Nonostante un crollo di lavoro nei campi che nel 2020 ha toccato i tre milioni di giornate, come stimano i sindacati, il decreto Sostegni non ha destinato nemmeno un centesimo per i precari dell’agricoltura. Ci sono sgravi per le aziende, ma di indennità per gli operai nemmeno l’ombra. Ecco perché stamattina Flai Cgil, Fai Cisl e UilA manifesteranno a Roma: “Il governo ha dimenticato i braccianti – dicono – e noi facciamo sì che se ne ricordino”. La svista, se così si può dire, è un difetto ereditato dai precedenti provvedimenti, quelli approvati a fine 2020 quando al ministero sedeva Teresa Bellanova. I lavoratori impegnati nelle raccolte stagionali, infatti, hanno finora avuto solo due bonus: 600 euro dodici mesi fa, a inizio pandemia, e 500 euro un mese dopo. Dall’estate non sono più stati considerati, malgrado l’attenzione riservata ai lamenti degli imprenditori agricoli. Tra l’altro, i pochi contributi ricevuti hanno pure sbarrato la strada al Reddito di emergenza, in quanto incompatibili con il sussidio.
Prima di dimettersi e innescare la crisi di governo, la ministra renziana aveva puntato su due punti: la sanatoria degli irregolari, che ha fatto emergere quasi esclusivamente colf e badanti, e il bonus ristorazione del quale doveva beneficiare indirettamente il settore agricolo, ma che ha visto arrivare i decreti attuativi solo un attimo prima di disporre le chiusure dei ristoranti stessi. Insomma, due flop. Zero integrazioni al reddito per i dipendenti a termine di campagne e agriturismi, con i redditi colpiti soprattutto dalla crisi dell’ho.re.ca (hotel, ristoranti, catering e bar). “I braccianti hanno purtroppo tutte le carte in regola per essere i primi destinatari del provvedimento – fa notare il segretario Uila Stefano Mantegazza – ma non sono contemplati. Non per alimentare guerre tra poveri, ma ci sono misure per le partite Iva con riduzione di fatturato o appena aperte; ai braccianti nulla”. In agricoltura operano oltre 1 milione di persone, 900 mila a tempo determinato e, di questi, 600 mila superano le 51 giornate annue, il minimo per accedere alla disoccupazione a fine contratto: quest’anno, visto il calo delle giornate lavorate, molti non riusciranno a prendere l’assegno di disoccupazione. “Chiediamo di considerare le giornate lavorate nel 2019 anche per il 2020 – suggerisce il segretario Flai Giovanni Mininni – affinché possano raggiungere il livello minimo per avere l’ammortizzatore sociale”. La richiesta principale, però, è ammettere gli stagionali agricoli alle indennità previste per quelli del turismo.
Intanto, come ogni primavera, le aziende reclamano il ritorno dei voucher, quelli esplosi tra il 2015 e il 2016 poiché permettevano di pagare i lavoratori solo per le ore strettamente necessarie e senza contratto. Oggi esiste una nuova versione con molti più vincoli rispetto ai vecchi e proprio il settore agricolo è tra quelli autorizzati a farne uso. Alla Coldiretti non basta e il 19 marzo ha rilanciato, di nuovo parlando di carenza di manodopera straniera dovuta ai confini bloccati. I sindacati rispediscono la richiesta. “In questi giorni – dice il segretario Fai Cisl, Onofrio Rota – cominciano i raccolti di fragole e pesche e già sentiamo parlare di mancanza di manodopera. Come vogliamo rispondere? Rendendo ancora meno attrattivo il lavoro agricolo? Negando perfino un’indennità una tantum?”. Alle associazioni di datori, i sindacati chiedono piuttosto di rinnovare i tanti contratti collettivi provinciali scaduti da 15 mesi.