La fine della pandemia sembra ormai vicina e penso già con nostalgia a quante abitudini abbandoneremo presto.
Per esempio:
I tamponi. Ci mancherà farci sodomizzare le narici da cotton fioc lunghi come righelli, mentre ci chiediamo se il naso sia abbastanza pulito. Ci mancherà chiederci silenziosamente “che mano avrà oggi il tizio?”, perché ci sono tizi che esplorano le narici con discrezione e altri che arrivano al lobo occipitale, perforano l’iride, puliscono l’occhio da residui cisposi e ripongono con nonchalance il bastoncino nel contenitore.
La tosse. Ci mancherà dare un colpo di tosse per un innocuo prurito alla gola in presenza di altre persone e sentirci colpevoli come se ci avessero scoperti con dieci chili di munizioni di uranio impoverito sotto le ascelle. Ci mancherà quel giustificarci imbarazzati per trenta minuti spiegando che siamo allergici alle graminacee e comunque “ho fatto il tampone due giorni fa” e comunque “tossisco spesso, è la conformazione del mio tratto respiratorio” e comunque “ho avuto la pleurite da piccolo” e comunque “io tossico ma ho una secchezza salivare arcinota in famiglia quindi tossisco asciutto” e comunque “è tardi, devo andare, scusate, arrivederci”. Per poi iniziare a correre travolgendo cose e persone e finire a tossire in un bosco fittissimo, alla Fantozzi.
Le scuole. Ci mancherà salutare i nostri figli che vanno a scuola come se fossero in partenza per il fronte. “Mi raccomando, stai attento!”. “Sì, mamma!”. “Ti voglio bene!”. “Anche io mamma!”. “Sii prudente!”. “Mamma, sto andando a buttare l’umido, oggi è il 2 giugno, le scuole sono chiuse”. “Li senti ancora i sapori?”. “Sì mamma”. “Lo senti il sapore delle lasagne?”. “No mamma”. “Andiamo in ospedale”. “Mamma, senza offesa, le tue lasagne non sapevano di un cazzo neanche prima del Covid”.
Il numero massimo. Ci mancherà superare il numero massimo di persone ammesse a una tavola e cenare con gli amici al tavolo accanto, come a quelle cene in cui i bambini mangiavano insieme al tavolo più basso. Ci mancherà chiederci “Per antipasto chiedo un tagliere misto da mettere in mezzo?” e realizzare che in mezzo c’è un buco tra i tavoli. Ci mancherà chiedere a Luca se chiede a Luigi se chiede a Francesca se chiede a Valentina se ha già chiesto il conto. Ci mancherà tornare a casa e chiederci “ma con chi ho centro stasera? Boh”.
Mangiare all’aperto. Ci mancherà consultare il meteo non per decidere se andare al mare, ma più modestamente se andare a cena fuori nel senso di fuori – all’aperto, senza che il calice di rosé venga riempito da 200 ml di acqua piovana. Ci mancherà quella piacevole sensazione di avanzata ipotermia quando arriva il tiramisù. Ci mancherà arrivare al ristorante dove ci hanno rassicurato “sì sì abbiamo un bel dehors”, scoprire che il bel dehors sono due tavolini in uno spartitraffico sulla Cristoforo Colombo e trovare comunque tutto questo meravigliosamente bucolico.
Amuchina. Ci mancherà il distributore dell’Amuchina prima di entrare nei negozi, roba che nelle giornate di shopping, al dodicesimo strato di disinfettante sulle mani, iniziano a corrodersi anche le fedi nuziali.
La febbre. Ci mancherà il tizio che ci misura la febbre davanti ai centri commerciali, al ristorante, all’ingresso dei musei e dei bar. Un uomo solo, messo lì con la sua pistola elettronica, a misurare la temperatura dell’universo, nonostante l’arma si inceppi di frequente. Nonostante i “ha 31,4 ma vabbè passi, sarà rotto il termometro” e tu continui a fare shopping chiedendoti se era il termometro a essere rotto o sei tu che sei già morto e sei convinto di parlare con la gente, ma quella è gente morta come te, vedi Il Sesto senso.
Il saturimetro. Ci mancherà la presenza fissa del saturimetro tra i soprammobili di casa, tra il tagliacarte e il portacenere di vetro. Ci mancherà infilare il dito in quella specie di tagliola elettronica che decide in un attimo se chiamerai un delivery per cena o il 118.
I treni. Ci mancherà il distanziamento sui mezzi di trasporto. A me in particolare mancherà quello sul treno, perché tutto quello spazio vuoto sembrava scoraggiare i temibili passeggeri che passano ore a ingaggiare interminabili telefonate di lavoro a volume lancinante, infarcite di brain storming, briefing, skills e know-how, cosicché pure lo stagista dello studio assicurativo di provincia appaia una via di mezzo tra Bill Gates e Sergio Marchionne. Mi mancherà lo spazio libero di fronte, le gambe libere dal polpaccio dello sconosciuto e dal carlino della signora.
Ascensore. Ci mancherà la possibilità di non entrare in ascensore col vicino di casa che ci sta sulle palle con la scusa che “c’è il Covid, uno alla volta”.
Sindrome Wikipedia. Ci mancherà la sindrome da Wikipedia applicata al Covid. La sindrome da Wikipedia è quella patologia per cui chiunque, alla comparsa di un qualsiasi sintomo, consultando Wikipedia scopre di essere ormai allo stadio terminale di una malattia incurabile. Col Covid era pure peggio perché, a parte essere contagioso, aveva praticamente tutti i sintomi descritti dai manuali di Medicina Clinica. Mi si è arrossato l’occhio, ho il Covid. Mi prude il ginocchio da un paio di giorni, ho il Covid. Ho un fortissimo dolore al fegato dopo aver bevuto tre cartoni di Tavernello, ho il Covid. Non ho niente, ho il Covid. Asintomatico.
Exit strategy. Ci mancherà aprire le porte, le finestre, le uscite di sicurezza con l’ausilio delle sole nocche. Altri due anni così e l’evoluzione avrebbe fatto nascere neonati con nocche gigantesche e prensili, capaci di afferrare meteoriti al volo.
Virologi. Ci mancheranno i virologi, che stanno perdendo forza e diffusione, come il virus. C’è chi si sta riciclando come showgirl, per esempio Bassetti, c’è chi si sta ritirando dalle scene prima che le scene abbandonino lui, per esempio Massimo Galli. C’è chi continuerà a dire che moriremo tutti, come Andrea Crisanti. E quando qualcuno gli farà notare che il virus non circola più, attenderà – lui, immortale – che si muoia tutti di vecchiaia per dirci: “Ve l’avevo detto”.
Ci mancherà la mascher… no, la mascherina no.
Ci mancherà accontentarci di poco, perché tanto lo sappiamo: quei tavoli piazzati nello spartitraffico sulla Colombo torneranno a sembrarci una ciofeca, in un attimo.