L’oppositore ed ex deputato della Duma, Dmitry Gudkov, risponde al telefono da Kiev, dove è fuggito quando la pressione delle autorità russe, all’alba delle elezioni di settembre, è diventata minacciosa. In attesa che la famiglia lo raggiunga in Ucraina, per rifugiarsi in seguito in Bulgaria dove abitano i suoi parenti, Gudkov parla del kafkiano procedimento giudiziario aperto contro di lui.
Signor Gudkov, di cosa la accusano formalmente le autorità a Mosca?
Nel caso giudiziario non sono coinvolto io direttamente, ma mio zio, che ha affittato un podval, un seminterrato, che ha ristrutturato in previsione di avviare una scuola. I problemi sono cominciati quando gli sono state richieste le stesse mensilità d’affitto che aveva pagato già tre volte, dopo aver contratto un debito. L’azienda ha fatto bancarotta e hanno incolpato tutti i parenti di mio zio di complicità, una formula con cui puoi accusare chi vuoi. Io, in quel seminterrato, comunque non ci sono mai stato e nel business che voleva avviare non sono mai stato coinvolto. Perfino il nome che mio zio aveva dato all’azienda l’ho appreso solo quando si sono presentati per arrestarmi. Sono venute a prelevarmi a casa, con auto blindate, una decina di persone con armi semiautomatiche. Mi sembra che nemmeno i terroristi vengono arrestati cosi. È un caso che comunque, normalmente, sarebbe stato risolto da una corte civile con un risarcimento danni, non un reato penale. E tutto è accaduto sei anni fa, secondo lei, perché ne parlano oggi?
Perché, signor Dmitry?
Hanno “disseppellito” questa vicenda prima delle prossime elezioni parlamentari di settembre. Con il mio caso giudiziario hanno stabilito un precedente: un individuo può essere messo dietro le sbarre anche se non ha alcuna relazione diretta con l’azienda sotto accusa. Mio zio è finito in un centro di detenzione, in carcere insieme agli assassini. Io sono stato invece tre giorni in una cella di cinque metri, con un buco nel pavimento al posto del bagno. Il letto era lungo un metro e mezzo e sono alto quasi due metri. Quando l’attenzione mediatica è calata, ci hanno liberato. Poi hanno chiamato persone vicine al Cremlino per dire che avevo qualche giorno per lasciare la Russia, oppure potevo tornare in prigione insieme a tutti i miei parenti.
Nello stesso giorno in cui hanno arrestato lei, quando era già seduto in un aereo che stava per decollare verso Varsavia, è stato ammanettato Aleksandr Pivovarov, ex direttore di Open Russia, l’organizzazione fondata dall’oligarca avverso a Putin, Mikhail Khodorkovsk.
Pivovarov è in una prigione a Krasnodar, l’accusa contro di lui è aver fatto parte di un’organizzazione finita nella lista degli “agenti stranieri”. Dietro le sbarre è stato appena messo anche il candidato indipendente di San Pietroburgo, Maksim Reznik, per “possesso di narcotici”, che non ha mai usato ovviamente.
Esilio o prigione: sembra l’unica alternativa per gli oppositori russi, non solo per i radicali come Aleksej Navalny, ma anche per i moderati come lei.
Con il 25% nei sondaggi, io a settembre avrei vinto e lo hanno capito, ma un giovane onesto e carismatico, tra le tribune parlamentari, sarebbe un pericolo per il governo. Io comunque non considero Navalny un radicale: sì, forse è più radicale di me, ma ha cercato di partecipare alle elezioni in maniera legale e non glielo hanno concesso, proprio come a tutti gli altri. Quando le proteste pacifiche non portano ai risultati desiderati, comincia la radicalizzazione, ma ora, i radicali sono solo le autorità.
Il presidente Biden ha detto a Putin durante il loro ultimo incontro che la morte di Navalny ‘sarebbe una tragedia’.
Non sono parole formali, è uno scambio di posizioni con un omologo. Ci saranno sanzioni Usa, ma io non credo che gli Stati Uniti abbiamo davvero gli strumenti per cambiare il regime di Putin.
Cosa può farlo?
Qualche processo interno già avviato si paleserà alle prossime elezioni presidenziali del 2024. È chiaro a tutti che la politica usata finora è in un tupik, un vicolo cieco, e, prima o poi, penso che vincerà il buon senso. La Russia attuale, che isolata si scontra con il resto del mondo civilizzato, non ha futuro.
Tornerà a Mosca?
Continuerò a fare tutto quello che facevo prima, tranne, ovviamente partecipare alle prossime elezioni. Mi occuperò di giornalismo contro la propaganda governativa, di istituire un’università russa in Europa con gli insegnanti epurati dalla Federazione. Voglio coordinare i cittadini della diaspora russa che risiedono all’estero per stilare riforme per la Russia che verrà dopo Putin. Voglio tornare a Mosca, ma quando lo farò, dipenderà dalla storia del mio Paese.