“Ben venga il tentativo di mediazione, ma senza toccare i principi fondamentali”. Dopo l’annuncio del tavolo dei sette mediatori 5 Stelle, Giuseppe Conte lascia intendere quale sia la direzione dei lavori. E così, il primo giorno di trattative tra i pontieri grillini – oltre a Luigi Di Maio e Roberto Fico ci sono il capo reggente Vito Crimi, i capigruppo Davide Crippa e Ettore Licheri, la n.1 a Bruxelles Tiziana Beghin, il ministro Stefano Patuanelli – porta a un’infinita call online da cui emerge più che altro la volontà di limare il testo a cui ha lavorato Conte.
Col concetto sembra ormai aver fatto pace anche Beppe Grillo, il fondatore che per qualche giorno ha sfidato l’ex premier fino alla rottura, ma poi ha accettato di fare un passo indietro. Merito anche della mediazione di Di Maio e Fico, che venerdì pomeriggio si sono trattenuti per circa sette ore nella casa toscana di Grillo, a Marina di Bibbona, andandosene soltanto a tarda sera dopo che il Garante si era rassegnato ad annunciare su Facebook l’addio al progetto del direttorio, per il quale aveva indetto una votazione su Rousseau.
Il passo indietro di Grillo dice già molto su cosa aspettarsi. E le parole di Conte di ieri, fatte filtrare tramite “fonti vicine all’ex premier”, raccontano che il nodo dell’agibilità politica del capo non potrà conservare ambiguità: “Ben venga il tentativo di mediazione per rilanciare il Movimento ed evitare scissioni – sono le parole attribuite a chi ha parlato con l’ex premier – ma restino fermi alcuni principi fondamentali su cui Conte si è già espresso con chiarezza”. Tradotto: niente diarchie vere o mascherate; la distinzione tra capo e garante deve essere un principio ben chiaro a tutti. Le stesse fonti fanno sapere al Fatto che venerdì “Conte era informato” delle intenzioni di Grillo, segno che il dialogo ha ripreso ben altri toni rispetto a quelli di una settimana fa. E poco importa se per chiudere la mediazione ci vorranno sette o dieci giorni, facendo dunque saltare l’assemblea in cui domani Conte avrebbe voluto illustrare il suo progetto agli eletti. Il tentativo dei pontieri è l’ultimo possibile e si è mosso sulle uova per giorni, perciò meglio prendersi il tempo necessario.
Non a caso Conte continua a rimarcare con i suoi l’importanza “di non spaccare il Movimento”, improvvisamente ritrovatosi a dover scegliere tra il fondatore e il leader politico più apprezzato.
E infatti fonti vicine all’avvocato ricordano anche le sue parole al Tempio di Adriano, quando propose di far votare agli iscritti il suo Statuto assicurando che non si sarebbe accontentato “di una maggioranza risicata”, alla ricerca proprio di una investitura che non creasse fratture.
Il concetto è lo stesso sottolineato ieri da Luigi Di Maio: “È un momento particolarmente delicato, proprio per questo si deve parlare pochissimo e lavorare per trovare una soluzione comune. Io ci credo, come ci credono in diversi, non è semplice ma troveremo una soluzione per riuscire a far ripartire questo progetto il prima possibile”.
E questo è anche il tono di gran parte delle dichiarazioni di ieri dei 5 Stelle, con gli eletti che predicano in coro l’unità. A partire dal ministro Federico D’Incà: “Un grande progetto e una grande storia possono attraversare fasi difficili, che grazie a processi partecipati e alla discussione interna si possono e devono superare. È questo il senso del comitato dei sette. Ho sempre creduto che questo fosse l’unico metodo per superare lo stallo di questi giorni”.
E se Francesco D’Uva definisce “una buona notizia” la scelta di affidarsi ai pontieri, lo stesso ex capogruppo alla Camera ricorda “la necessità di una leadership politica forte”. La stessa su cui neanche Conte non accetterà passi indietro durante le trattative.