“La fiction e gli operai puniti da Mittal: cornuti e mazziati”

“La sanzione contro i lavoratori di Taranto? Mi lascia sgomenta, il solito gioco italiano di cornuto e mazziato”. È rimasta davvero colpita, Sabrina Ferilli, quando ha saputo che alcuni addetti dell’Arcelor Mittal sono stati sospesi dall’azienda per aver associato, attraverso un post su Facebook, la fiction Svegliati amore mio – di cui l’attrice è protagonista in questi giorni – alle vicende dell’ex Ilva. La miniserie – l’ultima puntata è prevista mercoledì 7 aprile – narra la storia di Nanà Santoro (interpretata dalla Ferilli appunto), moglie di un operaio di un’acciaieria e mamma di una bambina malata di leucemia, che sospetta le correlazioni tra l’inquinamento della fabbrica e le malattie. La scelta dei registi, Ricky Tognazzi e Simona Izzo, di occuparsi di questo tema in prima serata ha avuto un certo impatto sulla comunità tarantina, al punto che una madre ha fatto circolare un post e ha ottenuto oltre 10.000 visualizzazioni, parlando – appunto – di come la fiction sia chiaramente ispirata alla realtà vissuta in quel territorio. Alcuni lavoratori dell’Ilva lo hanno condiviso sul loro profilo e, per questo, sono stati puniti dall’Arcelor Mittal, con l’accusa di aver creato “un danno di immagine alla società”. Questo nonostante il post non contenesse alcun riferimento al nome dell’azienda. Uno di loro è difeso dal sindacato Usb, che imputa all’impresa anche l’aver invaso la privacy dell’operaio, visto che la sua bacheca non era pubblica. Gli attori e i registi non sono rimasti indifferenti.

Sabrina Ferilli, chiariamo subito questo aspetto: Svegliati amore mio è una fiction che parla esplicitamente di Taranto?

Noi non siamo entrati nello specifico, ci siamo ispirati alle città che ospitano acciaierie e a tutto ciò che questo ha comportato a chi ci lavora e alle loro famiglie. In Italia abbiamo ancora tanti siti attivi, ma è chiaro che Taranto sia l’area più investita dal problema. Ma ripeto, non ci sono riferimenti e oltretutto la storia è ambientata nel 2000, quindi molto prima che lo stabilimento venisse preso dagli attuali proprietari.

Il post “incriminato” sostiene che l’acciaieria Ghisal – così viene chiamata nel racconto – “altri non è che il siderurgico di Taranto”. Ma non viene affatto nominata l’Arcelor Mittal, eppure all’azienda ha dato fastidio la semplice associazione dei fatti narrati con lo stabilimento e ha ritenuto di doversi difendere, sostenendo di rispettare l’autorizzazione integrata ambientale (Aia).

Quelli che hanno preso oggi la fabbrica non c’entrano con quel periodo. Sono entrati nel 2018, hanno preso l’onere delle bonifiche e non so ora a che punto siano. Ma su quello che è successo negli anni passati c’è un processo penale e, circa un mese fa, ci sono state le richieste di condanna da parte dei pubblici ministeri. Per carità, bisogna aspettare le sentenze della Cassazione, però per il momento i fatti sono questi. E sul fatto che l’inquinamento abbia portato morte, è scienza. Quindi io capisco che questa azienda ha ereditato una patata bollente, però, anziché prendersela con quello che scrivono su Facebook i lavoratori, dovrebbe rivolgersi alla politica.

L’impressione è che a infastidire sia il solo fatto di parlarne, tra l’altro in prime time?

Chi gestisce oggi la fabbrica ha comunque tutto l’interesse che non se ne parli, che non vengano fuori determinati aspetti, ma sono quelli più importanti. Punire tre operai che si sono espressi in maniera colorita su cose che vivono tutti i giorni è una cosa che mi lascia sgomenta. Insisto sul fatto che la proprietà si faccia sentire con la politica, visto che sembra assente e non ha mai risolto definitivamente questa cosa. È una cosa delicata ma la politica questo deve fare, ci sono di mezzo sopravvivenza, lavoro e vita. Mi auguro che la proprietà e i dipendenti che continuano in modo eroico a lavorare siano uniti rispetto all’obiettivo.

Che cosa vorrebbe dire a quegli operai che hanno subito la sanzione?

Di non sentirsi soli. Credo che la questione si risolverà, ma se dovesse proseguire noi ci metteremmo a disposizione anche economicamente per aiutarli a sostenere qualunque spesa legale. Noi con la fiction aiutiamo quelle comunità smuovendo le coscienze di tutti, e per la prima volta lo facciamo in televisione, ma se quelle persone dovessero avere bisogno lo faremmo anche in pratica, dato che purtroppo la realtà ha superato di gran lunga la fiction.

