I rider scioperano per un giorno: le aziende raddoppiano la paga a chi decide di lavorare

Paga quasi raddoppiata a chi non sciopera. Ieri, nel pieno della mobilitazione organizzata dalla rete “Rider X i diritti” in oltre 30 città italiane, i fattorini del cibo a domicilio hanno ricevuto messaggi di Deliveroo con offerte di maggiorazioni fino al 75% sulla retribuzione per chi avesse accettato di consegnare ordini.

Non è inusuale: le piattaforme propongono incentivi quando rischiano di non avere sufficienti rider operativi, specie il sabato sera con il picco di prenotazioni. Il fatto di averne fatto largo uso ieri, con percentuali più alte del solito, fa capire quanto temessero gli effetti dell’astensione proclamata dai sindacati autonomi insieme con Cgil e Uil. A Napoli, l’app britannica ha messo sul piatto un bonus tra le 14 e le 15, una fase della giornata in cui – spiegano i fattorini – iniziano in realtà a calare le richieste. A Milano ha prospettato un +25% nel primo pomeriggio e +60% in serata. “Mai arrivate prima promozioni così alte”, fa notare Davide Contu, che pedala nel capoluogo lombardo e ieri ha partecipato al corteo di circa 200 biciclette. Segno di come il movimento stia crescendo, dato che a ottobre la sfilata era partita con 50 persone. Anche Yiftalem Parigi, sindacalista Nidil Cgil a Firenze, è soddisfatto: “Ottima l’adesione dei clienti – racconta – e vari ristoratori ci hanno detto che sono crollate le ordinazioni”. La giornata, infatti, è stata chiamata il “no delivery day”, con l’obiettivo di spingere i consumatori a un boicottaggio di un giorno per solidarietà.

L’offerta di aumenti ai non scioperanti è un’altra diretta conseguenza di un settore in cui le aziende si fanno da soli le regole. Per le multinazionali, i rider sono autonomi, quindi non ci sono norme che vietino di proporre maggiori guadagni a chi resta in sella. Il fronte non è comunque unito. Mentre Just Eat sta per applicare il contratto della logistica ai suoi addetti, Deliveroo, Glovo e Uber Eats insistono sul “cottimo”, anche dopo che la Procura di Milano ha imposto alle aziende del settore l’assunzione di 60 mila rider: hanno fatto ricorso e rimangono aggrappate al contratto di comodo firmato con la sola Ugl a metà settembre. Un accordo bocciato dal ministero del Lavoro, che continua a essere applicato: per questo i rider si aspettano che Andrea Orlando faccia qualcosa. “Assodelivery apra subito il confronto”, chiede Tania Scacchetti della segreteria Cgil. “Restano da discutere il protocollo anti-Covid – dice Deliverance Milano – e il core della contrattazione su tutele e diritti”.

Scala dei Turchi, da sito candidato Unesco a proprietà contesa: “Forse è di un privato”

Il bianco candido della roccia splende sotto il sole cocente, e si specchia nell’azzurro cristallino del mare. Che sia al tramonto o all’alba, chi si affaccia in questa porzione di terra rimane sempre senza fiato. L’imponente falesia in marna bianca, nella costa agrigentina di Realmonte, ribattezzata Scala dei Turchi, è uno dei posti più suggestivi al mondo e più conosciuti dell’Italia. Una meraviglia oggi transennata e sotto sequestro. Perché da qualche anno il sito non solo è a rischio erosione, ma anche al centro di una disputa per la proprietà tra un privato e il Demanio. E, contrariamente a ciò che si era creduto finora, una perizia adesso stabilisce che le rivendicazioni del privato non sono proprio campate per aria.

