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Le lettere sul fine vita dopo l’addio di Lorenzo

Grazie per aver pubblicato la lettera d’addio molto toccante di Lorenzo. Secondo me dobbiamo avere il diritto di partire da questo mondo quando lo decidiamo noi e con dignità… senza sofferenze inutili e senza essere costretti ad andare all’estero per farlo. A quando il cambio di passo del nostro governo/Parlamento per l’approvazione di una legge che permette e regola la morte volontaria assistita?

Claudio Trevisan

Confesso che quel “sono (anzi ero) un tuo lettore” mi ha profondamente scosso e spero, come del resto era una Sua esplicita volontà, che testimonianze di questo tipo possano accelerare, per quanto possibile, l’approvazione di una nuova legge in materia. Nel frattempo un saluto, caro Lorenzo, e buon viaggio.

Alex

Voglio inviare un forte abbraccio ai familiari di Lorenzo P. e un pensiero affettuoso alla sua memoria condividendo in pieno quanto da lui richiesto riguardo a una legge che dia la possibilità di decidere quando porre termine a sofferenze non più sostenibili… Il Paese in mano alle destre sarebbe la pietra tombale su una riforma in tale senso e questo è uno dei motivi per cui auspico la formazione di una coalizione che possa farsi carico, tra l’altro, di questa delicata ma ineludibile questione.

Alessandro Sestini

 

Immunizzare i sanitari porta benefici a tutti

Ho letto la lettera di una lettrice sull’obbligo dei vaccini ai sanitari, e la risposta del Direttore. Mi risulta che l’immunizzazione attiva con vaccino serva a proteggere se stessi dalla malattia e non elimini purtroppo la possibilità di veicolare nelle prime vie aeree il virus e quindi di poterlo trasmettere. Per cui i possibili contagi possono venire anche dai vaccinati.

Enrico Franco

Caro Enrico, al momento risulta l’opposto.

M. Trav.

 

I numeri della pandemia e le restrizioni necessarie

Carissimo direttore Marco Travaglio, una questione, forse mal posta, ma… se fra il 1918 e il 1920, mese più, mese meno, su una popolazione di circa 2mld di persone i decessi per pandemia Spagnola sono stati 50 mln, perché dovremmo stare chiusi in casa se i decessi nel mondo per Pandemia da coronavirus sono 2,84 mln? Mi sembra un tantino eccessivo sequestrare tutti. Lei che dice?

Bruno Navoni

Caro Navoni, ha presente il principio di impenetrabilità dei corpi? Ecco, se mi dice dove mettere le centinaia di migliaia di malati che senza chiusure riempirebbero vieppiù gli ospedali, lei ha risolto il problema.

M. Trav.

 

“Sofa-gate”, restano le domande sull’Europa

Al di là del miserabile episodio, sono francamente stupito che ancora valga la vecchia gerarchia secondo cui il presidente del Consiglio europeo è più alto in grado rispetto al presidente della Commissione. In questo momento, non c’è nulla di più “sovranista” e limitante dell’azione europea nel suo complesso del Consiglio europeo. L’Europa deve rifondare se stessa per diventare nazione. Servirebbe un’assemblea costituente continentale.

Giovanni Contreras

 

Ritengo ci sia un errore nell’articolo di Salvatore Cannavò intitolato “Nella guerra dei cafoni Michel (Ue) batte Erdogan”. In un passo dice: “Gran parte delle reazioni, provenienti dallo schieramento di centrosinistra, la più importante quella del Partito popolare europeo, ha messo in risalto…”. Ma il Partito popolare europeo è la più importante e organizzata formazione politica di centrodestra fra quelle che compongono il Parlamento europeo.

Michele Chioda

Caro Michele, forse la formulazione della frase sul Ppe nel centrosinistra è stata troppo frettolosa, convengo. Attento però a non sottovalutare la costituzione materiale dell’Unione europea basata su un “centro-sinistra” composto dal Ppe e dal Socialismo europeo, motore eurocentrico che lascia a destra le posizioni nazionaliste e a sinistra il Gue e una parte dei Verdi. Come vede non era proprio un errore, semmai un’interpretazione non chiarita. Grazie della lettera.