 

Rivoluzione Lombardi, la Calenda grillina

C’era una volta Roberta Lombardi la pasionaria, veracissima militante del primo Movimento, quello purezza ideologica e zero compromessi. La ricordiamo aggressiva – ma pure un po’ annoiata – quando insolentiva Pierluigi Bersani nelle famose trattative in streaming del 2013: “Qui sembra di stare a Ballarò” (nel senso del vecchio programma di Floris). Nel tempo Lombardi si è pentita e ha iniziato una rivoluzione personale abbastanza impressionante. Al punto che oggi sembra la versione grillina, o meglio contiana, di Carlo Calenda. Intervistata da Repubblica, Lombardi è tutta meritocrazia e competenza. Il vecchio “uno vale uno”? Archeologia. Anzi, un errore di traduzione: “Ricordo che anche Gianroberto Casaleggio si lamentò con me della mancanza di competenze nel Movimento e di fronte alla frase ‘uno vale uno’ mi rispose: ‘Sono stato frainteso’”. Per Lombardi è finalmente il momento di chiarire: “La competenza è un valore e non può essere messa in secondo piano rispetto alla popolarità sul web”. E basta parlare dei due mandati: “Questa discussione è diventata stucchevole”. Mai più “vaffa”, ora moderazione e sobrietà: “Da forza di governo, responsabile, non possiamo più usare i toni di un tempo”. Prossimo passo: candidata al Colle.

Mail box

 

Una poesia in ricordo delle vittime del Covid

È troppo bella per non condividerla con voi. Il mio pensiero va a chi non c’è più e a chi ogni giorno continua a lottare per dare speranza in un futuro migliore. Si tratta di una poesia scritta proprio nei tempi del Coronavirus dal titolo indicativo di And The People Stayed Home e nasce da un forte desiderio di combattere l’angoscia di questo periodo storico.

E la gente rimase a casa/ E lesse libri e ascoltò/ E si riposò e fece esercizi/ E fece arte e giocò/ E imparò nuovi modi di essere/ E si fermò/ E ascoltò più in profondità/ Qualcuno meditava/ Qualcuno pregava/ Qualcuno ballava/ Qualcuno incontrò la propria ombra/ E la gente cominciò a pensare in modo differente/ E la gente guarì./ E nell’assenza di gente che viveva/ In modi ignoranti/ Pericolosi/ Senza senso e senza cuore,/ Anche la terra cominciò a guarire/ E quando il pericolo finì/ E la gente si ritrovò/ Si addolorarono per i morti/ E fecero nuove scelte/ E sognarono nuove visioni/ E crearono nuovi modi di vivere/ E guarirono completamente la terra/ Così come erano guariti loro (Kitty O’ Meara)

Celso Vassalini

 

Il nostro premier: un nuovo Grisù Draconis

Caro Direttore, vista la sua divertente propensione ai soprannomi, mi permetto di suggerirne uno per Draghi: “Grisù Draconis”. Tratto da Wikipedia: “Grisù si riteneva un ‘draghetto progressista’; era di modi sofisticati; animato da buoni propositi e sognava di diventare pompiere ma alla fine di ogni storia rovinava tutto non riuscendo a trattenere le fiamme che uscivano dalla sua gola.” Vedo notevoli analogie.

Enrico Valmassoi

 

Mattarella sul governo come i giocatori di poker

Mattarella è un bravo giocatore di poker. Pd e 5S hanno detto “o Conte o morte” senza veramente preparare la mossa 2 o 3. Si studia in “Teoria dei Giochi”, e si chiama brinkmanship, cioè teoria del rischio calcolato. Pd e 5S avevano buone carte ma non sono andati a vedere, Mattarella aveva carte discrete e le ha giocate bene per i suoi scopi (su cui potremmo discutere a lungo).

Lorenzo Salieri

 

Non ci sono più controlli sugli assembramenti

Ma è possibile che non si denuncino i mancati controlli da parte delle varie istituzioni? Assembramenti tollerati dappertutto, ma non si lasciano riaprire le attività che rispettano rigorosamente i protocolli anti Covid. Ignoranza da parte di una parte della gente e mancati controlli decidono la tragedia di un’intera popolazione.

Maurizio Candito

 

Salvini cerca visibilità, ma è solo propaganda

Dopo l’entrata al governo della Lega, cioè nel posto di maggior visibilità, Salvini è ritornato alla sua naturale occupazione: la propaganda, fatta di slogan tanto roboanti quanto privi di contenuti, tanto arditi quanto inutili, tanto generosi quanto interessati.

Livio Artusi

 

Le balle del “Riformista” su Ottaviano Del Turco

Il Senato ha bloccato il pagamento del vitalizio a Ottaviano Del Turco che si trova in difficoltà economiche ed è gravemente malato. Ma com’è stato possibile che un uomo che per lungo tempo è stato il presidente di una delle più potenti sigle sindacali e poi parlamentare per più legislature, in corsa per la carica di presidente della Repubblica, ministro, deputato europeo, presidente della regione Abruzzo e che quindi ha certamente goduto di un reddito elevato, abbia potuto ridursi in povertà?

