“In questi anni di festa e di velocità c’è anche un varco aperto sul dolore, c’è l’altra faccia dei morti per droga e Aids. Perciò gli anni 80 sono pure anni di tragedia.” Sono parole di Pier Vittorio Tondelli, morto a 36 anni nel dicembre 1991. Proprio come Hervé Guibert, anch’egli classe 1955 e ucciso dall’Aids dieci giorni dopo l’autore emiliano. Una sovrapposizione biografica davvero singolare per due scrittori entrambi omosessuali e vinti dallo stesso male.
Mentre Tondelli si è mimetizzato nei protagonisti dei suoi romanzi e ha scontato la malattia lontano dai riflettori, il francese Guibert ha fatto della propria biografia la sua narrativa, diventando il feticcio fisico della sua opera, sviscerando il suo corpo senza reticenze, soprattutto quando infermo e morente. Romanziere e critico di fotografia per Le Monde, tentò il teatro sulla scorta della sua avvenenza tanto da essere etichettato l’angelo biondo. Per il cinema scrisse, insieme a Patrice Chéreau, la sceneggiatura di L’uomo ferito, premiata con il César. In un passaggio del suo diario, da noi inedito, annotava: “Handke ha detto che l’agonia è l’unica epica possibile”. Una costante messa in scena di se stesso che sembra parafrasare il pasoliniano “gettare il corpo nella lotta” e che nel 1990, sfidando l’omertà di tanti sieropositivi, lo induce a ostentare pubblicamente lo spettro dell’Aids.
Pochi come Guibert hanno spinto l’autofiction fino alle sue estreme conseguenze. Il suo fisico devastato dalla malattia è ritratto nei romanzi, nelle fotografie e persino in un film documentario, Il pudore o l’impudore, nel quale lo si vede parlare dei suoi disturbi al telefono o alle prese con la diarrea seduto sulla tazza del water.
In patria è un classico, da noi resta un autore misconosciuto. La sua parabola editoriale è sempre stata parziale e intermittente. Guanda nel 1991 pubblica il suo titolo più celebre, All’amico che non mi ha salvato la vita. Edito in Francia l’anno precedente, il romanzo racconta la scoperta dell’Hiv, il declino fisico nella morsa di sintomi feroci. Tra le pagine emergono due amici celebri dell’autore, camuffati sotto nomi fittizi. Muzil è Michel Foucault, Marine è Isabelle Adjani. Il romanzo destò scalpore perché Guibert rivelò ciò che Foucault – suo mentore come Verlaine per Rimbaud – aveva inteso occultare e cioè l’Aids come causa della sua morte precoce nel 1984. Destino fatale che Guibert sa toccherà anche a lui. Parte della stampa lo accusò di tradimento, sebbene la verità sulla fine del filosofo fosse un segreto di pulcinella negli ambienti intellettuali.
Nel 1992 Bollati Boringhieri pubblica Citomegalovirus: diario d’ospedale: spettrale raccolta di frammenti delle sue giornate di malato con ritratti del personale medico e perle di amaro umorismo. Poi altri libri postumi lungo gli anni 90: Il mio valletto, Il Paradiso, I miei genitori. Nel 1993 Marsilio pubblica Le regole della pietà, seconda parte della trilogia iniziata con All’amico ma la terza da noi non è stata mai pubblicata. Nel 2004 Playground licenzia Pazzo di Vincent e nel 2011 per la sigla Dante e Descartes esce il suo esordio del 1977 La morte propaganda.
Oggi i titoli sono irreperibili, tutti fuori catalogo. Un protratto silenzio editoriale spezzato tre anni fa da uno studio di Fabio Libasci, Le passioni dell’io: Hervé Guibert lettore di Michel Foucault, edito da Mimesis e oggi da L’immagine fantasma, in libreria per Contrasto, editore specializzato in libri fotografici. Il testo, volutamente privo di immagini e prefato da Emanuele Trevi, è una raccolta di 64 frammenti suscitati da fotografie pubblicitarie, fototessere, foto rubate o dalla radiografia del suo torace che sembra essere una risposta a La camera chiara di Roland Barthes. Prima di finire i suoi giorni, Guibert confessò: “È quando scrivo che sono più vivo. Le parole sono belle, le parole sono giuste, le parole sono vittoriose”. Sarebbe meritorio che un editore in Italia potesse finalmente raccogliere con sistematicità tutte queste parole e aggiungere Guibert, in previsione del trentesimo della scomparsa, alla stirpe letteraria dei francesi di successo come Houellebecq, Carrère, Ernaux.