C’è un mostro nell’angolo oscuro della casa infestata. Oppure è una donna? Spesso le cose coincidono, scrive Jude Ellison Sady Doyle, saggista statunitense e attivista femminista transgender, cinefilo. Il suo Dead blondes and bad mothers, ovvero “bionde morte e madri cattive”, tradotto da Tlon come Il mostruoso femminile, sostiene che tutto l’immaginario della paura occidentale, dai miti sumeri all’horror, si è fondato sulla paura delle donne, viste come “altro” pericoloso dal punto di vista maschile. Ma il genere sta cambiando, racconta Doyle.
Si può dire che il suo sia un saggio sul genere horror?
Ho iniziato guardando praticamente ogni singolo titolo della categoria horror di Netflix. Poi sono passato al true crime, poi ho cominciato a rispolverare i miti sumeri, le leggende irlandesi sui mutaforma. È incredibile quanto certe figure siano rimaste uguali nel tempo. C’è un film degli anni 90 intitolato Species, Specie mortale, su una donna che in realtà è un serpente alieno che prima seduce gli uomini e poi li uccide. È il peggior film che abbia mai visto, però richiama il mito di Lamia, la donna serpente che si finge umana per sposare un uomo. Diciamo che attraverso la mitologia ho trovato il bandolo della matassa di immaginario di cui volevo parlare.
Ecco, appunto, qual è lo scopo del libro?
Lo scopo è parlare del fatto che viviamo in una società fondata sull’idea che solo gli uomini bianchi senza disabilità e che non hanno mai fatto sesso con altri uomini siano umani, e tutti gli altri sono esseri mostruosi o comunque non del tutto umani. Penso che le narrazioni definiscono i valori. Se cresci vedendo film in cui le donne transgender sono solo mostri o serial killer, diventa difficile pensare che nella realtà sono spesso vittime di violenza. Penso che se una cultura dipinge costantemente un gruppo di persone come mostruoso, strano o pericoloso sta indirettamente orientando la violenza in quella direzione.
Tra i vari esempi c’è l’Esorcista come metafora della pubertà femminile…
C’è questa bambina posseduta che inizia a masturbarsi e imprecare. Ha scatti d’umore, la sua pelle esplode: cos’altro può essere, se non una spettacolarizzazione della pubertà?
Oppure di Alien come “maternità mostruosa”…
Sì, Alien fotografa sicuramente l’orrore dell’idea di avere un corpo che può contenere altri corpi. È una paura primordiale. Alla fine il motivo per cui guardiamo questi film è proprio per avere uno spazio dove sfogare le paure della vita. Uno guarda Alien e pensa “Ok, questa cosa del parto è un casino. Sembra doloroso, non voglio farlo”.
Lo stigma del mostruoso di cui parla la riguarda personalmente, in quanto trans?
Il libro l’ho scritto prima della transizione. All’epoca ero incinta. In realtà non sono più tornato sul libro dopo perché ho paura di rileggere cose in cui non mi riconosco più. Non dico che lo rinnego. Penso sia una specie di fotografia di com’ero in quel momento. Lì parlo di femminilità, concezione patriarcale, costruzione sociale del genere. Penso si veda che stavo elaborando il fatto che non voglio necessariamente essere una donna, che mi sentivo costretto in un ruolo in cui non stavo bene.
Direbbe che questo libro è un documento della sua transizione?
Di sicuro ho messo al centro il tema del corpo. Fino a che punto scrivere di corpi era un modo per capire come vivere nel mio? Ho scritto di eterosessualità e bisessualità, di mutaforma. Nel libro ci sono un sacco di uomini che sposano donne che non sono esattamente donne. Parlo molto di Jurassic Park, con il suo caos sessuale: dinosauri mostruosi che cambiano sesso e si mettono incinta a vicenda. Alla fine credo le storie dell’orrore servano anche a trovare il “tuo” mostro, la parte mostruosa di ognuno di noi. Spero i mostri di questo libro aiutino le persone a tirare fuori i loro lati nascosti.
Quindi ci sono anche mostri “buoni”, una narrativa mostruosa positiva?
Un esempio è il film Babadook di Jennifer Kent. La protagonista è una mamma single che non arriva a fine mese, che a un certo punto viene posseduta. La ragione per cui trovo quel film così sorprendente è che la possessione demoniaca è un topos, però stavolta il demone entra in una donna che suscita empatia. Mi sembra una cosa nuova, un mostro raccontato dal punto di vista di una donna. E fa paura lo stesso. Spero di vedere presto horror più consapevoli sulla transessualità. Mi entusiasma l’idea di vedere storie raccontate da persone tradizionalmente dipinte come mostri.
L’horror sta cambiando?
C’è tutta una scuola di registe horror donne, come Karyn Kusama di Jennifer’s body e The Imitation, che mi interessa molto. Ho letto che farà un adattamento di Dracula, e anche Chloe Jannik sta girando un film sul vampiro. Secondo me queste registe contribuiranno a cambiare il modo in cui pensiamo i mostri e la paura.