Pietro Volpi

Infatti è una balla del Riformista. Ottaviano Del Turco ha un Isee di 137 mila euro, un reddito di 92 mila e un patrimonio immobiliare personale di oltre 294 mila. È quanto risulta dalla documentazione da lui stesso fornita al Senato nella richiesta di non annullargli il vitalizio in barba a una norma del Parlamento valida per tutti i pregiudicati per tangenti come lui.

M. Trav.

 

Vaccini, la libera scelta mette a rischio i pazienti

Da affezionata lettrice del Fatto, mi piacerebbe molto che ospitaste anche un contraddittorio tra chi sostiene che i neonati vaccini sono assolutamente sicuri ed efficaci e chi invece la pensa diversamente, senza essere un no vax. Non vorrei essere nei panni di quegli operatori sanitari che a breve resteranno senza stipendio per avere fatto una libera scelta. Temo che da lì a punire altre categorie di lavoratori, il passo sia breve.

Emanuela Burattoni

Cara Emanuela, la “libera scelta” dei sanitari no vax implica possibili contagi sui pazienti. E questo è intollerabile.

M. Trav.

 

Le reazioni dei lettori agli ultimi dati del “Fatto”

Ho letto dei dati confortanti che riguardano il numero di copie vendute del Fatto. Voi ringraziate i lettori, io ringrazio voi per il vostro impegno e per l’informazione onesta e pulita che riuscite a fare.

Diego Merigo

“Il Fatto cresce del 47% in un anno e la editoriale Seif chiude il 2020 ritornando in utile (…) Grazie a lettori e abbonati: è merito vostro.” No, è merito dei giornali mainstream. Sono abbonato, oltre che al Fatto, a La Stampa. Fra peana, moralismi déplacés e partiti presi, si fa davvero fatica a leggerla. L’offerta informativa è come quella politica: se uno non trova più consonanza con la propria sensibilità, passa ad altro.

Paolo Giusta

Con Conte tornano pure le cavallette

 

“Conte rinvia i nodi M5S – delusione degli eletti”.

“Il Messaggero”

Giovedì sera, a “Piazzapulita”, schermata sugli ultimi sondaggi. Per la maggior parte degli interpellati, riguardo ai risultati della lotta alla pandemia e della campagna di vaccinazione, non vi sono differenze tra il governo Conte e il governo Draghi. Carlo Calenda scuote la testa, e no così non vale, caspiterina le differenze ci sono eccome. Egli vigorosamente segnala un deciso, netto, efficace cambio di passo dei Migliori rispetto al recente cupo passato. Altro orrore: Mario Draghi registra un calo di gradimento. Vabbé, sarà come dicono gli esperti del ramo “un rimbalzo tecnico”, come capita a certi titoli in Borsa dopo settimane di forti rialzi. Coraggio. Si passa alla classifica dei leader più popolari: Giorgia Meloni, e subito a ruota Giuseppe Conte. Conte??? Smarrimento e sconcerto. Chi, l’inadeguato Giuseppi? Il premier per caso mandato a casa prima che si producesse in nuovi sfracelli? L’avvocato di Volturara Appula destinato a tornare nell’ombra, al dimenticatoio, al ripostiglio della politica, al sottoscala della storia una volta cacciato da Palazzo Chigi? Cavolo, questo più lo mandi giù e più si tira su. Chissà cosa c’è sotto. L’affranto Calenda tenta di spiegare il bizzarro fenomeno come effetto della lunga esposizione del controverso soggetto ai piani alti del potere. Insomma, un altro rimbalzo tecnico. Sul giudizio che merita, anzi demerita Conte resta incomprensibile il forte divario tra base e altezza, tra élite e popolo (ah signora mia sono i guasti del suffragio universale). Calma, non tutto è perduto, a sistemare una volta per tutte il molesto intruso ci penseranno i mugugnanti grillini, sembra, assai delusi dallo streaming dell’altra sera (è scritto sui giornali dell’informazione unica e va preso come un atto di fede). Senza contare le accuse di epidemia colposa. Le spie russe. Il favore delle tenebre. Le cavallette!!!

 

