I primi dati raccolti dall’Istituto superiore di Sanità avevano già mostrato un crollo dei contagi tra il personale sanitario immunizzato. Ora una ricerca condotta dall’Università di Ferrara e dall’azienda sanitaria di Pescara, che ha coinvolto 37.500 vaccinati, conferma l’efficacia dei sieri contro il Covid-19. Gli immunizzati hanno avuto il 95% dei contagi in meno rispetto a coloro ai quali non è stata ancora fatta la somministrazione. Inoltre, i casi di malattia con sintomi sono stati il 99% in meno rispetto ai non vaccinati.
Lo studio ha preso in esame gli immunizzati che avevano già sviluppato gli anticorpi dal mese di gennaio ad aprile. Quindi le persone che hanno ricevuto Pfizer-BioNTech, Moderna o Vaxzevria di AstraZeneca (il vaccino di Johnson&Johnson non era ancora in distribuzione). Nessun calo di efficacia significativo si è manifestato nemmeno quando i richiami venivano fatti in ritardo, per carenza di dosi. Né con Pfizer né con Moderna, anche quando la seconda dose veniva somministrata dopo dieci o più giorni rispetto ai 21 e ai 28 suggeriti.
Mentre AstraZeneca ha funzionato anche solo con l’iniezione della prima dose: ha ridotto i contagi e le morti del 95%. Sul campione preso in esame si è registrato un solo decesso, una donna di 96 anni, che però aveva altre gravi patologie. “Un lavoro impegnativo che ha coinvolto sette ricercatori: abbiamo dovuto pulire tutti i database – spiega Lamberto Manzoli, epidemiologo dell’ateneo emiliano e coordinatore dello studio –. Di solito, prima di divulgarli, aspettiamo che i risultati di una ricerca vengano pubblicati su una rivista scientifica. Ma abbiamo pensato che fosse bene diffonderli subito per rassicurare la popolazione sull’efficacia dei vaccini”. I dati dello studio sono anche in linea con quelli delle poche altre ricerche condotte nel mondo fino a oggi, in Israele, nel Qatar, negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Nel frattempo, mentre le evidenze scientifiche confermano l’efficacia della vaccinazione, varie Regioni procedono con gli Open Day dedicati a Vaxzevria. La Regione Lazio ha predisposto la app (Ufisrt) dove fissare la data per la somministrazione della prima dose del vaccino anglo-svedese, il prossimo fine settimana. Le vaccinazioni saranno aperte dalle 18 o dalle 20, a seconda dell’hub vaccinale, fino alle 24. Tutte rivolte agli over 40, con la disponibilità di oltre 20 mila slot.
La app genererà un ticket virtuale da presentare insieme alla tessera sanitaria, ticket che consentirà di spostarsi anche dopo il coprifuoco. Iniziativa che, sulla carta, dovrebbe avere successo, visti i risultati raggiunti in Campania con gli Open Day a Napoli, Salerno e Caserta. In quest’ultima città, nella caserma Ferrari Orsi, l’Astra Day è durato 41 ore rispetto alle 24 previste all’inizio. Con quasi settemila somministrazioni a giovani con una età media di 29 anni. Un successo. Tanto che l’azienda sanitaria sta pensando di organizzarne un altro. “Si percepisce la voglia di vaccinarsi per ritornare alla normalità”, ha detto il governatore della Campania Vincenzo De Luca –. Ovviamente il problema resta la quantità di vaccini che arrivano in Campania, ancora oggi siamo a 200 mila in meno rispetto a quelli che dovremmo avere in base alla nostra popolazione”.
Proprio il siero di AstraZeneca è il vaccino sul quale si è indirizzata la diffidenza maggiore. Il 12 maggio, in base all’ultimo report della fondazione Gimbe, ne era stato somministrato poco più dell’80% delle dosi consegnate. Più di Moderna. Ma molto meno di Pfizer (97,4%) che viene utilizzato di più anche perché le consegne adesso sono regolari e permettono una migliore pianificazione. La situazione cambia comunque da regione a regione. Sicilia, provincia di Trento, Basilicata, Calabria e provincia di Bolzano sono quelle dove Vaxzevria viene somministrato di meno. A differenza di Molise e Lombardia, dove il tasso di utilizzo è al 95%.