La Costituzione come guida per il nuovo M5S
Conte due settimane fa a Di Martedì ha proposto e rilanciato la questione morale sollevata da E. Berlinguer, che 40 anni fa dichiarava: “I partiti non fanno più politica”, “I partiti hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia”. L’etica pubblica, la legalità, la lotta alle mafie costituiscono i punti qualificanti del progetto politico di Conte, un progetto che si configura come una rivoluzione culturale. Dagli studi della antropologa A. Signorelli sappiamo che “nella nostra società convivono due sistemi incompatibili tra loro che provocano gravi disfunzioni nella struttura complessiva del paese. Da una parte abbiamo una cultura particolaristica caratterizzata da familismo, clientelismo e cosca e dall’altra un sistema universalistico rappresentato dalla Costituzione”. Il radicamento della prima, aggravato dalle devastazioni provocate dalla globalizzazione, aggiungeva l’antropologa, impedisce di fronteggiare con esiti positivi l’attuale crisi. È qui che si inserisce il progetto di Conte e del suo movimento: estirpare quelle tre piaghe che affliggono da secoli il paese diventa la condicio sine qua non per realizzare i valori universalistici della Costituzione. Il che non significa che l’interesse particolare debba venire sacrificato sull’altare di quello generale, ma bisogna evitare che prenda il sopravvento sul bene comune e sui valori universali. li Movimento rifondato da Conte si muove quindi nella direzione di un “patriottismo della Costituzione” (Habermas).
Maurizio Burattini
Riflessione sull’articolo di Fini sugli Europei
Condivido l’articolo di Massimo Fini, io non mi esalto per le vittorie dell’Italia in questo Campionato Europeo di calcio, dovremmo vincere contro altre squadre (corruzione, malaffare, ingiustizia sociale etc.) partite che non vinciamo mai. Per quanto riguarda le telecronache di Fabio Caressa, ho un metodo infallibile, tolgo l’audio, anche se mi dispiace non sentire i commenti competenti di Beppe Bergomi.
Maurizio Flamini
Povertà e ricchezza nell’Italia del padronato
In Italia i poveri e le povere sono oltre cinque milioni, mai così tanti e tante dal 2005, di cui oltre due milioni sono famiglie e oltre un milione i bambini, persone grandi e piccole alle quali si dovrebbe applicare l’art. 3 della Costituzione. “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Si ricomincia ad assumere, ma vediamo un po’ di quale occupazione si tratta: una parte rilevante è fatta di contratti a termine e anche da stage, quest’ultimi l’11% dell’occupazione qui nel Veneto, per esempio. Ma come si possono chiamare assunzioni l’offerta di stage, che comportano compensi bassi o bassissimi, una media di 700 euro a livello nazionale, addirittura 600 euro nel Veneto, per di più privi di contributi previdenziali? Il padronato si lamenta che non trova lavoratori e lavoratrici e non capisce perché le persone preferiscono rimanere disoccupate o tenersi il reddito di cittadinanza. Per me c’è un unico rimedio, pagare stipendi migliori, rispettosi dei contratti e migliorarli, considerando che l’inflazione è in agguato, secondo le previsioni degli economisti. Inoltre, sarà opportuno tenere presente che la denatalità degli ultimi trenta/quarant’anni ha modificato notevolmente il quadro demografico, facendo ridurre la popolazione giovanile, quindi anche potenziali lavoratori e lavoratrici italiani e italiane.
Liliana Frascati (Pci Padova)
G7 e Cina, ora capisco perché Conte è caduto
Scorrendo qualche giorno fa le notizie su Google ho letto le dichiarazioni di Draghi alla stampa rese in Cornovaglia in pieno G7 che sostanzialmente vede un “riallineamento” (c’erano forse dubbi?) alla linea anti-cinese di Biden, l’Italia era l’unica mancante; infatti ai tempi di Giuseppi, l’Italia aveva siglato un “accordo” commerciale di merito che l’aveva spostata sul versante asiatico e quindi a debordare dalle direttive dei 7 Grandi (poi come facciamo a stare ancora in questo Club dal momento che non abbiamo più una grande industria nostra e nemmeno più una compagnia di bandiera spero che qualcuno me lo spieghi). Ora mi è chiaro perché Conte è saltato. Conte doveva saltare, non poteva essere altrimenti, come Moro che doveva morire perché in procinto di far entrare al governo i comunisti, ancora non maturi per l’ingresso e che dovettero attendere la caduta del Muro di Berlino.
Maurizio Dickmann
Rosy Bindi al Quirinale, una candidata diversa
Ho incontrato qualche volta nella piazzetta vicino a dove vado a pranzo una signora con in mano una busta di plastica contenente frutta e verdura. Ho pensato più volte a quanto fosse diversa da chi, assurta ai vertici del Senato, sembra usare gli aerei di Stato come taxi a disposizione. Vi chiedo se una candidata forte e di sicuro gradimento popolare alla Presidenza della Repubblica non possa essere Rosy Bindi.
Giampiero Buccianti