Forse non arriveranno ai 1.400 miliardi paventati il 13 ottobre scorso da Andrea Enria, il capo della vigilanza della Bce, ma i crediti inesigibili torneranno ad aumentare nei bilanci delle banche dell’Eurozona. A farli crescere saranno le nuove regole di vigilanza sul credito, ma soprattutto la crisi scatenata dalla pandemia e, paradossalmente, pure gli aiuti di Stato. Le banche sono già in difficoltà a causa di fattori diversi, come i tassi di interesse ai minimi, i loro problemi strutturali e l’overbanking, l’offerta di credito sovradimensionata rispetto alla domanda dell’economia. Se non attentamente calibrata, la fine delle moratorie e dei prestiti garantiti dallo Stato rischia di danneggiare l’economia e quindi gli istituti con un improvviso aumento delle sofferenze, perché molte imprese in difficoltà potrebbero fallire mentre altre decine di migliaia di aziende “zombie” potrebbero svelare all’improvviso il loro reale stato di default.
Secondo l’Autorità bancaria europea (Eba), i prestiti che hanno beneficiato di moratorie, garanzie statali e altri sostegni non vengono riclassificati a rischio almeno fino alla scadenza degli aiuti. A metà 2020, era la Spagna con 32,5% il Paese con la percentuale maggiore di prestiti garantiti dallo Stato nell’Eurozona, seguita da Francia (23,4%), Germania (12,2%) e Italia (11,1%). L’ultimo bollettino economico dalla Banca d’Italia, pubblicato il 16 aprile, spiega che nel quarto trimestre 2020 il debito delle imprese italiane è aumentato al 76,9% del Pil, comunque molto lontano della media dell’Eurozona (115,5%). Anche la liquidità depositata in banca dalle aziende è aumentata grazie agli aiuti pubblici e per il crollo degli investimenti. Invece “il flusso dei nuovi crediti deteriorati si è mantenuto su valori bassi, beneficiando delle misure di sostegno ai redditi delle famiglie e all’attività di impresa, delle moratorie e delle garanzie pubbliche”. Dall’ultima analisi periodica di Abi e Cerved sui crediti deteriorati delle imprese, pubblicata a febbraio, emerge però il timore che, se anche nel 2020 gli aiuti straordinari hanno consentito di far calare i tassi di deterioramento delle imprese ai minimi storici (2,5%), dopo una lunga fase di discesa l’indicatore quest’anno risalga al 4,3%, mentre l’anno prossimo dovrebbe tornare al 3,7%, la metà del picco del 2012. Le aziende più colpite saranno quelle di medie dimensioni, dell’edilizia e dei servizi, mentre le piccole imprese e le industrie saranno meno coinvolte.
Il problema è che l’evoluzione dei prestiti irrecuperabili, le sofferenze o Npl, per l’Eba “è difficile da prevedere poiché il numero totale di prestiti soggetti agli aiuti per il Covid può fornire solo una stima approssimativa della percentuale di prestiti che può essere colpita dalla pandemia”. Le sofferenze non comprendono ancora larga parte del credito in moratoria, ma scontano anche i 90 giorni che devono passare tra il mancato rimborso e la classificazione dei prestiti come irrecuperabili.
A impattare sono poi le nuove regole europee per le banche sull’identificazione dei crediti deteriorati e la definizione di default, oltre al calendar provisioning per la copertura obbligatoria dei finanziamenti a rischio, in vigore da inizio anno. Per questi motivi il senatore del Pd Gianni Pittella il 16 febbraio ha presentato una proposta di legge come primo firmatario per chiedere transazioni agevolate per i crediti in sofferenza. Ecco perché i vertici dell’Abi giovedì scorso hanno incontrato il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, per chiedere a Strasburgo di sostenere una revisione delle regole della vigilanza bancaria europea sulle sofferenze. Per evitare contraccolpi all’economia reale, l’Associazione bancaria chiede di far durare le moratorie e le garanzie sui prestiti sino a fine pandemia e di gestire la loro rimozione con la massima gradualità.