“Michettone, Michettoneeee”. Vittorio Sgarbi zampetta arzillo tra il palco e il retro del Tempio di Adriano, dove la destra presenta il suo candidato sindaco di Roma. Enrico Michetti-chi è dunque già “Michettone”: il carneade che tenta la scalata al Campidoglio ora ha un nome e pure un soprannome. Merito di Sgarbi, appunto, grande protagonista dell’evento e vero frontman nella sfida per Roma. I due candidati M&M’S – il ticket Michetti-Matone – fanno già un passo di lato. Parlano poco e non dicono quasi niente, oscurati dal sindaco di Sutri e dai capi di partito, la triade Meloni-Salvini-Tajani.
Sull’avv. Michetti c’era grande curiosità. Prima che il centrodestra pescasse il suo nome per la città più difficile d’Italia, se ne sapeva poco o nulla. A parlare per lui alcune affermazioni non indimenticabili da opinionista di Radio Radio, l’emittente romana più popolare nel mondo no-vax e complottista, dove Michettone si è messo in luce con una rare perle di saggezza: ha definito il saluto romano “igienico” in tempi di pandemia, il fascismo un regime “all’acqua di rose” rispetto alla dittatura sanitaria e il vaccino anti-Covid simile al “doping in Europa dell’est”.
Nel giorno del suo battesimo da candidato, per fortuna vola più basso. E comunque lo fanno parlare pochissimo, per lui garantisce Giorgia Meloni, che se lo coccola protettiva: “Altro che Michetti-chi. È l’uomo che chiamano i sindaci quando devono risolvere i problemi, uno dei migliori amministrativisti d’Italia”.
Sul palco, in filigrana, si consuma la solita sfida con Salvini per l’egemonia a destra. Il capo della Lega si scopre ambientalista: “Vogliamo che Roma diventi la Capitale più green d’Europa”. La leader di Fratelli d’Italia gioca in casa, è più brillante: il collega fino all’altroieri faceva i cori contro i meridionali. Meloni ci gioca: “Roma è la città che io… – fa una breve pausa maliziosa – che noi amiamo”. Promette ai candidati: “Ci penso io a portarvi in tutti i quartieri”. Loro, i teorici protagonisti, restano in ombra. Il moderatore dell’incontro è Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2 (che officia senza imbarazzi un evento elettorale di destra), non gli cede quasi mai la parola. Quando lo fa, non brillano. La candidata pro-sindaca Simonetta Matone sembra più solida e concreta. Sventola i fogli del curriculum da mostrare ai giornalisti e graffia il segretario del Pd, Enrico Letta: “Mi sorprende che faccia polemica su di me e i magistrati in politica, proprio lui che mi nominò capo del dipartimento degli affari di giustizia, nel ruolo che un tempo fu di Giovanni Falcone”.
Michetti invece si affida alla solita, vecchia retorica imperiale, che forse a destra tira ancora. “Qualcuno mi ha definito tribuno. Che bello: non esiste termine più alto. Il tribuno della plebe rappresentava il popolo di Roma, era sacro e inviolabile. Il mio imperatore preferito, Cesare Ottaviano Augusto, pretese di rimanere tribuno a vita”. E poi lo slogan più cesarone del mondo: “La città eterna deve ritornare caput mundi”. Il programma? Non pervenuto.
Molto meglio Sgarbi, lo spettacolo è lui. Nel retropalco saluta Michetti a modo suo: “Camerata!”. Quando Sangiuliano gli cede il microfono è un altro show: “Voi lo sapete il nome dell’assessore alla Cultura di Roma? È un’amica di Raggi, esperta di burlesque. Io farò l’assessore a titolo gratuito. Non ho bisogno di poltrone: farò l’assessore in piedi. Il nostro è un tridente, Michetti-Matone-Sgarbi. Io sono qui per i miracoli”. Si concede un annuncio mirabolante: “Quando Figliuolo avrà finito con l’emergenza Covid lo chiameremo a fare il commissario all’emergenza Roma”. Infine battezza Michetti-chi: “Lo faremo conoscere, lo faremo diventare più grande”. Un Michettone.