SC

Chi vaccina? “Con i medici è più sicuro. Alle farmacie la distribuzione”

Come Medico di Medicina Generale mi corre l’obbligo di esprimere alcune riflessioni sull’attuale situazione da Covid. 346 medici, a oggi, hanno pagato con la vita lo scempio di questa pandemia. Un ricordo al primo medico deceduto nel marzo 2020, dr Roberto Stella, Presidente dell’Ordine di Varese nonché presidente della SNAMID (Società Naz. Aggiornamento Medico Inter Disciplinare). Già nel maggio 2020 un report dell’Imperia/College of London ipotizzava una percentuale del 9,8% della popolazione mondiale di contagiati asintomatici, ipotizzando in Italia una positività di 5,9 milioni di cittadini. Al 31.3.21 (dati del ministero della Salute) in Italia a fronte di 60.360.000 abitanti abbiamo una positività di 3.584.899 casi (5,9%). In Lombardia a fronte di 10.060.000 abitanti abbiamo una positività di 735.838 casi (7,3 %).

La Regione Lombardia ha commesso gravi errori di valutazione strategica; errori riconosciuti anche da un documento della Federazione dei Presidenti degli Ordini dei Medici Lombardi (FROMCEO) del 5.4.2020, dove si rilevava la assenza di una attività di igiene pubblica e il mancato governo del territorio, situazioni trascurate e depotenziate dalla stessa Regione a favore di una politica ospedalocentrica. Ora si pongono alcuni problemi.

1- La maggiore parte dei colleghi MMG sono consapevoli del loro attuale ruolo e hanno espresso la volontà di essere parte attiva in questa operazione di Sanità Pubblica. Molti sono operativi negli Hub, pur nella criticità di molti aspetti organizzativi quali, in Lombardia, la confusione degli appuntamenti grazie a una gestione scandalosa di ARIA.

2- La presenza su tutto il territorio dei MMG (43.927) e dei Pediatri di libera scelta (9.265) con una media di 1.135 pazienti/medico.

3- A oggi (31/3/21) in provincia di Brescia sono stati vaccinati 123.680 persone tra cui i sanitari, gli ospiti di Rsa e over 80 a fronte di una popolazione di 1.266.000 con un rapporto di 9,8%.

4- Una situazione paradossale è la nuova legge di Bilancio del decreto Sostegni, che prevede la possibilità alle 19.000 farmacie di praticare vaccinazioni. Progetto voluto da Forza Italia come prevedeva il modello di Farmacia dei servizi introdotta nel 2009 dal governo Berlusconi. Situazione contestata dal dr Anelli, Presidente della Federazione degli Ordini dei Medici con lettera del 22.3.21 inviata al Presidente del Consiglio dei ministri Draghi e al ministro della Salute Speranza, dichiarando che il consenso informato, circa la valutazione dello stato di salute del paziente, è di competenza medica non delegabile in caso di reazione anafilattica.

5- Alla luce dell’arrivo a metà aprile del vaccino Johnson & Johnson, che può essere mantenuto nei normali frigoriferi a -2/3 gradi, e vista la somministrazione di una sola dose vaccinale, considerata la disponibilità dei MMG e dei Pediatri, non si capisce come non si voglia potenziare davvero questo patrimonio di esperienza e di professionalità migliorando, nel contempo, anche il ruolo della medicina del territorio. Da anni i MMG utilizzano la organizzazione dei propri studi per le vaccinazioni. Qualora alcuni Medici non volessero o non potessero vaccinare nel proprio studio per mancanza di spazio o di organizzazione, i pazienti potrebbero rivolgersi agli Hub. Importante è dunque la disponibilità dei vaccini mentre le farmacie dovrebbero svolgere la loro funzione raccordandosi con le ATS per la distribuzione ai medici dei vari lotti in maniera analoga alla distribuzione degli altri vaccini.

