Luca Palamara si scusa con il procuratore aggiunto Paolo Ielo e rettifica. Stefano Fava a sua volta precisa: l’esposto presentato due anni fa riguardava esclusivamente l’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, e non Ielo. È Ielo, per ore e ore, l’oggetto della discussione nell’udienza che si è tenuta ieri a Perugia per il fascicolo che vede indagati Fava e Palamara con l’accusa di rivelazione del segreto istruttorio. È di Ielo, e delle (legittime) consulenze di suo fratello Domenico, che Fava discuteva con Palamara (intercettato dal trojan) e quest’ultimo (sempre intercettato) con Luca Lotti. Al punto che – in sede disciplinare – Palamara è stato accusato di aver voluto screditare il procuratore aggiunto di Roma. “Sono stato male informato” ha spiegato Palamara ieri, depositando una memoria e parlando in aula. E di conseguenza, considerate le intercettazioni depositate nel fascicolo, è come se avesse dichiarato di essere stato “male informato” dallo stesso Fava. Ma non solo da Fava. Perché di Ielo, e delle consulenze di suo fratello Domenico, Palamara aveva parlato con più d’una persona. “Non avrei dovuto parlarne con Lotti e ho sbagliato a portare avanti questo argomento”. In sostanza, la tesi era che Ielo, in virtù delle consulenze in questione, non si sarebbe opposto all’assoluzione di alcuni imputati – parliamo della vicenda Condotte Spa – che, successivamente a questo passaggio processuale, e peraltro quando la società era in amministrazione controllata, avrebbero assunto come consulente suo fratello. Ielo, in un altro fascicolo, quello che riguardava le vicende di Piero Amara, ex legale esterno dell’Eni, decise invece di astenersi per le consulenze che suo fratello aveva ricevuto proprio dal nostro colosso petrolifero. E così Palamara scrive di essere stato “male informato” riguardo “la precedente astensione del dottor Ielo e alla corretta cronologia degli incarichi ricevuti dall’avvocato Ielo”. E aggiunge che “tali circostanze, unitamente allo stress emozionale della sottoposizione a procedimento penale presso la Procura di Perugia” lo avevano portato “a esprimere sul conto” di Ielo “espressioni verbali profondamente sbagliate e che peraltro stridono con la correttezza dei rapporti che all’interno della Procura di Roma ha da sempre caratterizzato le relazioni tra i due”. Palamara si scusa anche per alcuni passaggi del libro “Il Sistema” firmato con il direttore di Libero Alessandro Sallusti. E lo fa sempre nell’udienza del procedimento in cui il Gup di Perugia deve decidere se rinviare a giudizio lui e Fava (per accuse a vario titolo di abuso d’ufficio, accesso abuso a sistema informatico e rivelazione di segreto d’ufficio). In questa udienza Ielo era fino a ieri, per quest’ultima ipotesi di reato, parte civile. Ritenendosi soddisfatto dei chiarimenti di Palamara, l’ha ritirata. Ma torniamo alle dichiarazioni di Palamara che “non ha mai voluto mettere in discussione la professionalità di Ielo che da sempre stima come magistrato capace e di alta professionalità anche con riferimento alla vicenda Consip”.
“Con riguardo all’incontro avvenuto a Piazzale Clodio – di cui parla nel libro e durante il quale avrebbe promesso a Ielo il suo voto per la nomina da aggiunto – specifica che “nessuna richiesta è pervenuta da Ielo”. E ancora: “Per quanto riguarda la cena, che nei ricordi del dottor Palamara è avvenuta prima della nomina del dottor Ielo – si legge ancora nell’atto -, si intende precisare che il racconto descritto nel libro è riferito al rapporto intercorrente tra il dottor Palamara e il dottor Pignatone con il quale in plurime occasioni era stato affrontato il tema degli aggiunti a Roma e della migliore organizzazione dell’ufficio. In questi casi non era presente il dottor Ielo”.
Poi Palamara si è difeso nel merito, unendo al documento alcune dichiarazioni spontanee sostenendo la “totale estraneità ai fatti” contestati dai magistrati dalla Procura di Perugia guidati da Raffaele Cantone e ha ribadito di non aver “mai messo in atto attività di dossieraggio” e aver “sempre operato nel bene e nell’interesse della Procura di Roma”. Fava a sua volta ha rilasciato dichiarazioni spontanee per poi essere interrogato. “Ha dimostrato, esibendo documenti ufficiali inequivocabili, la non corrispondenza al vero di quanto ipotizzato nei capi d’imputazione” hanno detto i suoi difensori Luigi Panella e Luigi Castaldi.