Le follie di aprile: dal caldo sahariano al freddo invernale

In Italia – Un tenace anticiclone ha determinato tempo soleggiato e molto caldo in vista della Pasqua, con temperature fino a 10 °C sopra media al Centro-Nord. Mercoledì 31, nuovi record di caldo per marzo all’osservatorio di Pontremoli, in Lunigiana (25,8 °C, serie di dati dal 1929), a Firenze (28,2 °C, dal 1931) e Arezzo (25,8 °C, dal 1957). Il 1° aprile sulle Alpi occidentali comparivano i primi temporali di calore dell’anno mentre la nebbia avvolgeva Genova e La Spezia per l’aria calda in scorrimento sul mare ancora freddo, come già avvenuto lo scorso 24 febbraio. Di nuovo polvere sahariana nell’aria, intanto la siccità prosegue: incendio boschivo da 80 ettari venerdì presso Tolmezzo, e dopo un marzo tra i più secchi in oltre un secolo (meno di 1 mm di pioggia a Torino e Piacenza) il Po ha ridotto ulteriormente la portata, quasi dimezzata rispetto al normale presso Ferrara e simile a quanto si dovrebbe avere a fine agosto. Da oggi e specie a metà settimana tornerà freddo con alcune precipitazioni, anche nevose a bassa quota, ma al Nord le grandi piogge di primavera si faranno ancora attendere. Martedì 6 aprile, sotto il coordinamento scientifico dell’Università di Milano-Bicocca, verrà avviato il progetto “Ada270” di perforazione del ghiacciaio del Mandrone (Adamello): si punta al carotaggio glaciale più profondo mai realizzato in Italia (270 metri) con l’obiettivo di ricostruire le variazioni di clima e ambiente degli ultimi secoli nelle Alpi centrali prima che la fusione del ghiaccio comprometta per sempre le informazioni custodite in questo grande archivio naturale.

Nel mondo – In attesa di una settimana invernale, l’Europa ha vissuto giorni precocemente estivi con un’ondata di caldo talora senza precedenti in questo periodo dell’anno: primati di temperatura massima per marzo battuti in centinaia di località, tra cui Parigi (26,0 °C), Lubiana (25,3 °C) e Badajoz in Spagna (32,4 °C), ma anche nuovi record nazionali in Belgio (26,8 °C), Olanda (25,9 °C), Lussemburgo (26,3 °C) e Germania (27,2 °C). Inoltre ancora caldo estremo dalla penisola arabica al lontano Oriente, nuovi primati marzolini in Oman (42,8 °C) e Pakistan (45,5 °C); inediti in più di un secolo anche i 18,3 °C di Sapporo, città fredda e nevosa del Nord del Giappone. Peraltro il Paese del Sol Levante, nel suo marzo più caldo mai registrato con 2,8 °C sopra media, ha visto la piena fioritura dei ciliegi già il giorno 26 a Kyoto, data più anticipata in ben dodici secoli, ovvero dall’anno 812 (è la più lunga serie al mondo di osservazione delle fasi stagionali della vegetazione). I sei mesi di notte artica sono finiti, al Polo Nord è rispuntato il sole, e il ghiaccio marino comincia a regredire dopo aver toccato il suo massimo invernale di 14,77 milioni di chilometri quadrati il 21 marzo, valore tuttavia all’ottavo posto tra i più modesti in 43 anni di misure satellitari. Cinque vittime per le alluvioni in Tennessee, ma aridità e incendi in South Dakota, dove è stato chiuso l’accesso al monumento nazionale del Mount Rushmore. Uno studio coordinato da Ulf Büngten dell’Università di Oxford (“Recent European drought extremes beyond Common Era background variability”, su Nature Geosciences), rivela che in Europa centrale c’è stata una diminuzione delle piogge estive negli ultimi due millenni, e le siccità successive al 2015 risultano le peggiori di questo lunghissimo periodo, probabilmente con il concorso del riscaldamento globale. Quanto meno la previsione di eventi come le siccità recentemente è assai migliorata a beneficio della gestione delle risorse idriche, e ulteriori progressi sono attesi nel prossimo decennio come spiega il rapporto “Future of weather and climate forecasting” pubblicato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale.

 

Pasqua, vita nuova. La morte non è la fine di tutto. Ma ci vuole la fede

Della risurrezione di Gesù i testi dei Vangeli non narrano veramente l’evento ma solo il suo annuncio. Nel Vangelo di Luca, per esempio, leggiamo che “Maria Maddalena, Giovanna, Maria, madre di Giacomo, e le altre donne che erano con loro” (24,10) si recano al sepolcro “portando gli aromi che avevano preparati. E trovarono che la pietra era stata rotolata dal sepolcro. Ma quando entrarono non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre se ne stavano perplesse di questo fatto, ecco che apparvero davanti a loro due uomini in vesti risplendenti; tutte impaurite, chinarono il viso a terra; ma quelli dissero loro: ‘Perché cercate il vivente tra i morti? Egli non è qui, ma è risuscitato; ricordate come egli vi parlò quand’era ancora in Galilea, dicendo che il Figlio dell’uomo doveva essere dato nelle mani di uomini peccatori ed essere crocifisso, e il terzo giorno risuscitare’. Esse si ricordarono delle sue parole. Tornate dal sepolcro, annunciarono tutte queste cose agli undici e a tutti gli altri. (…) Quelle parole sembrarono loro un vaneggiare e non prestarono fede alle donne. Ma Pietro, alzatosi, corse al sepolcro; si chinò a guardare e vide solo le fasce; poi se ne andò, meravigliandosi dentro di sé per quello che era avvenuto” (24,1-12).