Dr Sergio Perini

Gratteri ha sbagliato, però chi lo attacca sbaglia ancora di più

L’Italia è un Paese strano. Un Paese dove si riesce a costruire polemiche strumentali che finiscono per coinvolgere giornalisti, politici, magistrati. Tutta gente importante, come Guido Neppi Modona, Luciano Violante, Milena Santerini e Giovanni Fiandaca, gente che un tempo prima di parlare si sarebbe adeguatamente documentata. Non ha resistito alla tentazione di pontificare neanche Giuseppe Ayala, auspicando esami psichiatrici nei confronti dei magistrati.

Contrariamente a tutti questi fustigatori, pronti a catoneggiare, io il libro di cui si parla, l’ho letto e non vi ho trovato nessuna delle frasi riportate da Luciano Capone, nel citatissimo articolo del Foglio. “Vogliamo dire chi comanda nel mondo? Comandano gli ebrei! Sta tutto in mano a loro! Tutte le lobby economiche e le lobby farmaceutiche, hanno tutto in mano loro… la grande finanza”. Capone ha strumentalmente attribuito al libro alcune dichiarazioni fatte dai due autori in contesti diversi. E per attaccare la prefazione di Gratteri, ha scritto anche che nel libro oltre a varie teorie antisemite, vi sono molti riferimenti complottistici, come quello del vaccino fatto con acqua di fogna. Frase di cui nel libro non c’è assolutamente traccia.

Tutti hanno alzato gli scudi per attaccare (non gli autori del libro) Gratteri, che avrebbe avallato tesi antisemite. Da Gad Lerner a Carlo Calenda, da Iuri Maria Pardo a Francesco Merlo. Un giornalista si è anche chiesto: “Che Stato è, quello che tollera l’antisemitismo?” auspicando l’apertura di un procedimento disciplinare nei confronti di Gratteri.

Giuliano Ferrara e Alessandro Sallusti hanno addirittura invitato tutti a “rompere la cortina di silenzio alzata dai giornali, televisioni e politici per coprire lo scandalo del super magistrato Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, autore di una sciagurata prefazione a un libro sul Covid scritto da due signori, un magistrato e un medico, negazionisti e complottisti, con addirittura accenti antisemiti perché in ogni complotto che si rispetti gli ebrei non possono mancare”. “Chi oggi tace è complice di quelle tesi”, ha gridato Ferrara all’universo mondo. Bastava fare una ricerca veloce sul testo incriminato per smentire la ricostruzione del giornalista del Foglio. Invece è partita la macchina del fango.

Gratteri è stato sicuramente ingenuo a fidarsi di un collega che gli aveva chiesto di scrivere una prefazione, riferendosi a un libro su Covid e criminalità organizzata. Non si spiegano altrimenti, le argomentazioni sul pericolo mafie (che comprendono 3/4 della prefazione), un argomento di cui nel libro non c’è assolutamente traccia. A Giorgianni, evidentemente, interessava solo il sigillo di Gratteri.

Il procuratore della Repubblica di Catanzaro – lo ripeto – ha fatto male a fidarsi, così come hanno fatto male a fidarsi della ricostruzione di Capone i tanti che oggi attaccano disinvoltamente Gratteri senza aver letto il libro. Ma non consoliamoci, due cose sbagliate non fanno una giusta. Gratteri avrà modo di riflettere sull’importanza delle prefazioni che, come ha osservato giustamente Aldo Grasso sul Corriere della Sera, servono a orientare la lettura. Farà bene a non fidarsi in futuro di chi è solo alla ricerca di “sigilli” o di legittimazione.

Non amo fare dietrologia, ma vorrei cercare di capire perché così tanti esponenti del mondo culturale e politico si sono fatti trascinare in una polemica strumentale, attaccando Gratteri per aver avallato teorie antisemite? Qualcuno è certamente in buona fede, altri meno. Forse non volevano censurare l’incauta prefazione ma cogliere l’occasione per attaccare un magistrato che da trenta anni lotta contro la Ndrangheta e i poteri forti che la sostengono.

