“La sanzione contro i lavoratori di Taranto? Mi lascia sgomenta, il solito gioco italiano di cornuto e mazziato”. È rimasta davvero colpita, Sabrina Ferilli, quando ha saputo che alcuni addetti dell’Arcelor Mittal sono stati sospesi dall’azienda per aver associato, attraverso un post su Facebook, la fiction Svegliati amore mio – di cui l’attrice è protagonista in questi giorni – alle vicende dell’ex Ilva. La miniserie – l’ultima puntata è prevista mercoledì 7 aprile – narra la storia di Nanà Santoro (interpretata dalla Ferilli appunto), moglie di un operaio di un’acciaieria e mamma di una bambina malata di leucemia, che sospetta le correlazioni tra l’inquinamento della fabbrica e le malattie. La scelta dei registi, Ricky Tognazzi e Simona Izzo, di occuparsi di questo tema in prima serata ha avuto un certo impatto sulla comunità tarantina, al punto che una madre ha fatto circolare un post e ha ottenuto oltre 10.000 visualizzazioni, parlando – appunto – di come la fiction sia chiaramente ispirata alla realtà vissuta in quel territorio. Alcuni lavoratori dell’Ilva lo hanno condiviso sul loro profilo e, per questo, sono stati puniti dall’Arcelor Mittal, con l’accusa di aver creato “un danno di immagine alla società”. Questo nonostante il post non contenesse alcun riferimento al nome dell’azienda. Uno di loro è difeso dal sindacato Usb, che imputa all’impresa anche l’aver invaso la privacy dell’operaio, visto che la sua bacheca non era pubblica. Gli attori e i registi non sono rimasti indifferenti.
Sabrina Ferilli, chiariamo subito questo aspetto: Svegliati amore mio è una fiction che parla esplicitamente di Taranto?
Noi non siamo entrati nello specifico, ci siamo ispirati alle città che ospitano acciaierie e a tutto ciò che questo ha comportato a chi ci lavora e alle loro famiglie. In Italia abbiamo ancora tanti siti attivi, ma è chiaro che Taranto sia l’area più investita dal problema. Ma ripeto, non ci sono riferimenti e oltretutto la storia è ambientata nel 2000, quindi molto prima che lo stabilimento venisse preso dagli attuali proprietari.
Il post “incriminato” sostiene che l’acciaieria Ghisal – così viene chiamata nel racconto – “altri non è che il siderurgico di Taranto”. Ma non viene affatto nominata l’Arcelor Mittal, eppure all’azienda ha dato fastidio la semplice associazione dei fatti narrati con lo stabilimento e ha ritenuto di doversi difendere, sostenendo di rispettare l’autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Quelli che hanno preso oggi la fabbrica non c’entrano con quel periodo. Sono entrati nel 2018, hanno preso l’onere delle bonifiche e non so ora a che punto siano. Ma su quello che è successo negli anni passati c’è un processo penale e, circa un mese fa, ci sono state le richieste di condanna da parte dei pubblici ministeri. Per carità, bisogna aspettare le sentenze della Cassazione, però per il momento i fatti sono questi. E sul fatto che l’inquinamento abbia portato morte, è scienza. Quindi io capisco che questa azienda ha ereditato una patata bollente, però, anziché prendersela con quello che scrivono su Facebook i lavoratori, dovrebbe rivolgersi alla politica.
L’impressione è che a infastidire sia il solo fatto di parlarne, tra l’altro in prime time?
Chi gestisce oggi la fabbrica ha comunque tutto l’interesse che non se ne parli, che non vengano fuori determinati aspetti, ma sono quelli più importanti. Punire tre operai che si sono espressi in maniera colorita su cose che vivono tutti i giorni è una cosa che mi lascia sgomenta. Insisto sul fatto che la proprietà si faccia sentire con la politica, visto che sembra assente e non ha mai risolto definitivamente questa cosa. È una cosa delicata ma la politica questo deve fare, ci sono di mezzo sopravvivenza, lavoro e vita. Mi auguro che la proprietà e i dipendenti che continuano in modo eroico a lavorare siano uniti rispetto all’obiettivo.
Che cosa vorrebbe dire a quegli operai che hanno subito la sanzione?
Di non sentirsi soli. Credo che la questione si risolverà, ma se dovesse proseguire noi ci metteremmo a disposizione anche economicamente per aiutarli a sostenere qualunque spesa legale. Noi con la fiction aiutiamo quelle comunità smuovendo le coscienze di tutti, e per la prima volta lo facciamo in televisione, ma se quelle persone dovessero avere bisogno lo faremmo anche in pratica, dato che purtroppo la realtà ha superato di gran lunga la fiction.