In altri casi è diverso: la risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11) è raccontata per esteso e anche con qualche dettaglio (il grido “Lazzaro, vieni fuori”, le fasce che avvolgono le mani e i piedi e un asciugatoio per il viso); così la risurrezione della figlia di Iairo (“Gesù la prese per mano e disse ‘Talità cum!’, che tradotto vuol dire: ‘Su, bambina, alzati’”, Marco 5,41); lo stesso accade per la risurrezione del figlio della vedova di Nain (“Ragazzo, te lo dico io, alzati! Il morto si alzò e si mise a sedere e cominciò a parlare”, Lc. 7,14s). Della risurrezione di Gesù, invece, sappiamo solo della tomba vuota e dell’annuncio degli angeli alle donne. Poi, certo, vengono narrate le apparizioni del Gesù Risorto, ma su come sia avvenuta la sua risurrezione i Vangeli tacciono. Come mai? Per preservare i credenti dalla tentazione di rappresentare o disquisire in modo morboso sui dettagli di questo evento?

Resta il fatto che, nelle narrazioni evangeliche, il racconto di Pasqua è concentrato sull’annuncio alle donne e di queste ai discepoli. Donne che si erano recate al sepolcro con gli aromi che avevano preparato per rendere l’estremo e dignitoso omaggio al corpo di Gesù che era stato frettolosamente deposto nel sepolcro il venerdì sera. L’atmosfera che si respira nel primo versetto è intrisa di quel cupo dolore e sconcerto che aveva dominato il venerdì della crocifissione e che avvolge tutti noi quando andiamo al cimitero: col pensiero rivolto al passato, a episodi accaduti, a occasioni non colte, a parole dette o non dette. All’inizio, per loro – come lo sarà per gli altri discepoli e anche per Pietro, e come lo è per noi oggi – sarà difficile accettare che la morte non sia la fine di tutto ma, con la speranza della fede, sia la possibilità di una nuova vita, di un nuovo impegno, di una nuova comunità di donne e uomini solidali. Prima di quell’annuncio tutto era morto, ora invece tutto ritorna in vita. Perciò è Pasqua.

Termina così il mio ciclo di riflessioni iniziato nel gennaio dell’anno scorso. Ringrazio il direttore e i suoi collaboratori per l’opportunità che mi è stata data di rivolgermi a voi. Come si augura ogni predicatore, spero di aver potuto far risuonare in voi non tanto le mie parole quanto piuttosto quelle di una tradizione spirituale molto antica eppure attuale più che mai.

 

Attacco da destra. Ong, virus e “strage di Stato”

Tre ondate potenti e diverse di uno tsunami distruttivo stanno investendo l’Italia, manovrate da personale che sta dentro il governo, contro il governo e in alleanza con la parte dichiaratamente fascista dell’Ue.

La prima ondata è un accanito impegno, anche da livelli credibili, a persuadere sull’imbroglio del virus. Sappiamo tutti che è facile ascoltare nelle code dei supermercati la storia dei decessi per Covid moltiplicati dagli ospedali per avere i “lauti compensi” che spettano a medici, dirigenti e amministrazioni, se il male è la pandemia. Ma non c’era mai accaduto di trovare un articolo di denigrazione della pandemia e di tutta la mobilitazione che comporta (“8 pazienti su 10 finiscono vittime di gravi patologie che non c’entrano nulla con il virus”) firmato da Alberto Zangrillo: “Dobbiamo correggere questa irresponsabile tendenza alla drammatizzazione… Nel recente passato abbiamo pensato di vincere eseguendo quanti più tamponi possibile mentre il più credibile campanello d’allarme è il sintomo da riconoscere al volo… La realtà negli ospedali è completamente diversa da quella narrata quotidianamente” (pag. 1, Il Giornale di ieri). Anche se il testo di Zangrillo non comparirà su Lancet né su alcun giornale medico del mondo impegnato nella lotta al Covid-19, un servizio è fatto. Occorre riaprire tutto e obbedire agli imprenditori, come ripete invano l’ex ministro dell’Interno e neo imputato Salvini (per sequestro di persona, ndr) mentre passeggia, come in un cinegiornale di Hitler, accanto ai leader fascisti d’Ungheria e Polonia.

La seconda violenta ondata di tsunami contro quel che resta della democrazia italiana è l’avere scoperto che un gran numero di giornalisti italiani è intercettato e registrato da alcuni magistrati di Trapani che si sono dati, su denuncia di Salvini o Minniti, il compito di accertare se e in che modo le organizzazioni volontarie di salvataggio dei naufraghi nel Mediterraneo siano, tramite i giornalisti, in contatto con i mercanti di uomini e “i trafficanti di carne umana” (che sono, certo, criminali, ma meno di coloro che le barche le affondano o le restituiscono a pieno carico ai libici).