 

L’epica dei “migliori” ora sbatte con la realtà delle poche dosi

Beh, insomma, sì, dai, sempre meglio di prima eh, beh, servirebbe uno sprint. Per quanto ancora sussiegosi, si cominciano a captare i primi mormorii, una parolina un po’ aspra, un’increspatura nello splendido arazzo dell’Encomio Collettivo. Siamo ben lungi da una critica: se non adeguatamente pompata, l’epica del Governo dei Migliori potrebbe afflosciarsi e verrebbe meno tutto l’ubi consistam di stampa e potere. È più un timido revirement, un rigido virare di bordo, l’antica attività di chi sta sempre a galla. Mica vorremo che tornino gli incompetenti di prima: ricordate quanti morti al giorno c’erano tre mesi fa? (620). E quanti questo mercoledì? (627). È uno spasso leggere gli editoriali oggi: quella che è chiaramente una sciagura – il flop della campagna vaccinale – è un “rallentamento” nei piani del governo, inevitabile quando si viaggia a certe velocità, per quanto tra Draghi e Figliuolo sia tutto ancora un “correre” e “correremo”. Il commissario straordinario Generale Figliuolo, in tuta mimetica come fosse sempre in collegamento da Saigon, sancì da Fazio, boots on the ground, il “cambio di passo” basato sulla strategia in due punti: 1) procurarsi i vaccini; 2) inocularli. Per settimane, sulla base di questo schema semplice ma efficace, sui giornali è stata un’escalation: vacciniamo 300 mila persone al giorno. Anzi, no: 400 mila. Macché: 500 mila!, per la gioia di Matteo “io-l’avevo-detto” Renzi, che sparava questo numero quando in Italia ne arrivavano 200 mila al giorno. Poi la gente ha cominciato ad accorgersi che i vaccini non c’erano, che se ne facevano meno della metà, che le Regioni (a parte il Lazio) improvvisavano; Come scriveva ieri il Corriere, “i dubbi sul cambio di passo che non arriva sono ormai di dominio pubblico”, e quand’è così non si può più tacere il torto che la realtà fa al Generale, che stava per raggiungere l’immunità di gregge a giorni e a mani nude. Ci si sono messi pure i ristoratori e i commercianti davanti a Montecitorio (nota di colore: tutti a chiedere di riaprire in sicurezza secondo le norme, tutti senza mascherina). Incomprensibilmente: i cantori della Repubblica platonica dei Banchieri ci hanno spiegato che il decreto Sostegni, come si evince già dal nome, è più nobile del decreto Ristori di Conte, con sdilinquimento per quella frase di Draghi in conferenza stampa: “Questo è un anno in cui non si chiedono soldi, si danno soldi”; poi però ci si è accorti che “il decreto Sostegni premia le aziende più grandi lasciando ai piccoli pochi spiccioli” (Corriere), mannaggia. Il consenso cala, forse perché c’è chi, di sinistra, leggendo i giornali aveva creduto al cambio di passo chez Gelmini, e chi, di destra, pensava che Draghi riaprisse tutto lasciando il virus circolare liberamente, non come quegli ipocondriaci di Conte e Speranza. (Sui Dpcm che ci stavano portando alla dittatura sanitaria sostituiti dai decreti legge con possibilità di ritocchino chirurgico per far piacere ai leghisti, tacciamo). Sulla Libia: Draghi lascia tutto com’era, rinnova i patti, delega i respingimenti a quei galantuomini della guardia costiera libica; però lo fa indossando un fresco di lana stupendo che il provinciale Conte si sarebbe sognato. Ora ci vorrebbe uno sprint, e il governo, dice il Corriere, sta già pensando a una “campagna di comunicazione per riconciliare i cittadini col vaccino anglo-svedese”, presumibilmente convincendoli a non farsi venire una trombosi. Intanto Draghi si prepara a sbarcare sui social, perché, ci dicono, è “europeo”, non populista.

Insomma, si verifica la magia che accadono le stesse sfighe e gli stessi intralci di prima, solo che allora era colpa del governo degli incapaci, adesso è colpa dell’Olanda e della Norvegia che bloccano AstraZeneca; di AstraZeneca; dell’Ema; delle Regioni; del bilancio che non si fa scostare dal Governo dei Migliori. Forse, la buttiamo lì, ci vorrebbe il Mes.

