo il suo piano di tenere primarie rapide per bloccare la sua rielezione alla leadership del partito. Si stanno organizzando alle sue spalle. Netanyahu non riesce più a far passare facilmente tutti i suoi capricci attraverso le istituzioni del Likud. Le crepe sono apparse, la magia si è dissipata.