Fu il vicepresidente del Csm David Ermini il canale di Piercamillo Davigo per informare il Quirinale dell’esistenza dei verbali dell’ex legale dell’Eni, Piero Amara, sulla presunta “loggia Ungheria”. Verbali sui quali il pm di Milano, Paolo Storari, sostiene di essere entrato in contrasto con i vertici della sua procura già nella primavera del 2020, perché per sei mesi avrebbe chiesto inutilmente di effettuare le iscrizioni di indagati e poi per “autotutela” si rivolse a Davigo. Quest’ultimo sostiene di aver ricevuto i verbali da Storari, che lamentava un’eccessiva attesa nell’avvio delle indagini. A quel punto Davigo ne parla con il vicepresidente del Csm, David Ermini, al quale mostra la copia dei verbali. Ermini si presenta personalmente al Quirinale. Il giorno successivo riferisce a Davigo che il Quirinale lo ringraziava e che non c’era bisogno per il momento di attuare ulteriori iniziative. Ermini conferma al Il Fattosoltanto di aver parlato con Davigo. Il Quirinale invece non ha commentato in alcun modo la vicenda, per rispetto delle indagini in corso. Fonti qualificate del Csm, tuttavia, negano un incontro personale tra Davigo e Mattarella, che non avrebbe mai visto né letto i verbali in questione al pari del suo consigliere giuridico Stefano Erbani.
Qualcuno però parlò con il Presidente Mattarella e qualcosa si mosse con la cautela imposta dal Qurinale di non interferire con le indagini in corso per non violare qualsiasi prerogativa istituzionale. A sua volta, ieri il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, ha negato di aver mai saputo che Davigo fosse entrato in possesso dei verbali in questione. Non solo. Il Fatto è in grado di ricostruire che il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi sarebbe stato soltanto informato da Davigo della vicenda – ma senza fargli il nome del pm Storari – e a sua volta lo stesso Salvi ne parlò con il procuratore di Milano, Francesco Greco, anche perché nei verbali Amara citava un componente del Csm, Marco Mancinetti. La procura di Milano inviò a Salvi i verbali su Mancinetti per i necessari approfondimenti disciplinari. Greco e Salvi però non discussero il merito dell’indagine (si parlò soltanto in linea generale dell’esistenza di una sorta di nuova P2). Inchiesta sulla quale, peraltro, necessitava una valutazione in relazione alla competenza, poiché gran parte delle condotte ipotizzate si erano svolte a Roma. In quel frangente sono iniziate le frizioni tra Storari, Greco e il procuratore aggiunto Laura Pedio, per le iscrizioni e le ipotesi di reato. Quella che viene presa in considerazione è la violazione della cosiddetta legge Anselmi, la 17 del 25 gennaio 1982: si discute su quante persone (su circa 74 nomi) andrebbero iscritte nel registro degli indagati. La posizione della procura di Milano è di procedere con cautela, iscrivendo Amara e altri due presunti affiliati, che si erano autodenunciati, per poi verificare le singole posizioni. Amara promette di depositare una fotocopia: non lo farà mai.
Ma torniamo ai verbali giunti a Roma. Verbali molto delicati anche sotto il profilo politico, perché Amara sostiene di aver favorito Giuseppe Conte, in quel momento presidente del Consiglio, quando nel 2012 invitò il suo amico Fabrizio Centofanti ad affidargli un incarico per conto della Acquamarcia spa. La vicenda, già vagliata dalla procura di Milano, non ha mostrato alcun profilo di illiceità, ma inserire il nome dell’allora presidente del Consiglio in un contesto “massonico” in stile P2 non poteva che produrre un effetto destabilizzante. È importante sapere se anche questo dettaglio, politicamente sensibile proprio per il suo effetto, sia stato portato a conoscenza del Quirinale o del Csm. E mentre la procura di Brescia valuta l’apertura di un fascicolo, il procuratore generale Salvi annuncia iniziative disciplinari per “violazione del segreto”. “Non c’è stato nulla di irrituale”, replica Davigo, poiché Storari – che si dice pronto a riferire al Consiglio – si rivolse a lui proprio per il suo ruolo istituzionale e “il segreto non è opponibile ai consiglieri del Csm”. Salvi ha aggiunto che Davigo parlò di “contrasti” alla Procura di Milano su un “fascicolo molto delicato, che, a dire di un sostituto, rimaneva fermo” ma “mai” gli disse del fatto che avesse la disponibilità delle copie di verbali di interrogatorio resi Amara alla Procura di Milano.
Ieri è intervenuto anche Ermini, parlando a nome del Consiglio superiore della magistratura: “Il Csm è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti, ma è semmai obiettivo di un’opera di delegittimazione e condizionamento tesa ad alimentare la sfiducia dei cittadini verso la magistratura. Auspico la più ferma e risoluta attività d’indagine da parte dell’autorità giudiziaria al fine di accertare chi tenga le fila di tutta questa operazione”. Il vicepresidente del Csm conclude: “Una funzionaria del Consiglio, in seguito alla perquisizione nella sede consiliare in ordine alla diffusione di materiale istruttorio coperto da segreto, è stata immediatamente sospesa dal servizio. Eventuali sue responsabilità o di altri per condotte individuali non riferibili al Consiglio sono oggetto di indagine da parte dell’autorità giudiziaria competente”.