Letta parla di politica Renzi punta al business

Si può comprendere che le cronache indugino sui risvolti personali e psicologici dell’incontro tra Letta e Renzi. Caratteri opposti e vecchie ruggini. Ma la distanza tra i due oggi è genuinamente politica e, a mio avviso, incolmabile. Letta persegue un disegno neoulivista: la costruzione di un campo largo, plurale e inclusivo, nitidamente alternativo al centrodestra a trazione sovranista, nel quadro di un nuovo bipolarismo.

Un campo che, per definizione, non può non ricomprendere il M5S nel segno di una cooperazione competitiva. Dunque, un rapporto che, quale che sia l’aggettivo (strutturale, stabile, strategico…), è nella sostanza essenziale. Se ne diano una ragione i critici di Zingaretti interni al Pd. Ovvio che Renzi eccepisca: la sua prospettiva strategica è manifestamente diversa e, in certo senso, opposta. Egli immagina, per la sua Italia Viva, una terzietà/equidistanza tra destra e sinistra. Per inciso: la cosa attesta non solo il rovesciamento della politica praticata quando egli era segretario del Pd (un bipolarismo spinto sino al bipartitismo), ma anche il fallimento del velleitario disegno macroniano coltivato all’atto di nascita di Italia Viva. Che non sottintendeva la equidistanza tra destra e sinistra, ma l’egemonizzazione della sinistra attraverso lo svuotamento del Pd.

In concreto, oggi, più modestamente, ma altrettanto velleitariamente, Renzi si propone di strappare FI a Salvini e Meloni, dunque di inverare la profezia di Giuliano Ferrara nel senso del Renzi royal baby di Berlusconi. Non però come allora, quando il Cavaliere regnava, ma in un tempo che conosce la decadenza di entrambi. Un centrino mobile, né di qua né di là, ora di qua ora di là. Disegno modesto e tutt’altro che agevole. Per tre ragioni.

Primo: conosciamo Berlusconi e il suo concretismo, che è la costante che sottostà alle sue infinite giravolte. Al dunque, egli non lascia il certo per l’incerto, l’arma politica a difesa delle sue aziende rappresentata dal centrodestra.

Secondo: quell’area centrista, pur esile, è già più plausibilmente occupata da Calenda che, conoscendo l’inaffidabilità renziana e sospettando che egli rappresenti non già un “valore aggiunto” ma semmai un “valore sottratto” (una figura respingente), giustamente ne diffida.

Terzo: al netto delle sue smentite, prende sempre più corpo il sospetto che Renzi si orienti più verso il business che non verso la politica. Non si spiegano altrimenti le sue opache e quasi ostentate missioni all’estero.

Più interessante e promettente il fronte Pd-M5S. Un cantiere e una sfida. Solo per titoli. Il M5S deve sciogliere in via definitiva il nodo della sua opzione di campo. La proficua collaborazione di governo e la leadership di Conte sul movimento fanno ben sperare.

Il Pd, a sua volta, deve ancora fare i conti con l’anima interna ex renziana (fuor d’ipocrisia, comunque la si voglia chiamare). Ma, con un Renzi così depotenziato e forse in uscita, Letta ha buon gioco nel mostrare la sua ambizione di interpretare un Pd (a vocazione maggioritaria?) a spettro largo, comprensivo anche di una sensibilità moderata e liberale e non subalterno al M5S. Dentro una cooperazione con esso anche sanamente competitiva, ove sia la rappresentanza di istanze centriste, sia la guida dell’alleanza siano anche oggetto di competizione.

La “divisione del lavoro” tra Pd e M5S nella rappresentanza sociale ed elettorale dentro il nuovo centrosinistra dipenderà dalla rielaborazione dei rispettivi profili politico-culturali. Per favorire un tale sviluppo del sistema politico e, in esso, di uno schieramento democratico e progressista decisiva è la legge elettorale.

Ideale sarebbe una regola che incoraggiasse le coalizioni senza troppo mortificare le reciproche autonomie (doppio turno di coalizione?).

Letta lo ha già fatto intendere. La destra potrebbe essere interessata. Di sicuro non Renzi, che si dichiara per il maggioritario ma non ci crede nessuno perché rischierebbe la sparizione.