Inizia tutto nel dicembre 2019, quanto la Procura di Agrigento apre un’inchiesta dopo la caduta di alcuni massi. La capitaneria di porto è incaricata di svolgere una serie di accertamenti, per risalire alla proprietà dei terreni. A rivendicarne la paternità è da sempre Fernando Sciabarrà, 73enne agrigentino. Per la capitaneria non ci sono atti che lo dimostrino e Sciabarrà viene indagato per non aver messo cartelli sull’erosione, per danneggiamento del patrimonio archeologico e per occupazione abusiva dello spazio demaniale marittimo e comunale. Ma lo è davvero? La perizia affidata dal gip Luisa Turco a due consulenti sembra ribaltare tutto. La Scala dei Turchi non è pubblica, semmai sarebbe privata. Lo certifica un atto del 1948, in cui “i passaggi di proprietà della particella sembrano sufficientemente provati”. Per le altre, ci sono diversi documenti (1889, 1930 e 1974), e “seppur non si riscontra un atto dirimente sulla proprietà – scrivono i periti – Sciabarrà (assistito dall’avvocato Giuseppe Scozzari) ne vanta il possesso da diversi decenni”. Non solo. I consulenti redarguiscono il Comune di Realmonte per “non aver trasmesso atti” sulla vicenda, e puntano il dito contro tutti gli enti che “non hanno messo in atto azioni volte all’acquisizione dei beni o alla dichiarazione di pubblica utilità”. Nonostante “in più occasioni” abbiano “ribadito la volontà di preservare il bene attraverso l’apposizione di vincoli”. La Scala dei Turchi è stata raccontata in libri e film, tra gli altri, da Andrea Camilleri, Giuseppe Tornatore e Pif. Ma le promesse della politica di inserirla nel patrimonio Unesco – l’ultima fatta dall’assemblea siciliana è del 2019 – sono rimaste parole al vento.

Clini condannato per corruzione a 6 anni di carcere

Il Tribunale di Roma ha condannato a sei anni per corruzione aggravata dalla circostanza della transnazionalità, l’ex ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Insieme a Clini, i giudici della Seconda sezione penale hanno condannato a sei anni anche l’imprenditore Augusto Calore Pretner. I fatti riguardano un finanziamento di 54 milioni di euro che tra il 2010 e il 2011 il dicastero dell’Ambiente destinò alla realizzazione di un progetto denominato “New Eden” e successivamente “Nature Iraq” gestito dalla società Ong Iraq Foundation per la riqualificazione del terreno iracheno. Secondo l’accusa, parte dei finanziamenti pubblici erogati a “Nature Iraq” sarebbero stati distratti e in parte illegittimamente finiti a Clini. Secondo l’accusa, dopo che la “Nature Iraq” aveva ricevuto le somme da parte dell’autorità italiana, in esecuzione del finanziamento, fu creata una provvista di 3 milioni e 170mila euro e una parte dei fondi sarebbe finita a Clini. “Sono stato condannato dopo 8 anni in assenza di prove – afferma Clini –. Ricorrerò ovviamente in appello”.

Magistrati, nuove regole sui social: “Farne uso sobrio”

I social hanno cambiato l’informazione e per la prima volta dei magistrati si autoregolano. Sono i magistrati amministrativi del Consiglio di Stato e dei Tar. Ieri, il plenum del Cpga ha approvato le linee guida per l’uso dei social. Nessun bavaglio, ha chiarito in plenum il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, ma “si tratta di sensibilizzare a un uso sobrio dei social media, che vanno utilizzati con cautela”. “Le linee guida – ha aggiunto – non intendono introdurre limiti alla libera manifestazione del pensiero del singolo magistrato, ma sono un richiamo alla consapevolezza all’alto ruolo istituzionale della magistratura che non può essere smarrito in nessun momento della vita quotidiana, in coerenza con i codici etici e con le linee di indirizzo” che già ci sono a livello europeo. A redigere le linee guida è stata la Terza sezione del Cpga presieduta dalla consigliera togata Silvana Bini, che ha ricordato “l’invito del presidente Sergio Mattarella ai giovani magistrati a gestire con prudenza e discrezione i mezzi di comunicazione”.