Il traffico di intercettazioni scoperto è due volte illegale. Perché avviene senza che vi sia alcuna ragione o giustificazione giudiziaria per un provvedimento così grave e modellato sulle inchieste di mafia. E perché l’intercettazione ingiustificata e segreta interferisce illegalmente sul libero lavoro di professionisti dell’informazione. Ma c’è un caso dentro il caso (sto citando dal quotidiano Domani) che rende ancora più grave la vicenda. I giudici di Trapani in cerca di Ong pirata hanno intercettato una giornalista mentre parlava con il suo avvocato, in Egitto, sul caso Regeni, su cui polizia e giustizia italiana non hanno fatto ancora alcuna luce. Il caso è grave perché tocca, come nei colpi di Stato, la libertà dei giornalisti. È grave perché i giornalisti (si tratta dei protagonisti presenti sulle scene di salvataggio e di morte) devono essere liberi di contribuire, con quello che sanno e che hanno visto, alla difesa delle Ong (non una sola organizzazione umanitaria, dopo anni di accanito impegno persecutorio, è imputata per i pesanti reati indicati da certi giudici nelle prime indagini). Il caso è grave perché nessuno, governo o non governo, ha voluto prendere parte alla penosa disputa.

Il terzo colpo di tsunami, che scuote e tenta di distruggere ciò che dovrebbe tener insieme il Paese è “La strage di Stato”, gravissima accusa di falsificazione di tutta l’informazione sulla vicenda Covid-19, non per la litigata e i malumori sul “chiudere e aprire” ristoranti e fabbriche, guidati implicitamente da Zangrillo e ad alta voce da Salvini, ma perché ambientata nell’ambito culturale e politico del grande complotto finanziario-ebraico che in Europa fa capo, come è noto, al grande nemico di Salvini e Orban, George Soros. “Strage di Stato” – purtroppo rafforzato dalla impetuosa e non ponderata prefazione di un magistrato come Gratteri – è il primo libro di denuncia del presunto “imbroglio Covid” arrivando in modo diretto ed esplicito a indicare gli ebrei come agenti della enorme messa in scena e del costo immenso della vicenda detta pandemia. Impossibile non notare il rapporto tra le tre scosse di tsunami, e la furia e il rancore che sta mettendo in azione una forza oscura e pericolosa. Il fascismo vuole la sua rivincita, in una versione ridisegnata e apparentemente nuova, come si è visto nell’attacco a Capitol Hill il 6 gennaio, a Washington.

 

Caro Furio, mi spiace di doverti contraddire, ma diversi esponenti di alcune Ong sono indagati per precise ipotesi di reato (non da Minniti o da Salvini o da fascisti, ma da magistrati – pm e giudici – autonomi e indipendenti da ogni altro potere, come prevede la nostra Costituzione); i giornalisti intercettati sono uno (gli altri sono stati ascoltati mentre parlavano con indagati, essi sì intercettati); la legge consente di intercettare chiunque sia in contatto con persone indagate o sospettate di reati; non c’è alcun attacco alle Ong, ma una serie di doverose indagini giudiziarie finalizzate ad accertare ipotesi di favoreggiamento agli scafisti, che dovrebbe essere nell’interesse di tutti fermare nei loro loschi traffici e arrestare, non aiutare o proteggere. Ciò detto per dovere di cronaca, siamo un giornale libero e pubblico il tuo punto di vista, anche se non lo condivido.
Marco Travaglio

 