La rilevazione di Pagnoncelli secondo la quale la coppia Letta-Conte gode di più fiducia della coppia Salvini-Meloni attesta che la partita è aperta e che ci si possa fare guidare dall’ambizione di vincere e non di limitare la sconfitta.

 

Le accuse a Woody Allen, l’album di sfera ebbasta e la cipolla molto dolce

E per la serie “Che begli occhi hai negli occhi”, la posta della settimana.

 

Caro Daniele, ho visto il documentario Allen contro Farrow (Hbo). Cosa ne pensi delle accuse della figlia a Woody Allen e delle polemiche mediatiche sul caso? (Bruno Cravero, Torino)

A casa mia, l’opinione pubblica è un grado di giudizio solo nei linciaggi. Poiché la giustizia americana, esaminate le perizie psicologiche e ginecologiche sulla bambina, assolse Woody Allen dall’accusa infamante, il caso è chiuso, anche se i giornali continuano a sguazzarci, e alcuni famigliari ne approfittano per vendicarsi d’altro. Come ho scritto un anno fa nel numero di Linus

dedicato ad Allen, il #metoo

che accusa predatori veri (Weinstein) e inventati (Allen), come fossero la stessa cosa, acceca se stesso. Per questo considero una sciagura che Hachette abbia deciso di non pubblicare l’autobiografia di Woody Allen, e applaudo La nave di Teseo che invece l’ha fatto. La fermezza d’animo con cui Allen, ormai da decenni, sopporta le calunnie infamanti della figlia adottiva evitando di rivalersi legalmente contro di lei (plagiata in realtà dalla madre, secondo la testimonianza circostanziata di un altro figlio adottivo, Moses), non fa che aumentare la mia ammirazione per Woody. All’ingiustizia privata si aggiunge quella dei media che continuano a rilanciare accuse non provate, per lucrare sul clamore, sapendo di farla franca. (L’altro trucco con cui riescono a diffamare evitando querele è arcinoto: usare il condizionale. L’esito a volte è sfortunato. Un giorno, il direttore di un quotidiano famoso raccomandò a un giovane redattore di scrivere sempre in forma dubitativa le notizie e i particolari di cui non aveva controllato la veridicità, di cui non era sicuro, che conosceva solo per sentito dire. Così, inviato a un ricevimento per farne la cronaca, il giovane scrisse: “In casa della sedicente contessa di Carditello, moglie del signor Giraudo, che dice di essere avvocato, si notarono la signora Fasano, adorna di brillanti che potrebbero anche essere autentici, e il signor Barbero, arricchitosi – pare con mezzi onesti – nel commercio dei tessuti, accompagnato da una signora bionda, non so se di natura o per opera del coiffeur, che egli presenta come sua moglie, e dalla signorina Ada, che egli ritiene essere sua figlia”).

Sei mai stato abbordato da qualche pervertito? (Nicola Mainetti, Firenze)

Sì, vado fortissimo fra chi fa sesso coi vegetali.

E a te quali vegetali piacciono? (Nicola Mainetti, Firenze)

Le cipolle, quelle larghe, piatte, dolci, da fare al forno e servire con una spolveratina di pepe. Una ex mi spiegò che lo sperma diventa più dolce, quando mangi le cipolle piatte al forno. Un pompino diventa una festa di compleanno, mi diceva: “Lo sperma sa di latte condensato, diventa una sorta di glassa liquida. Ci puoi guarnire le torte, ci puoi condire le fragole, ci puoi decorare le tette. Con il tuo pratico beccuccio”.

Ti piace l’ultimo di Sfera Ebbasta? (Lucio Degrassi, Trieste)

È il Cd che metto quando voglio liberarmi di una. L’altro modo è quello di Jack Nicholson: quando era stanco di una donna, le diceva con viso severo: “So tutto!”. E funzionava.

Che ne pensi delle repliche di Renzi sui suoi rapporti con Bin Salman? (Andrea Rossi, Milano)

Non ho mai creduto a una sola parola che esce dalla bocca di Renzi. Ha sempre la faccia del marito manesco che il giorno dopo chiede scusa con un mazzo di fiori.