Bancarotta, il contabile della Lega ora rischia fino a 10 anni di carcere

Nell’inchiesta milanese sui presunti fondi neri della Lega e sul caso della fondazione regionale Lombardia Film Commission (Lfc) si apre un fronte economico. Andrea Manzoni, ex contabile della Lega nonché professionista vicino al tesoriere Giulio Centemero, è indagato per “bancarotta fraudolenta” (pena massima 10 anni) in concorso con altre quattro persone. Tra queste c’è Luca Sostegni, che nel filone principale ha patteggiato 4 anni e 10 mesi. La vicenda che riguarda anche Manzoni è legata alla storia della New Quien srl che gestisce la discoteca Anghelus in Valcalepio (Bergamo). Due i reati contestati: il primo riguarda questioni fiscali, il secondo attiene alla bancarotta fraudolenta. Tutti, è spiegato in Procura, commessi in concorso.

Del caso si era occupato già il Fatto riferendo del fallimento della New Quien chiesto dalla Procura e poi accordato dal tribunale civile. Incassato questo primo passaggio, la Procura ha trasformato l’iniziale fascicolo da modello 45 a 21 con indagati e titoli di reato. Secondo la Procura, Manzoni è stato il deus ex machina della società che ha chiuso il suo ultimo bilancio (2019) con debiti tributari per quasi mezzo milione di euro. Nel marzo 2020 la società è stata messa in liquidazione e cancellata. Ora, risulta dalle informative della Gdf, Andrea Manzoni, oggi a processo con rito abbreviato per concorso in peculato rispetto al caso Lfc (prima udienza fissata il 21 aprile davanti al giudice Guido Salvini), non ha mai ricoperto cariche ufficiali in seno alla New Quien, ma ha tenuto i libri contabili.

Da solo o attraverso la Dea Consulting assieme all’ex contabile del Carroccio, Alberto Di Rubba, che però al momento non è coinvolto nella nuova inchiesta. A partire dal 2018 e fino alla sua estromissione, avvenuta secondo gli atti “falsificando” un verbale d’assemblea, Luca Sostegni è stato socio unico e liquidatore della New Quien. Ai pm spiegherà che per la sua nomina si è incontrato in uno studio notarile assieme a Manzoni. Oltre all’ex contabile leghista c’erano altre quattro persone i cui nomi Sostegni dice di non ricordare. Sarà questo uno dei punti cruciali del prossimo interrogatorio a Sostegni fissato dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal pubblico ministero Stefano Civardi. Davanti al Tribunale fallimentare, Sostegni ha spiegato di non aver mai visto i libri contabili della società.

Tra il 2015 e il 2019 sui conti della società sono stati movimentati circa 4 milioni, entrati con depositi in contante e usciti tramiti assegni bancari. Emergono poi bonifici per 1200 euro dal conto della Lega. L’obiettivo ora è capire da chi sono stati incassati gli assegni. Oltre a Sostegni, gli altri amministratori coinvolti allo stato nel fallimento civile sono Gabriele Nicoli, Luca Lanfranchi e Alessandro Foiadelli, quest’ultimo parente di Manzoni. Alessandro è figlio di Elio Foiadelli titolare della società Sdc (non indagato) sulla quale sono transitati parte degli 800mila euro frutto della vendita del capannone di Cormano a Lfc. Quella di New Quien, dirà Sostegni, “è solo la punta dell’iceberg”. Nel novembre 2018, quando diventa titolare del conto Bpm, sulla posizione vi sono zero euro. Il ruolo di Manzoni è spiegato dal commercialista Michele Scillieri. Intercettato, definirà Manzoni “l’amministratore di fatto” della New Quien.