La moglie contesa tra il fesso mercante e il soldato aitante

Dai racconti apocrifi di Alexander Korda. A Ishafan, una città della Persia, viveva una donna dal corpo voluttuoso di nome Azadeh. Aveva sposato un ricco mercante di stoffe di nome Saeed: basso, zoppo, irritabile, poco dotato, trattava la moglie con disprezzo, e a volte la picchiava; ma, benché non lo sapesse, aveva quello che si meritava, poiché ogni mattina, non appena andava al lavoro, un giovane soldato, alto e muscoloso, entrava dentro casa sua, dentro il suo letto e dentro sua moglie. Dopo qualche tempo, la coppia clandestina decise di facilitarsi le cose e tacitare i pettegolezzi: affittata la casa dirimpetto, il soldato fece scavare un tunnel per collegare le due abitazioni, e Azadeh disse a Saeed che la sorella era venuta ad abitare col proprio sposo, un soldato, nella casa di fronte. Quando il mercante si recò a salutarli, come imponevano le usanze, il soldato disse di essere suo cognato e gli presentò la moglie, seduta mollemente su cuscini kilim posti su un morbido tappeto. Il mercante sbalordì: quella donna era identica ad Azadeh! Balbettò qualche frase, ma, sopraffatto dai dubbi, chiese scusa e tornò a casa. Azadeh corse lungo il tunnel, e aspettò Saeed di là, imbottigliata in una veste diversa. “Perché quella faccia?” gli chiese al suo ingresso. E lui: “È incredibile. Tua sorella è identica a te”. “Sì, e anche la voce è molto simile. Le hai parlato?”. “No, ma lo faccio subito”. E tornò di là. Azadeh lo precedette di nuovo lungo il tunnel. Vedendola, stavolta in una tunica color giallo emicrania, Saeed restò a bocca aperta. “Qualcosa non va?” gli chiese Azadeh. “Sei identica a tua sorella! Anche nella voce!”. La donna e il soldato risero di cuore, e gli offrirono un sorbetto di semi di basilico, carico d’oppio. Quando Saeed cadde nel sonno e prese a russare, il soldato passò all’azione: gli tagliò i capelli a zero, lo vestì con un’uniforme da soldato, gli mise in una tasca alcune monete, e gli infilò nella manica una lettera apocrifa con cui il visir Nizam al-Mulk ordinava al capo della polizia di Baghdad di arruolare nella banda della guarnigione il latore della missiva, “Tutush Arslan”. Infine trasportò il mercante addormentato sui gradini di una moschea e lo lasciò lì. La mattina il mercante si svegliò, e barcollò confuso verso una fontana a bere un sorso d’acqua. Specchiandosi, disse: “Devo essere un soldato”. E stava dirigendosi verso la caserma, quando pensò: “Ma no! Io sono Saeed il mercante!”. E tornò verso casa. Azadeh fece finta di non riconoscerlo: “Soldato!” urlò. “Come ti permetti di entrare nella casa di Saeed il mercante? Vuoi che la gente mi dia della svergognata? Lo sai che mio marito è un fornitore del sultano? Vuoi farti tagliare la testa?”. “Ma sono io tuo marito!” sbraitò lui, percuotendosi il petto col pugno. “Cos’hai lì?” domandò la moglie, indicandogli la manica. Saeed, stupito, srotolò la piccola pergamena e lesse: “Dice che mi chiamo Tutush e mi aspettano alla guarnigione di Baghdad”. “E allora vattene, prima che torni mio marito”. Saeed uscì più confuso di prima. Gli venne un’idea. Gli altri mercanti della via sicuramente lo avrebbero riconosciuto! Ma ogni bottegaio della città sapeva la chiacchiera: un soldato straniero se la faceva con la moglie di Saeed. E tutti sospettavano delle proprie mogli: non le amavano, però ne erano gelosi. Così, quando uno di loro vide Saeed che, in divisa da soldato, usciva da casa sua, gridò: “Ecco il soldato che disonora Saeed. E se accadesse anche a noi?”. “Diamogli una lezione!” gridò un altro. Sono spassi gratuiti che non si godono tutti i giorni. Al funerale di Saeed furono ammirati tutti gli amanti passati della moglie, e anche uno di quelli futuri.

 

Il “patto” per Napoli su De Luca jr.

Chiamatelo baratto o ricatto. Da qui non si scappa. Non ci sono altre chiavi di lettura della nomina di Piero De Luca a capogruppo vicario della Camera in ticket con Debora Serracchiani. Bisognava promuovere a qualcosa il deputato 41enne figlio di Vincenzo De Luca, estromesso dall’esecutivo Draghi e dalla segreteria Letta, due giostre sulle quali non è riuscito a salire. Oppure il governatore della Campania un giorno sì e l’altro pure si sarebbe messo di traverso al tavolo del centrosinistra allargato al M5S per il voto a Napoli. Perché De Luca senior a Napoli è una versione ritoccata del Jep Gambardella di Sorrentino: ha il potere di fare fallire quel tavolo.

Così Letta ha dovuto cedere. La nomina è passata in quota Luca Lotti, Base Riformista, che con De Luca jr ha un rapporto forte, saldato nel 2016, con la sfortunata campagna referendaria di Renzi. Piero De Luca fu coordinatore scientifico per il Sì in Campania, ruolo inaugurato all’Hotel Mediterraneo di Napoli in una convention di cui si ricorda una solare Boschi al suo fianco e Vincenzo De Luca in silenzio in prima fila. Come un papà premuroso a una recita scolastica del figlio.

A Napoli fu un debutto. Piero De Luca preferiva (e preferisce) concentrare le sue incursioni politiche su Salerno, città che papà amministra direttamente o per interposta persona dal 1993. Salerno è la città dove anche Piero spadroneggia, tranne che per un incidente giudiziario: un rinvio a giudizio per la bancarotta fraudolenta della Ifil, una società che gli avrebbe regalato biglietti aerei per il Lussemburgo (dove lavorava come Referendario presso la Corte di Giustizia dell’Ue), negli anni in cui Ifil gravitava intorno agli appalti pubblici salernitani, il processo è iniziato nel 2017 e si trascina stancamente, la Procura non ha ancora concluso l’esame dei suoi testi. Il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli ha di fatto consegnato a De Luca jr le chiavi della casa comunale, diventata il megafono dei suoi annunci e dei suoi incontri con le categorie produttive e gli ordini professionali. “Usa il Comune come fosse casa sua”, protesta il coordinatore FdI, Roscia.

