Se si ascolta solo la voce dei titolari di alberghi e ristoranti, sembra che siano loro gli unici imprenditori del Paese a offrire posti di lavoro, sistematicamente rifiutati da una generazione di “fannulloni”, “amanti dei sussidi”, primo tra tutti l’esecrato reddito di cittadinanza.
In realtà, i dati diffusi ieri da Anpal e Unioncamere dicono l’esatto contrario: anche ora che le restrizioni non ci sono più, il turismo è l’unico settore della nostra economia a presentare ancora un numero di assunzioni molto più basso di quello raggiunto nella fase pre-Covid. Gli ingressi previsti a giugno 2021, infatti, sono ben 26 mila in meno rispetto a quelli di giugno 2019. A maggio erano 29 mila in meno e ad aprile – che di solito rappresenta l’avvio della stagione – addirittura 76 mila in meno. Mentre, fortunatamente crescono però le ricerche di personale dell’industria, delle costruzioni, del commercio e dei servizi, la domanda di addetti da parte di hotel, bar e pizzerie è ancora debole rispetto alla media storica.
Forse anche questo potrebbe suggerire alle aziende quale sia un altro dei reali motivi che stanno rendendo difficile il reperimento di manodopera: tanti tra quelli che di solito operavano nel turismo, in questo anno e mezzo di pandemia, si sono visti costretti a rifugiarsi non nei bonus ma negli altri mestieri. I quali, a volte, prospettano anche migliori condizioni e stipendi più decenti.
Lunedì, ad esempio, si è saputo che l’azienda di gelati Sammontana ha pubblicato un annuncio per trovare 350 stagionali nel suo stabilimento in Toscana. Le candidature ricevute sono 2.500, e ne stanno arrivando anche altre: “Perché è un’azienda seria: riconosce i diritti ai suoi lavoratori e, ogni mese, dà ai suoi dipendenti uno stipendio medio che consente loro di vivere in modo dignitoso. Non è scontato, di questi tempi”, ha detto al Tirreno Rossano Rossi della Cgil di Lucca. A meno che la Sammontana non abbia avuto la curiosa fortuna di beccare gli unici 2.500 disoccupati senza reddito di cittadinanza né bonus, la spiegazione pare semplice: gli orari improponibili, gli stipendi molto bassi, le continue irregolarità e gli abusi troppo frequenti hanno comportato una fuga dal turismo.
Già negli anni scorsi, non appena il classico panettiere di turno denunciava difficoltà a trovare gente da assumere, poi avveniva sempre uno strano fenomeno. Otteneva una pubblicità sui media tale da ribaltare il problema e far arrivare migliaia di curricula in poco tempo. A dimostrazione del fatto che, probabilmente, il problema non è la mancanza di voglia di lavorare, ma i metodi utilizzati per cercare personale.
Un altro esempio è la logistica: soprattutto dopo il primo lockdown e con le chiusure a singhiozzo dei negozi, l’e-commerce è cresciuto e ha assunto. Lavorare in quest’area non è proprio una passeggiata: i driver della galassia Amazon hanno più volte denunciato l’elevato stress dovuto ai tempi frenetici da rispettare. Eppure non risultano che il colosso di Jeff Bezos, che è pronto ad assumere altre 3 mila persone entro fine anno, o i suoi fornitori abbiano avuto problemi a trovare personale. Eppure anche qui esiste molto lavoro stagionale: pensiamo al traffico di interinali dei poli logistici che si intensifica sotto Natale o nel periodo del Black Friday.
Se esistesse la “logica del sussidio”, come l’ha chiamata Enrico Letta, anche Amazon dovrebbe fare una gran fatica a schiodare dal divano per pochi mesi di stipendio gente che riceve bonus. Invece ci riesce perché, tra le tante contestazioni, quantomeno non c’è quella di utilizzare lavoro irregolare e di ignorare gli orari. Anche il food delivery non si è mai lamentato. Anzi, visto il sistema delle retribuzioni “a cottimo”, cioè ancorate al numero di consegne effettuate, tra i rider si è scatenata una battaglia per accaparrarsi più ordini e – come ha raccontato a marzo Il Fatto – è persino nato anche un traffico di applicazioni a pagamento che permette di prenotare più turni.
C’è poi tutta la valanga di persone che si riversa nei concorsi pubblici come quelli per infermiere o operatore socio-sanitario: in Puglia si sono presentati in 10 mila per 566 posti, in Toscana 5 mila per 697, in Umbria 9 mila per 548. Il boom clamoroso è stato quello della graduatoria per il personale Ata delle scuole: oltre due milioni di richieste di iscrizioni.