Il dente prima del giudizio: “Mi raccomando, non parliamo di quello”. Di chi? “Di quello”. Ma chi? “Quello!” Si riferisce a Mark Caltagirone? “Non lo nomini neanche, quella storia ha rischiato di distruggermi. Ho pensato di farla finita”. Se uno scoglio non può arginare il mare, figurarsi l’onda di un nome e cognome diventati leggenda popolare. “Che dolore. Piuttosto mi piacerebbe festeggiare quarant’anni di carriera”.
Pamela Prati è la copertina di Playboy da sola e con Adriano Celentano; è i film scollacciati della commedia all’italiana (“con Banfi non riuscivo a recitare”); è il Bagaglino (“a quel tempo mi arrivavano regali assurdi”); è i riflettori più sparati (“a volte mi serviva la guardia del corpo”).
Pamela Prati è un’immagine quotidiana, e sexy, sui social (“quando mi accusano di essere rifatta, rispondo vieni a controllare”).
E oggi, dopo un periodo leggermente complicato, torna con un singolo estivo.
Quasi cinquant’anni fa dalla Sardegna, destinazione Roma.
(Sorride) Con la nausea in traghetto: era la prima volta che mi muovevo, per me era tutto una novità.
Addirittura.
Passo indietro: il dolore l’ho affrontato appena nata, con un padre che non ha riconosciuto me e le mie sorelle, e ho vissuto fino agli 8 anni e mezzo in un collegio di suore. Un collegio terribile. Non sapevo neanche cosa fosse una mamma.
Così severe…
Venni punita perché mi pizzicarono, di sera, davanti alla tv per vedere Giamburrasca: il protagonista si ribellava alle suore; insomma, uscita dal collegio tornai a casa, e ho impiegato non poco per decodificare l’affetto materno: lei mi abbracciava e non capivo, lei sorrideva e restavo dubbiosa su come rispondere (si commuove, e cambia discorso). In quel periodo ho scoperto realmente la scatola magica (la televisione).
A Roma…
A 14 anni, insieme a mia madre, per andare da mia sorella Maria; un giorno usciamo tutte e tre, io incerta, incuriosita, non avevo mai visto la città; una volta a casa sento le due preoccupate: durante la passeggiata gli uomini si giravano di continuo. Volevano riportarmi in Sardegna.
E invece?
Inizio a lavorare come commessa in un negozio di abbigliamento: un giorno viene un signore, che poi sarebbe diventato il mio agente, insieme ad Anita Ekberg, “Sei sprecata qui dentro”.
Un classicone.
Prendevo quattro autobus al giorno, lavoravo, guadagnavo due lire e spedivo tutto a mamma: era il nostro patto; poi il sabato sera andavo a ballare, tutta la notte, specialmente in un locale gay.
Quanto ha impiegato per capire il suo potere sugli uomini?
Immediatamente. Per questo mia sorella mi ha rispedita in Sardegna e con una scusa: quando l’ho capito sono riuscita a tornare di nascosto.
Cosa era successo?
Arrivavano uomini sotto casa e lei li cacciava; (sorride) ho ammiratori di vent’anni fa che mi definiscono più bella di allora.
La spaventava questo potere?
No, era una rivincita: da piccola ero magrissima e senza forme. Ne soffrivo. Quando sono arrivate le tette ho cambiato approccio con la vita.
Se ripensa a lei di allora?
A volte mi faccio tenerezza, in altre sono soddisfatta, altre ancora penso che avrei potuto evitare certe situazioni.
Tipo?
Dovevo studiare di più. E diventare famosa all’estero.
Playboy
.
Ero proprio povera, poi una mattina, sempre al negozio, entra l’art director della rivista, e io da spendere avevo solo la mia bellezza; (ci pensa) all’epoca c’era la fila di attrici e soubrette per finire su quel mensile, e i responsabili pretendevano un provino: quando è toccato a me, una volta nuda, ho iniziato a piangere e ho ancora le diapositive mentre sono in crisi.
Eppure…
Mi hanno preso e sono diventata la playmate dell’anno, con tanto di copertina insieme a Celentano; quando il Playboy è arrivato nel mio paese, in Sardegna, mamma ha affrontato i mugugni: “Avete rotto, non c’è nulla di male. Lasciatela in pace”.
Suscita più gelosia o invidia?
Le donne mi dicono di tutto.
Il cinema.
Prima ho rifiutato un ruolo con Enrico Montesano, ma volevo ballare, poi ho girato un cult assoluto, citato pure da Tarantino: La moglie in bianco… l’amante al pepe.
Con Banfi.
Sbagliarono il numero di scarpe, erano strettissime, un dolore boia, poi Lino aveva una mimica assurda (lo imita alla perfezione) e io dimenticavo il mio ruolo, mi sentivo quasi una spettatrice. E ridevo. Non riuscivo ad andare avanti; (ci pensa) ero proprio giovane, sfrontata, mi lanciavo, ricordo quando Pingitore sosteneva: “La sua forza è che ci crede. Se le chiedo di diventare Rita Hayworth, lei si sente Rita Hayworth”.
Gloria Guida ha dichiarato: “Forse nella vita ho fatto troppe docce”. Riferendosi ai ruoli sexy…
Io uscivo dalla vasca da bagno e Lino sbirciava da dietro la porta; (sorride) mostravo le forme granitiche del mio corpo.
Ecco.
E comunque le scene sexy con Gloria, o quelle con Edwige (Fenech) e le mie, ancora oggi fanno sognare.
