Commentando la gag di Striscia sui cinesi, il giornalista M. B. (non importa chi sia) ha twittato: “Una mia zia nel 1968 andò a visitare il Giappone. Alla base del monte Fuji dei bambini che non avevano mai visto degli occidentali ridevano schiacciandosi gli occhi per farli a palla. Ridere delle differenze e di ciò che conosciamo poco è un modo per non averne paura. In più effettivamente i cinesi parlano italiano con la L al posto della R, e noi in cinese non diciamo niente di giusto mai. Si potrebbe fare così: parlarsi poco per evitare di offendersi, non scherzare, non discutere, non confrontarsi. Per alcuni è rispetto. Per me no. Se non rido mai di qualcuno è perché non me ne frega niente, non voglio averci a che fare, mi è indifferente o mi disgusta. Meno rispetto, più curiosità. Meno orgoglio, più serenità. Il mondo è grande e sempre più multiforme: se ci smolliamo tutti un po’ secondo me è meglio. FINE Scusate. Postilla. Non guardo Striscia e Iene da molti anni per scelta. Sono certo che fosse una brutta battuta”. Le repliche a questa generalizzazione demenziale non si sono fatte attendere. Adriano: “Ma che paragone è? Pure tu con il reverse racism? Uno è uno sfottò di un bambino verso una signora che non ha mai subito discriminazione per avere gli occhi tondi. L’altro è una stereotipo razzista usato per denigrare una comunità discriminata da sempre (in occidente). È l’abc”. Giulia: “Eh Matteo perché infatti non c’è NESSUNA differenza tra dei bambini e degli adulti che lavorano in una tv nazionale con un programma che va in onda in prima serata NESSUNA”. Andrea: “Ma poi metterei il focus sul fatto che hanno il cazzo piccolo, fa molto più ridere e infonde ottimismo in noi caucasici”. Davide: “Ci dispiace tanto per il razzismo subito da tua zia. Chiedile se vuole spiegarmi cosa sia il razzismo, grazie”. Mauro: “Le stesse battute fatte da persone diverse cambiano significato. Se sei per strada e ti chiamano ‘ehi spaghetti’ è diverso se è il tuo vicino di casa vegano o un neonazista”. Simona: “Se vuoi ridere dei difetti degli altri devi riderne con loro, non di loro”. Focafica: “Hai dimenticato la parte finale dove ci riveli che sei ironico ed è tutto uno scherzone”. Emanuele: “Sembra il classico aneddoto inventato della zia razzista”. Ugo: “Quindi se uno si comporta come un bambino educato 60 anni fa, ha ragione. Ok”. Stephanie: “Anche se vai in Africa trovi bambini che sono incuriositi dal colore della nostra pelle e dei nostri capelli, perché siamo diversi da loro, ma la differenza è che non vivi discriminazioni. Se vivi discriminazioni per quello, fidati che non ridi”. John: “I bambini giapponesi degli anni 60 cresciuti (immaginiamo) in un contesto rurale hanno la stessa consapevolezza e quindi i loro gesti hanno lo stesso peso di due adulti con almeno 30 anni di carriera alle spalle in prima serata su una delle emittenti più importanti in Italia”. Anna: “Mi pare sia appurato che gli asiatici abbiano gli occhi a mandorla e che non pronuncino la r come noi. C’è bisogno di fare questi siparietti offensivi per esorcizzare ‘quello che non conosciamo’? Seriamente?”. Snakebyte: “Immagino che ora ti sei sentito vendicato”. Michela: “Giustificare i comportamenti di persone adulte con ‘ma i bambini lo fanno’ è una delle argomentazioni più idiote che ho letto”. Meinewage: “Quindi, dato che i neri sono neri, la ‘black face’…”. Porno: “Vieni a ridermi in faccia prendendomi in giro per il mio aspetto e giocando su stereotipi vecchi di secoli e vedi quanti calci in culo ti prendi”. Gaetano: “Non guardi Striscia. Quindi da dove origina tale riflessione?”. Dario: “La banalità del boh. Fine”. Ma M.B. è in buona compagnia: sul tema ha preso un granchio anche John Cleese, come vedremo. (7. Continua)