Dalle satire apocrife di Luciano di Samosata. Viveva in Giudea una donna stupenda, talmente innamorata di suo marito, e talmente fedele, che delegazioni di donne giungevano da tutti i paesi vicini per ispirarsi a lei, e tornavano a casa giurando di emularla. I giovanotti la indicavano come modello alle proprie fidanzate; e i pellegrini, pur avendo visitato il Tempio di Gerusalemme, affermavano che in quella moglie avevano visto l’ottava meraviglia del mondo. Nessuno, pertanto, fu sorpreso del suo comportamento quando un male improvviso la privò dell’amato consorte: in testa al corteo funebre, si strappava intere ciocche di capelli per lanciarle sul feretro; e si lacerava le vesti, straziandosi con le unghie i seni ubertosi. Non stupì neppure la sua decisione: “Basta cibo e bevande. Lascerò che l’inedia mi conduca dal mio unico amore, che mi sta aspettando nell’altro mondo”. Nessuno poté farla desistere, neanche i sommi sacerdoti che la raggiunsero dal Sinedrio per cercare di farla ragionare. “Sei troppo ricca e troppo bella per morire”, le dissero. “Resta in lutto quanto vuoi, anche i 30 giorni di Mosè, ma poi asciuga le tue lacrime e sposa uno dei tanti gentiluomini che anelano alla tua mano”. “Non io” urlò la vedova, guardandoli con disprezzo. “Ho giurato di amare un solo uomo”. “Che devozione commendevole!” dissero i sacerdoti, ritornando in città. Ignorarono il giovane, aitante soldato romano ai piedi della croce su cui il prefetto aveva ordinato che fosse crocifisso Gesù, il sedicente re dei Giudei. Quando fece buio, quel soldato notò una luce nel cimitero, e si avventurò a indagare. Dalla soglia del sepolcro vide la vedova seduta in terra, accanto al cadavere avvolto nel lenzuolo. Restò incantato dal suo volto pallido e grazioso, dai suoi lunghi capelli neri, dal velluto dei suoi seni nudi e graffiati. Raggiunse tosto la sua postazione di guardia, prese del pane, del formaggio e del vino, e tornò alla tomba. La donna rifiutava di mangiare, ma la sua serva fedele, che digiunava con lei, vinta dalla fame emerse dall’ombra, mangiò il pane con il formaggio, e bevve alcuni sorsi di vino, implorando la vedova cocciuta di fare altrettanto. Poiché quella continuava a rifiutare, il soldato romano la sollevò in un abbraccio premuroso, e avvicinò una coppa alle sue labbra. La donna, assaporato quel nettare che ridava vigore, si convinse, bevve e poi mangiò. Rifocillata, si sentì subito meglio, e osservò con maggior attenzione il suo benefattore. “È più giovane, e molto più bello”, pensò, facendo un paragone inevitabile. Il soldato romano la guardò negli occhi e sorrise. La serva, che non era stupida, uscì con discrezione dalla tomba, e restò di sentinella. Quando il milite prese di nuovo la vedova fra le sue braccia, la vedova non lo respinse, però disse: “Ho giurato di amare un solo uomo”. “E manterrai il voto” disse il soldato “perché amerai un solo uomo. Alla volta”. Il mattino dopo il soldato romano ritornò alla sua postazione, dove scoprì che durante la notte qualcuno aveva rubato il corpo del crocifisso dalla croce. Terrorizzato corse dalla vedova e immerse la faccia nel tepore delle sue poppe generose. “Per punizione mi faranno prendere il posto di quel mascalzone!” pianse. “E tornerai in lutto: stavolta per me, perché in questo istante sono praticamente già morto”. “Non io!” urlò la vedova. “Aiutami”. Quindi, insieme con la serva fedele, crocifissero il marito morto al posto del Nazareno. E la notte stessa, e molte altre ancora, i due celebrarono i riti di Afrodite con così tanto ardore che nessuno, in Galilea, avrebbe potuto negare quanto la vedova fosse fedele all’uomo che amava.