Era iper-corteggiata.
Lo sono ancora.
Proposte indecenti?
Certo, e ho dato dei begli schiaffoni; Pingitore mi chiama sempre “Selvaggeria”.
Regali?
Nel periodo d’oro, quello del Bagaglino, mi è arrivato di tutto, anche dei collier di diamanti e li ho rispediti indietro.
Proprio tutto?
No, in un caso se lo semo magnato: era una cassa clamorosa di pesce, anzi di aragoste. Appena recapitata vado da Pingitore: “Maestro, e ora?”. “Ferma, questa la teniamo”.
Lo chiama “maestro”.
Lui e Oreste Lionello sono i miei punti di riferimento.
Regola numero uno di Pingitore?
Severissimo, se incavolato tirava addosso le sedie. Aveva ragione; (pausa) noi del Bagaglino siamo sempre stati una famiglia, un gruppo di persone che in molte occasioni si è riunito pure per il Natale.
Per cosa la rimproverava?
Di solito mi preparo alla perfezione, ma se non sono al massimo vado in ansia, divento rossa, mi viene la tachicardia: ero sul palco e sbaglio la battuta. Mi fermo. E lui, “nero”: “Non ci si blocca mai! Devi andare avanti”. Sono scappata in lacrime.
È stata molto amica di Walter Chiari.
Un amore non consumato, ero troppo piccola, però mi raggiunse in Giamaica e per portarmi un copione: ero lì per un servizio di Playboy, come “la mora più bella d’Italia”; era un uomo molto fragile, molto particolare, di rara sensibilità.
In Giamaica regna pure la marijuana.
Infatti l’ho provata, ma sono stata malissimo.
Gabriella Ferri.
Altra donna fragilissima, aveva paura pure del suo respiro: quando toccava a lei entrare in scena, scattava la tragedia, si sentiva male per il confronto con il pubblico; il suo camerino era invaso dai trucchi, li apparecchiava sul tavolo come un’enorme tavolozza di colori e li utilizzava tutti.
Una maschera.
Si trasformava, con quel dipingersi il volto in realtà creava il suo “grugno”; mi ripeteva sempre: “Sei una frescona come me, perché sei bona: non ti fidare di nessuno”.
Fingono meglio gli attori o i politici.
I politici.
La Prima Repubblica.
Al Bagaglino sono passati tutti, si piazzavano in prima fila e ridevano, godevano della loro rappresentazione macchiettistica.
Chi di più?
Andreotti. Lui rimase a lungo a colloquio con Oreste.
Si sentiva al centro del mondo?
In qualche modo lo eravamo: fuori dal teatro ci aspettavano in migliaia, tanto che mi offrirono una guardia del corpo, ogni volta sembrava una scena da Viale del tramonto; una sera, a Rimini, troviamo diecimila fan, e non so in quanti hanno cercato di toccarmi o strapparmi una foto.
Da avere paura.
In Calabria mi hanno sfondato il camerino.
Quanti soldi ha sperperato?
Tantissimi, ma altrettanti me ne hanno fregati; (ci ripensa) però non li ho sperperati, piuttosto non mi sono fatta mancare nulla.
Esempio.
Una follia? Appena ho firmato per Mediaset sono andata da Chanel e ho speso 100 milioni di lire.
Alla faccia.
Ero ancora quella bambina che non aveva il pane per la merenda, quindi dovevo togliermi quella soddisfazione.
Benedetto Berlusconi.
Ho comprato casa pure a mamma; il presidente veniva a trovarci al Bagaglino, si piazzava sul palco e raccontava le sue barzellette sconce.
Di quel periodo c’è una rissa epica con la Marini.
Guai a chi mi tocca la famiglia.
E certo…
Però non l’ho picchiata.
Questione di sfumature.
Sono gelosa e possessiva, lei era entrata al Bagaglino e al mio posto; durante la festa dei 50 anni di Leo Gullotta ho avuto la sensazione che mi prendesse in giro. Così mi sono avvicinata, e lei per liberarsi di me si è graffiata con il mio bracciale di diamanti.
Gli uomini per lei si sono picchiati?
Avoja. Eccome.
Una sua paura.
Sono claustrofobica cronica, non prendo l’aereo, neanche la nave.
Per un artista è limitativo.
Ho preso un volo poco tempo fa, ma è stato un consiglio del medico per scacciare il dolore di quella storia là.
Sempre Mark Caltagirone.
Non lo nomini! Secondo il medico la paura avrebbe soppiantato quella vicenda.
Chiodo scaccia chiodo.
Giravo con un coltello nella borsa.
Teme mai di perdere fama e carriera?
La tragedia che lei ha citato all’inizio avrebbe potuto definitivamente rovinarmi: è stata una gogna e se ne sta parlando nelle sedi opportune.
E lei…
Per un anno sono rimasta sola a casa, a me il lockdown non ha spaventato; e poi sono quasi tre anni che sono sola e non voglio nessuno, ed è una mia scelta, perché ribadisco: sono molto corteggiata.
Lei tra dieci anni.
Mi piacerebbe diventare una produttrice, poi sta per iniziare un docufilm sulla mia vita.
Scaramantica?
Da morire: niente cappello sul letto, il sale non si passa, neanche l’olio (e l’elenco non si ferma più).
Lotteria?
No, tanto non vinco.
Mai niente?
Solo un jackpot a Montecarlo da ventimila euro.
Chi è lei?
Una selvaggia con un cuore tenero, una che difende ciò che ama e autentica da fare schifo.