Cercate anche voi una guida spirituale? Scrivetemi (lettere@ilfattoquotidiano.it)

 

Amarcord Molinari: 007 israeliani alla stampa

Ce li vedetedegli investigatori israeliani travestiti da giornalisti della Stampa per spiare alcuni sceicchi sauditi? Neanche noi. Eppure questa trama a metà tra un film con Alvaro Vitali e una parodia cacio e pepe dei Tre giorni del Condor pare essere realtà, stando almeno a quanto abbiamo letto ieri sul più noto quotidiano torinese. Un lungo articolo che riprende un’inchiesta dell’americano Daily Beast, il quale a sua volta avrebbe smascherato questo clamoroso intrigo internazionale: “Agenti stranieri camuffati da reporter de La Stampa hanno tentato di raccogliere e diffondere informazioni volte a screditare la leadership degli Emirati”. Questi luminari avrebbero “agito su Facebook utilizzando nomi e foto di utenti reali per creare il profilo di Julia, fantomatica reporter de La Stampa“. Poi, “attraverso un messaggio su Facebook”, avevano contattato Kather Massaad, ex capo di un fondo sovrano degli Emirati, nel tentativo di estorcergli informazioni. Una storia che ci divora per l’emozione e la suspense, oltre che per le più innovative tecniche di spionaggio messe in campo. Resta però un enorme dubbio: non è che gli israeliani si sono persi qualcosa? Lungi da noi lanciare ipotesi azzardate, ma forse qualcuno pensava che da quelle parti ci fosse ancora Maurizio Molinari, l’ex direttore (ora a Rep) già corrispondente da Gerusalemme e i cui flirt editoriali con Israele e col premier Bibi Netanyahu hanno convinto una storica firma come Bernardo Valli a lasciare Repubblica. Nel dubbio, Massimo Giannini eviti caffè dagli stagisti sconosciuti.

Stile da destra lumbard: dàgli al poveraccio, il resto va da sé

Nel gennaio dell’anno scorso incontrai il sindaco Antonino Nucera al mercato di Opera. Volevo raccontare la storia dell’uomo in gabbia, ovvero del nigeriano Daniel Owewense fotografato dietro le sbarre, affiancato da due agenti della polizia municipale che lo esibivano come un trofeo: colpevole di accattonaggio molesto! L’avevano pubblicata su Facebook dopo averne sbianchettato il volto, e poi rimossa essendosi resi conto che quella gogna pubblica violava la legge. Ma lui, il sindaco Nucera, l’aveva ripubblicata con tanti complimenti per lanciare il messaggio: “I malintenzionati devono sapere che a Opera la criminalità è il nemico”.

Ora che l’hanno posto agli arresti domiciliari per appropriazione indebita di mascherine, turbativa nell’acquisto dei termoscanner e traffico di rifiuti, ci chiediamo: da che pulpito veniva la predica?

Additare i poveracci come pericolo pubblico per deviare l’attenzione dei cittadini e rafforzare il proprio sistema di potere, è una costante della destra lombarda di cui il Comune di Opera rappresenta un caso di scuola. Ne sa qualcosa Ettore Fusco, il vicesindaco leghista subentrato al decaduto Nucera, che ama farsi chiamare “sindaco emerito”. Aveva infatti già guidato per due mandati l’amministrazione, e ha continuato a condividerne gli atti. Difficile credergli quando si dichiara “stupito, sorpreso e deluso”.

Fu proprio Fusco il protagonista del ribaltone al Comune di Opera, in precedenza sempre guidato da giunte di sinistra. Nel 2006 era alla testa di una fiaccolata conclusasi dando alle fiamme un campo rom di 73 persone, fra cui 35 bambini che, terrorizzati, trovarono rifugio alla Casa della Carità di don Colmegna. Fu il trampolino della sua carriera politica. Dàgli al poveraccio, anche quella volta. Fervente salviniano, nel 2014 firmò la richiesta di assegnazione di una sala milanese per un convegno di Forza Nuova.

Dimenticavo: l’anno scorso al mercato ci imbattemmo nello spaventatissimo nigeriano Daniel, l’uomo in gabbia, che aveva ripreso a chiedere l’elemosina. Nessuno pareva infastidito. E allora il sindaco giustiziere Nucera mi confidò che la settimana prima aveva personalmente accompagnato Daniel in auto alla fermata del pullman. Chi dei due era il tipo più pericoloso?

