“Ci sono almeno tre modi per risolvere il problema messo in luce dall’ultimo scoop di ProPublica”, ma “per farlo ci vuole la volontà politica”. Lo dice in questa intervista Gabriel Zucman, 35 anni, economista francese ispiratore della tassa minima globale sulle multinazionali, teorico della patrimoniale per i multimilionari, docente di Economia a Berkeley e direttore dell’Eu Tax Observatory. Partiamo dalle tasse che paga chi è molto ricco. Basandosi su dati dell’Agenzia delle entrate statunitense, ProPublica ha rivelato quanto poco versano, sfruttando metodi perfettamente legali, i 25 uomini più ricchi degli Usa. Il risultato ha fatto gridare in molti allo scandalo perché, ad esempio, il fondatore di Amazon, Jeff Bezos, tra il 2014 e il 2018 è riuscito a pagare un’aliquota effettiva (che Propublica chiama “true tax rate”) dello 0,9% sul suo patrimonio.
Professor Zucman, in un editoriale il Wall Street Journal ha scritto che non c’è alcuno scandalo perché le imposte si pagano sul reddito e non sul patrimonio. Insomma Propublica è accusata di aver mischiato reddito e patrimonio, e di aver fatto finta di non sapere che la ricchezza finanziaria di personaggi come Bezos, che nel suo caso è rappresentata soprattutto da azioni di Amazon, viene tassata nel momento in cui quelle azioni vengono vendute. Cosa ne pensa?
Quello che mostrano le rivelazioni di ProPublica è che i primi 25 miliardari degli Stati Uniti pagano una quantità di tasse insignificante: lo 0,17% della loro ricchezza, nel 2018. Indipendentemente da come la si guardi, ciò implica un’aliquota fiscale effettiva bassissima anche rispetto ai loro redditi. Sebbene fosse già chiaro dai registri pubblici che un certo numero di individui ultra ricchi non paga molte tasse, è la prima volta che possiamo effettivamente quantificare il problema in modo così preciso.
Come lo risolverebbe il problema?
Da un punto di vista politico, ci sono tre modi principali. Il primo è una patrimoniale, che è la via più diretta per tassare i miliardari. Il secondo è un’imposta sul reddito mark-to-market: in pratica i miliardari pagherebbero le tasse sull’aumento della loro ricchezza, indipendentemente dal fatto che questi guadagni siano realizzati o meno. Infine, si possono aumentare le imposte societarie. È un altro modo per tassare di più i grandi patrimoni, perché anche quando le società non distribuiscono dividendi, i loro proprietari in effetti pagano le tasse attraverso l’imposta societaria.
Lei è stato uno dei primi a teorizzare la necessità di introdurre una patrimoniale per i multimilionari: un’aliquota del 2% per chi possiede un patrimonio oltre i 50 milioni di dollari, e del 3,5% per quelli con un patrimonio che va oltre il miliardo. Perché la considera ancora una riforma indispensabile?
È il modo migliore per garantire che i super ricchi non paghino meno tasse rispetto al resto della popolazione
Ma non è facile applicarla. Molti miliardari – lo dimostra l’inchiesta Panama Papers – nascondono i loro soldi in nazioni dove vige il segreto bancario e schermano i loro beni attraverso società anonime. Come si può applicare la patrimoniale su questi beni nascosti? Il rischio non è quello di tassare solo i milionari più trasparenti con il Fisco?
Una patrimoniale può essere applicata, ma per farlo ci vuole la volontà politica. Per questi casi bisogna prevedere sanzioni per i Paesi, le istituzioni finanziarie e gli individui che aiutano a nascondere le ricchezze.
Sulla tassa minima globale proposta dagli Usa di Biden, lei ha definito l’accordo del G7 “storico, inadeguato e promettente”. Perché?
Storico, perché per la prima volta dei Paesi si sono accordati su un’aliquota minima. Inadeguato, perché l’aliquota minima ipotizzata (15%, ndr) è davvero troppo bassa. Promettente, perché non c’è alcun ostacolo che impedisca di arrivare al 25%.
Perché l’aliquota dovrebbe essere del 25%?
Perché genererebbe circa 170 miliardi di euro all’anno per la sola Unione europea: significa 3-4 volte più di quanto verrebbe raccolto con un’aliquota minima del 15%.
Prima di entrare in vigore, la tassa minima globale ha ancora molta strada da fare, compreso il voto dei parlamenti nazionali. Quali sono secondo lei i rischi principali?
Il diavolo è nei dettagli. La tassa minima sarà alla fine davvero applicata su una base “Paese per Paese”, come scritto nella dichiarazione del G7? Saranno previste deroghe, come l’esenzione sulla Gilti tax (la Global intangible low taxed income tax, introdotta dall’Amministrazione Trump per tassare gli utili spostati dalle compagnie domestiche nei paradisi fiscali, ndr)? E soprattutto: come sarà definita la base imponibile minima a cui applicare la nuova aliquota? Questi sono i temi chiave da definire. Io li seguirò con attenzione.