Arriva la Finanza! “L’uomo di Fontana cancella le chat”

Storie di chat: mandate, ricevute, lette o addirittura cancellate disattivando l’app di WhatsApp come ha fatto, secondo quanto ha ricostruito la Procura di Milano, l’assessore regionale al Bilancio, Davide Caparini, poche ore prima che la Guardia di finanza si presentasse nei suoi uffici per acquisire i dati del telefono. Sta qui il piatto forte dell’inchiesta sui camici prima venduti e poi donati dal cognato del governatore Attilio Fontana alla centrale acquisiti della Regione Lombardia (Aria), ente nato nel luglio 2019 su input di Fontana e dello stesso Caparini. Ente pubblico oggi nella bufera dopo il caos prenotazioni per i vaccini anti-Covid. Non un bel momento per Caparini, leghista da sempre, prima in Parlamento e ora in Regione, figlio di Bruno, tra i padri nobili della Lega nord e influ- ente notabile della provincia bresciana, già in contatto con un imprenditore calabrese indagato per legami con la ’ndrangheta a Milano, ma poi archiviato. Ora, seppur a oggi non indagato, anche Davide Caparini è per la Procura, uno dei protagonisti del “Camicigate” iniziato l’aprile scorso con una fornitura ad Aria di 75mila camici da parte di Dama spa, società di Andrea Dini, cognato di Fontana. Sia il presidente lombardo sia Dini sono attualmente indagati per frode in pubbliche forniture.

Il 24 settembre scorso, Caparini risulta tra i destinatari indicati dalla Procura per l’acquisizione dei contenuti del suo cellulare. Ma c’è una sorpresa: quando la Guardia di finanza analizza il telefono di Caparini si accorge che l’applicazione di WhatsApp è stata disattivata solo da poche ore. Che cosa è successo? Per capire bisogna tornare ai giorni del 23 e del 24 settembre. Sono date decisive. Il 23 settembre, infatti, la Procura di Pavia che indaga sul caso della sperimentazione dei test rapidi Diasorin in collaborazione con il policlinico San Matteo e sull’acquisto senza gara di 500mila test da parte della Regione, dispone il sequestro di alcuni cellulari. Tra questi c’è quello del presidente Fontana (non indagato a Pavia), dell’ex assessore al Welfare Giulio Gallera e di Giulia Martinelli (entrambi non indagati), influente capo della segreteria di Fontana ed ex compagna di Matteo Salvini.

Il giorno dopo, il 24 settembre, si replica. Questa volta l’ordine arriva dalla procura di Milano che indaga sui camici. Vengono così acquisiti i dati di Roberta Dini, moglie di Fontana, dell’assessore all’Ambiente Raffaele Cattaneo, dello stesso Caparini e ancora una volta di Giulia Martinelli. Il materiale analizzato è stato riversato in una annotazione depositata in Procura pochi giorni fa. È in queste pagine che viene ricostruita la singolare vicenda della chat disinstallata da Caparini poche ore di prima dell’arrivo della Finanza.

Torniamo, allora, al 23 settembre. Verso sera e dopo le acquisizioni di Pavia – è stato documentato – Caparini incontra Giulia Martinelli. Nessuno saprà mai il contenuto di quell’incontro. La mattina del 24 settembre, la Guardia di finanza si presenta in Regione per acquisire i cellulari. Poco prima, spiegano fonti vicine agli inquirenti, dal telefonino di Martinelli parte un messaggio WhatsApp indirizzato a Caparini. Il testo: “Arrivata notifica”. Il significato letterale non sembra corrispondere a quanto sta succedendo. La Procura così ipotizza un messaggio “in codice”. Fatto è, Caparini non leggerà mai quel messaggio che non risulta spuntato. Lo leggerà (forse) senza aprirlo. Quando poi la Finanza chiede a Caparini il cellulare, è spiegato in Procura, l’assessore al Bilancio tergiversa. Passa del tempo, come viene annotato nell’informativa. Dopodiché la Finanza si accorgerà che l’app è stata disattivata. Non vi è dubbio che l’operazione è stata fatta nelle ore precedenti in un lasso temporale che va dalla sera del 23 alla mattina del 24. Quando precisamente questo non si sa. La Procura vorrebbe saperlo, lo ha chiesto al perito, che però non è stato in grado di fissare un orario preciso. Tutto questo nulla ha di penalmente rilevante. Di curioso certamente sì.

