Conscio dell’importanza geostrategica della Turchia per la Nato in questo frangente storico, rassicurato dall’atteggiamento meno duro rispetto alle premesse del presidente americano Joe Biden e forte della volontà europea di mantenere in vigore il trattato sul respingimento dei migranti, Recep Tayyip Erdogan è tornato a flettere i muscoli e ad atteggiarsi da Sultano. Il presidente della repubblica turca, contravvenendo alle richieste del segretario di Stato statunitense Anthony Blinken, dell’Onu e della Ue durante la recente conferenza di Berlino 2 sulla Libia ha dichiarato: “Siamo in Libia, siamo in Azerbaigian, siamo in Siria, siamo nel Mediterraneo orientale e continueremo a esserlo”. Se è vero che si tratta di dichiarazioni a uso domestico per riguadagnare parte dell’elettorato nazionalista perso negli ultimi due anni, è altrettanto certo che si tratta di un avvertimento nei confronti di chi vorrebbe che Ankara richiamasse i miliziani e armi inviate in Libia. Gli Stati che se ne avvantaggerebbero maggiormente sono la Francia e l’Italia. Per quanto riguarda le attività di perforazione dei fondali marini del Mediterraneo Orientale, specialmente nelle acque di Cipro e Grecia, in parte rivendicate dalla Turchia, Erdogan ha assicurato che non fermerà le proprie navi-trivella.
“Qualunque siano i nostri diritti, li otterremo. Continueremo le nostre attività di esplorazione petrolifera nel Mediterraneo orientale e a Cipro”, ha aggiunto. Il presidente ha quindi ricordato che visiterà Cipro il 20 luglio per celebrare il 46° anniversario dell’Operazione di pace a Cipro.
L’accordo turco del 2019 con l’ex premier libico Sarraj mirava a rafforzare i diritti marittimi turchi e l’influenza di Ankara nei Paesi del Mediterraneo orientale, tra cui Egitto e Grecia, che hanno risposto firmando un accordo separato per delineare i propri confini marittimi. Intanto Ankara sta discutendo con Washington a proposito dell’offerta lanciata dall’esercito turco di gestire l’aeroporto internazionale di Kabul dopo il completamento del ritiro della Nato dall’Afghanistan, ha fatto sapere il ministro della Difesa, Hulusi Akar.
“Nessuna decisione è stata presa al momento. Discuteremo gli sviluppi e i risultati dei colloqui in una riunione presieduta dal nostro presidente. Dopo l’approvazione del nostro presidente, eseguiremo il nostro piano”, ha spiegato Akar. Una delegazione del Pentagono si è recata ad Ankara per discutere gli aspetti tecnici dell’eventuale accordo. La Turchia sostiene che può prolungare la propria permanenza in Afghanistan se le condizioni finanziarie, logistiche e di sicurezza verranno soddisfatte dagli Stati Uniti attraverso un accordo bilaterale