È ancora presto per capire se l’unico merito di Piero De Luca sia il cognome che porta. Per ora tutto porta verso quella direzione. A cominciare dalla genesi della candidatura, non proprio meritocratica: fu imposta a Renzi da Vincenzo De Luca in persona, che un bel giorno di gennaio 2018 mollò tutto per scappare a Roma qualche ora e fare la voce grossa al Nazareno.

L’incarico in quota Luca Lotti

sperava in un incarico di governo, Piero De Luca. La speranza delusa è stata risarcita con la nomina a capogruppo vicario alla Camera, vice di Debora Serracchiani, scelta da Enrico Letta come esempio di svolta al femminile dopo le polemiche sul partito che promuove solo maschi. A spingere la sua nomina l’ex ministro Luca Lotti

Gli uomini del presidente: altra infornata Pd nel Lazio

Il presidente del Pd Lazio assunto a tempo indeterminato in Regione Lazio come esperto statistico. L’ex collaboratore del ministro De Micheli nominato nuovo capo segreteria del governatore Nicola Zingaretti. L’assessora sacrificata per fare spazio in Giunta al M5S designata a capo di una struttura tecnica ad hoc, con stipendio vicino a quello del suo precedente incarico. Il Fatto nei giorni scorsi ha raccontato per primo il caso del concorso del comune di Allumiere – 3.800 abitanti in provincia di Roma – dal cui elenco-idonei il Consiglio regionale del Lazio e il comune di Guidonia hanno pescato 24 assunzioni definitive. Queste hanno premiato, in gran parte, collaboratori fiduciari dei consiglieri regionali dem (ma anche di Lega e M5s), militanti e addirittura un consigliere capitolino. La vicenda ha dato il via a un’istruttoria amministrativa aperta dall’opposizione. La commissione d’indagine regionale non è ancora stata varata, ma Fratelli d’Italia – che ne otterrà la presidenza – è già al lavoro nel mettere insieme assunzioni e nomine recenti che, a giudizio del partito di Giorgia Meloni, vanno approfondite.

Nella cartellina di FdI sono finiti anche gli atti del concorso che il 25 febbraio 2021 ha sancito l’inquadramento “a tempo pieno e indeterminato” di 14 esperti statistici (sui 20 posti in palio) categoria D/1 (personale non dirigente) “per il potenziamento dei centri per l’impiego e le politiche attive del lavoro”. Nell’elenco dei vincitori, alla posizione numero 10, c’è Andrea Alemanni, attuale presidente del Pd Lazio e, il 26 novembre 2020, nominato da Zingaretti nel cda dell’Istituto romano San Michele. Dal suo cv si apprende che il dirigente Dem, classe 1981, nel 2005 si è laureato con 110 e lode in statistica economica alla Sapienza e che, fra il 2014 e il 2018, ha lavorato a Palazzo Chigi nel dipartimento Funzione pubblica. “Non c’entra nulla il mio caso con quello di Allumiere – chiarisce – È stato un concorso regolare, ho studiato due anni con molti sacrifici e superato prove difficilissime. Sono ampiamente qualificato”. In un’intervista pubblicata venerdì su Roma Today, il presidente del Pd Lazio ha dichiarato che “Zingaretti candidato a sindaco di Roma vincerebbe a mani basse” e che “un disastro come quello di Virginia Raggi non l’ho mai visto”.

All’attenzione delle opposizioni sono finite anche le nomine fiduciarie. Ad esempio quella di Andrea Pacella, ex tesoriere dei Giovani democratici e collaboratore, fino a gennaio scorso, dell’ex ministra dei Trasporti, Paola De Micheli. Pacella è stato nominato il 24 marzo nuovo responsabile della segreteria politica di Nicola Zingaretti e lavorerà a stretto contatto con il governatore. Il suo nome era finito nel calderone mediatico lo scorso anno per aver ospitato nella sua abitazione romana, il 1 maggio 2020 – a lockdown non ancora concluso – un pranzo al quale parteciparono anche il capo di gabinetto di Zingaretti, Albino Ruberti, e la consigliera Pd Sara Battisti. Ruberti e Battisti, all’arrivo della polizia – allertata da alcuni vicini – diedero in escandescenza e la segnalazione finì in commissariato.

Fa discutere anche il nuovo incarico assegnato a Giovanna Pugliese. L’ormai ex assessora regionale a Turismo e Pari opportunità dal 12 marzo ha dovuto fare spazio alla pentastellata Valentina Corrado, in nome della nuova alleanza Pd-M5s in Regione. Un sacrificio che però non ha lasciato la dirigente senza un ruolo alla Pisana. Per lei, infatti, Zingaretti in persona ha chiesto la creazione di una “struttura autonoma” ad hoc, denominata “Cinema”, di diretta collaborazione con il Gabinetto del governatore, retribuzione di 115mila euro lordi annui. L’ex assessora è una dipendente di Zetema, società di Roma Capitale di cui Ruberti – capo di gabinetto di Zingaretti – è stato presidente per circa un decennio. Sul caso ha presentato un’interrogazione la Lega.