Un primo accordo sembra fatto. Da lunedì prossimo, 17 maggio, il cosiddetto coprifuoco in vigore da novembre alle 22 dovrebbe slittare alle 23 o alle 24. Una o due ore in più. Oggi Mario Draghi ne parlerà con i ministri capi-delegazione dei partiti nella cabina di regia Covid, che però sarà dedicata al decreto Sostegni bis. “Nuove aperture” ma “con la testa”, aveva detto il capo del governo. Alla Lega non basterà e nemmeno a Italia Viva, vedremo cosa dirà Forza Italia. E intanto i tecnici metteranno a punto i parametri e il nuovo algoritmo che definisce i colori, cioè le restrizioni: non basterà più Rt sopra 1 per andare in arancione, altrimenti il 17 maggio ci andrebbero diverse Regioni anche importanti.
Ieri Matteo Salvini ha riunito a Roma ministri e sottosegretari del Carroccio per dare la linea: “Entro questa settimana il governo deve riaprire tutto”, ha detto ai suoi. Stavolta anche il numero due della Lega Giancarlo Giorgetti, in genere su posizioni meno oltranziste, si è detto “in sintonia” con il segretario. Il centrodestra chiederà l’abolizione totale del coprifuoco e la riapertura dei ristoranti al chiuso (oggi prevista per il 1° giugno), tutto a partire da lunedì. Anche i renziani sono a favore: ieri il capogruppo al Senato Davide Faraone ha annunciato una mozione a Palazzo Madama per chiedere di cancellare la limitazione alla libertà di movimento. Un’altra mina parlamentare arriverà giovedì al Senato con una mozione di Fratelli d’Italia per chiedere al governo di “rimuovere l’inutile misura del coprifuoco alle 22”.
Il Pd, il M5S e il ministro della Salute Roberto Speranza frenano. Vogliono attendere almeno i dati di questa settimana. Anche perché, spiegano gli esperti, non conosciamo ancora con esattezza cosa è successo dopo le riaperture del 26 aprile. Il virus, come sappiamo, ha i suoi tempi; i contagi indicati nel monitoraggio settimanale di venerdì scorso risalgono per lo più alla prima metà di aprile. Naturalmente c’è un numero crescente di persone vaccinate (alle 18 di ieri quasi 7,5 milioni con due dosi, quasi 16,8 con una) e con gli anticorpi post-Covid 19. Ma insomma, riaprire tutto e subito non è all’ordine del giorno. Altro è il coprifuoco su cui anche Antonio Decaro, sindaco Pd di Bari e presidente dell’Anci (Comuni), ieri diceva che “alle 22 è incompatibile con le abitudini degli italiani”. I presidenti di Regione del centrodestra, da Massimiliano Fedriga a Giovanni Toti fino a Luca Zaia, chiedono le riaperture anche dei centri commerciali nel weekend (forse dal 22 maggio) e il riavvio del settore dei matrimoni (forse dal 15 giugno). Probabilmente sarà chiamato a esprimersi il Comitato tecnico scientifico, che ieri sera discuteva della possibile abolizione della misurazione obbligatoria della temperatura in alcuni casi e della somministrazione dei vaccini AstraZeneca anche agli under 65. Il clima resta teso, ieri il segretario dem Enrico Letta ha attaccato, sia pure senza nominare Salvini, quei “pifferai magici” che provano a intestarsi le riaperture.
È in dirittura d’arrivo la ridefinizione dei parametri epidemiologici. Si va verso un nuovo algoritmo che ridurrà il peso di Rt, l’indice di riproduzione del virus che abbiamo imparato a conoscere, almeno nella formula attuale calcolata sulla variazione da una settimana all’altra dei contagiati sintomatici. Rt infatti ha ripreso a crescere, la media nazionale nel monitoraggio di venerdì scorso (che si riferisce però al periodo 14-27 aprile perché i dati completi non arrivano immediatamente dalle Regioni) è salita a 0,89. Anche Lombardia, Veneto, Lazio, Campania ed Emilia-Romagna erano a 0,9 e potrebbero superare 1, che con le regole attuali significa passare dal giallo all’arancione, cioè richiudere bar e ristoranti all’aperto. “Sarebbe una beffa”, dicono dal Carroccio, ma non sono gli unici a ritenerlo “insostenibile”. Anche perché nel frattempo i contagi sono scesi, così come i ricoveri in ospedale e, più lentamente, stanno diminuendo i decessi.
Sul tavolo c’è poi l’ipotesi di limitare la potestà dello Stato solo laddove l’epidemia corre di più, lasciando alle Regioni, che lo chiedono, la definizione delle misure nelle situazioni intermedie. A ogni modo servirà un altro decreto, che il governo dovrebbe licenziare tra giovedì e venerdì insieme alle misure economiche del Sostegni bis.