Ci risiamo. Come dopo ogni tregua nell’aumento dei contagi, la Lega torna a cavalcare il tema delle riaperture, invocando fantomatici “ritorni alla vita” e auspicando la fine delle restrizioni per “ristoranti, teatri, palestre, cinema, bar, oratori, negozi”. Cioè per tutto, come se la pandemia fosse già alle spalle e come se la Lega non fosse al governo, dunque firmataria di tutte le chiusure volute finora da Mario Draghi e avallate dal Carroccio (“Spero sia l’ultimo sforzo”, disse Matteo Salvini). Senza dimenticare che in passato, in concomitanza con l’aumento dei contagi, i leghisti erano i primi a chiedere restrizioni severe.
Ma ora fuori dai Palazzi c’è un elettorato a cui solleticare la pancia riaperturista, grazie anche alla buona sponda di Italia Viva.
La trincea leghista. Ieri lo sfogo aperturista del Carroccio è diventato il caso del giorno, anche perché non più tardi di tre settimane fa erano stati gli stessi governatori leghisti a supplicare misure più severe visti i contagi fuori controllo. A dimostrazione della confusione in un partito dove ogni settimana si sentono posizioni diverse. Luca Zaia a inizio marzo parlava di “situazione grave” in Veneto e chiedeva in anticipo “la chiusura delle scuole”. Attilio Fontana ammetteva che “ce lo dicono i dati”, serve “una zona rossa perché “questo virus ha purtroppo due caratteristiche: è più veloce e attacca i giovanissimi”.
E poi era lo stesso Matteo Salvini , qualche mese fa, ad allargare le braccia davanti a numeri preoccupanti: “Se c’è necessità di fare un lockdown, lo si faccia”. D’altra parte “la salute degli italiani viene prima di tutto”. Anche Massimiliano Fedriga, non più tardi di tre settimane fa, firmava l’ordinanza per spedire buona parte del suo Friuli Venezia Giulia dal giallo all’arancione scuro, chiudendo le scuola medie e superiori. Stessa misura varata dal leghista Nino Spirlì in Calabria: “Scuole da chiudere senza se e senza ma”. Il tutto senza voler tornare a un anno fa, quando Salvini oscillava tra il “chiudere tutto e sospendere Schengen” e il “tornare alla normalità”.
Ieri invece, appena dopo pranzo, è proprio Salvini a fare la voce grossa: “È impensabile tenere chiusa l’Italia anche per tutto il mese di aprile. Chiediamo al presidente Draghi che dopo Pasqua, almeno nelle Regioni e nelle città con situazione sanitaria sotto controllo, si riaprano le attività chiuse e si ritorni alla vita a partire da ristoranti, palestre, cinema, bar, oratori, negozi”. Anche perché, giura Salvini, “qualunque proposta in Consiglio dei ministri e in Parlamento avrà l’ok della Lega solo se prevederà un graduale e sicuro ritorno alla vita”.
Un ultimatum fuori dal tempo e smontato da Draghi in conferenza stampa: “Le chiusure sono pensabili o impensabili solo in base ai dati dei contagi”. Nulla di sconvolgente, dopo un anno di bollettini e restrizioni a corrente alternata, eppure Draghi deve specificare che “la decisione dipenderà dai dati” anche perché la Lega fin dal mattino sceglie di alzare il tiro. Prima dell’intervento di Salvini c’è infatti l’agitazione del ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, a Radio Capital: “Da aprile in poi iniziamo ad aprire tutto”. Per prepararci a una grande estate: “Saremo tutti in zona gialla e vivremo l’estate come l’anno scorso senza tanti problemi. Non ci sono motivi che ci lascino pensare che quest’estate sarà diversa dalla scorsa, eviteremo i problemi coi tamponi e coi vaccini. Discoteche all’aperto? Perché no”.
Per non farsi mancare niente, alcuni parlamentari leghisti in mattinata partecipano anche alle varie proteste in piazza del settore dei luna park. La deputata Elena Maccanti manifesta a Torino: “Stamattina in piazza Castello al fianco dello spettacolo viaggiante che oggi chiede una data per la riapertura. La Lega c’è! Riapriamo i luna park”. Affinché non si corra il rischio di equivocare, in serata le solite “fonti leghiste” confermano la versione del partito alle agenzie: “Se con contagi alti si chiude, con contagi bassi si apre. Semplice. Non è possibile decidere adesso che per tutto aprile tutto rimarrà comunque chiuso, come vorrebbero i ministri Roberto Speranza e Dario Franceschini”. Dopo aver incolpato Giuseppe Conte di decidere le chiusure senza preavviso, insomma, adesso la Lega preferirebbe restrizioni di settimana in settimana o giù di lì, considerando che ad aprile mancano cinque giorni.
Uno dei più attivi è l’onorevole Claudio Borghi: “Lockdown e zone sono cretinate. Sto chiedendo ai colleghi della commissione Sanità di domandare audizioni di epidemiologi e statistici che si sono pubblicamente esposti contro i lockdown”. Altro virologo a sua (e nostra) insaputa è il senatore Armando Siri: “Penso che il Paese debba riaprire subito. La pazienza degli italiani che vogliono tornare a vivere finisce definitivamente il 6 aprile”. Alberto Bagnai, senatore, rilancia invece un tweet di Salvini: “Intervento del presidente Draghi in Senato, l’applauso più lungo quando pronuncia la parola ‘riaperture’, a partire da scuole e attività economiche e sociali. Bene”.
Non meraviglia perciò che tra i leghisti ci sia chi, come l’onorevole Flavio Di Muro, spera che “da aprile tra le attività consentite ci siano anche i casinò”. Per non dire del deputato Alessandro Pagano, che qualche giorno fa esortava il governo a riaprire le palestre “per salvare la popolazione dalla tirannide psicologica che la vuole ridurre a larve umane, schiave delle subdole e moderne dittature psico-sanitarie”.
Con Lucia Borgonzoni che da settimane, onorando la nomina a sottosegretaria alla Cultura, chiede la riapertura di “sale slot e bingo”, oltreché di “tanti altri settori che potrebbero riaprire senza grossi rischi”, tipo “musei e teatri”.
La sponda di iv. E invece l’entusiasmo corre veloce ai primi segnali incoraggianti, non solo nella Lega. Anche Italia Viva, sulla scia del suo leader, si preoccupa di riaprire, esortando il governo che ha tanto voluto – e in cui siede – a pensare in grande. La deputata Daniela Sbrollini non si dà pace: “La chiusura delle attività di parrucchieri e centri estetici in zona rossa è davvero incomprensibile”. Marco Di Maio festeggia “la riapertura delle scuole fino alla prima media”, Maria Elena Boschi si dice “felice che le nostre richieste siano state ascoltate”, ma subito Gabriele Toccafondi rilancia: “Siamo per l’apertura al 100 per cento delle scuole di ogni ordine e grado”.
Tutto e subito: se poi tra un mese saremo di nuovo in emergenza, basterà fare la faccia stupita e invocare nuove restrizioni.