Grazie a San Mario e alla sua mascella

• Occhiello: “Il solo che può salvarci”. Titolo: “Perché Draghi merita ancora fiducia”. Svolgimento: “SuperMario aveva tutt’altri progetti, poi il Paese gli si è messo in ginocchio davanti, il capo dello Stato ha congiunto le mani, forse tendendo anche una mela avvelenata, e il banchiere dei due mondi non ha potuto opporre il gran rifiuto. (…) Per rialzarsi la mascella squadrata di Draghi ci servirà più del vaporoso ciuffo di Conte. Nel frattempo al premier chiediamo di essere all’altezza di sé stesso”.
Pietro Senaldi (Libero)

 

• L’esecutivo Draghi ha puntato fin da subito quasi tutto sulla campagna di vaccinazioni e ha voluto segnare un deciso cambio di passo rispetto a quelle che sono apparse e la scarsa organizzazione del precedente governo.
Repubblica

 

• Titolo: “Crisi Ita-Alitalia, Draghi in campo per smuovere l’Ue”. Svolgimento: “A Palazzo Chigi hanno perso la pazienza. Il premier Draghi è in campo per far decollare subito Ita, l’erede di Alitalia”.
Il Messaggero

Matteo il verde ha un bersaglio rosso: Speranza

Dopo l’incursione di Matteo Salvini a Palazzo Chigi (“non si può vivere in rosso a vita”), sorgono almeno tre domande. Fino a quando Salvini riuscirà a tenere il piede in due staffe: quella del governo e quella della lotta alle restrizioni del governo? Fino a quando il leader leghista eviterà di chiedere a Mario Draghi la testa di Roberto Speranza, da lui definito il ministro della Salute “che vede soltanto rosso” (come le Regioni in lockdown), per “scelta ideologica”? E fino a quando il presidente del Consiglio riuscirà a mantenersi equidistante tra i due? E se costretto a scegliere tra i due, chi sacrificherebbe? Ad avvalorare il primo quesito è il sondaggio d’opinione (YouTrend per Agi) che proprio ieri ha segnalato un nuovo balzo di FdI (è al 17,2%) mentre il Carroccio perde pezzi e scende al 22,9%, pur restando primo partito. Ovvero, nell’ultimo anno Salvini ha perso quasi dieci punti in termini di voti, la maggior parte dei quali incamerati dalla rivale a destra, Giorgia Meloni. Una tendenza accentuata dopo l’ingresso leghista nelle “larghe Intese”. Mentre l’opposizione quasi solitaria ingrassa la destra meloniana.

Ma è soprattutto la base sociale del salvinismo che va sfarinandosi, tanto che dopo la manifestazioni di piazza di ristoratori e partite Iva fioccano le accuse di tradimento contro l’uomo del Papeete (“Ci ha presi tutti in giro”, ha detto al nostro Tommaso Rodano, Umberto Carriera promotore della campagna “io apro” e in prima fila negli scontri con la polizia in piazza Montecitorio). Ecco dunque che Salvini usa come parafulmine Speranza per cercare di arginare l’emorragia di consensi. Sì, il ministro rimasto rigorista fin dall’inizio della pandemia (non per suo diletto, ma su richiesta dei virologi del Cts), e per giunta di sinistra (Articolo Uno): quale bersaglio migliore per l’Italia che non ce la fa più? Infatti, ieri, intervistato da La Verità il Matteo verde ha detto che “Speranza non capisce il dramma delle partite Iva ma dovrà cedere”. Ma se Speranza non cedesse, oltre all’accusa di avere preso giro i propri elettori chi farà la figura del socio debole della coalizione, per giunta attaccato alla poltrona? Naturalmente, l’ago della bilancia resta Mario Draghi che nei primi mesi di governo ha cercato di mediare all’interno di una coalizione che contiene tutto e il contrario di tutto. Al momento il premier ha evitato di dare spago a Salvini. Quanto a Speranza, ieri sera il premier ha detto: “L’ho voluto io nel governo e ne ho grande stima”. Buono a sapersi.