I messaggi, disinstallando l’app, non sono stati cancellati del tutto e dunque potrebbero essere recuperati. Certo è che dagli atti dell’inchiesta affidata all’aggiunto Maurizio Romanelli “il coinvolgimento dell’assessore Caparini attiene sia alla fase genetica dell’affidamento sia alla trasformazione in donazione” e quindi “è ragionevole pensare che sia stato messo al corrente dello sviluppo delle trattative”. Il 27 marzo 2020, poche settimane prima dall’affidamento di Aria, Roberta Dini, moglie di Fontana, scrive al fratello: “Prova a chiamare assessore Cattaneo (…). Sembra che siano molto interessati ai camici (…), questo mi dice l’assessore al Bilancio Caparini”. Annota la Procura: “Caparini era uno dei promotori che segnalava alla Dini il nome di Cattaneo”. Tanto più che l’11 maggio 2020, otto giorni prima di una riunione in Regione dalla quale uscirà la decisione, poi comunicata il 20 maggio da Andrea Dini all’ex dg di Aria, Filippo Bongiovanni, di trasformare la fornitura in donazione, si tiene un incontro tra Caparini, Bongiovanni e Martinelli. I tre si trovano al 35° piano del palazzo della Regione nell’ufficio di Martinelli. Qui viene sollevata la questione, confermata da Martinelli, di un legame stretto tra Dama e la famiglia di Attilio Fontana.

“Lo denunciai, giro scortata: è al ministero con la Lega”

Ieri la persona che i giornali hanno definito il suo “stalker” è entrato a far parte dello staff del sottosegretario leghista al ministero dell’Istruzione, Rossano Sasso. L’ex ministra Lucia Azzolina, oggi semplice deputata, lo ha denunciato per un video (ne aveva pubblicato uno contenente una sua foto e frame da film horror con sangue, mostri e streghe che terminava con la frase “da disoccupati saremo il vostro peggiore incubo”) e post sul suo conto su Facebook. Il 9 aprile inizierà il processo.

Azzolina, chi è Pasquale Vespa e cosa le ha fatto?

Non l’ho mai conosciuto, né mai ci siamo scambiati messaggi. Ma sui social per anni ha condotto una guerra contro di me con post sessisti e minacce, da cui poi scaturivano commenti volgari e di cattivo gusto. I peggiori istinti umani. Poi c’è stato quel video… è stato davvero brutto. Ha contribuito a far sì che fossi messa sotto scorta.

Perché questo accanimento?

È un sindacalista, rappresentante dei precari. Io ho sempre creduto nei concorsi, lui in altri procedimenti di assunzione. Riteneva che fare un concorso fosse un’umiliazione. Ha pubblicato su di me 4-5 post al giorno, per mesi, molti li ha cancellati ma ho salvato tutto. Mi sono sempre chiesta cosa pensassero i suoi studenti.

È un insegnante?

Sì, alle superiori. Tutta quell’aggressività non può appartenere a un docente. A scuola insegniamo il rispetto, l’educazione, la gentilezza e che le parole hanno un valore. Mentre lui sui social è un cyber-bullo.

È anche un rappresentante delle istanze dei lavoratori.

Per questo il suo comportamento è ancora più grave. Una cosa è la critica politica, altro l’aggressività verbale e il sessismo. Quale utilità può avere nella sua battaglia definirmi “Bocca Rouge” ovunque e vantarsi di un brutto articolo scritto sul mio rossetto rosso, quasi lo avesse vergato lui? “Ah, cosa faremmo con quella bocca” era il tono dei commenti che mi sono stati rivolti per mesi. Certo, non tutti sono penalmente rilevanti, ma l’istigazione all’odio e alla mancanza di rispetto sono innegabili. E voglio sottolinearlo di nuovo: non sono comportamenti degni di un insegnante.

Cosa si aspetta dal processo?

Credo nella giustizia.

Il sottosegretario Sasso ha difeso la sua scelta…

Dalla Lega di Salvini non mi aspetto nulla di diverso, li conosco molto bene.

E dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi?

Non credo che Bianchi sapesse, mi aspetto però che ora intervenga e prenda le distanze. Ne va dell’immagine del ministero e del corpo docente.

Cambiamo argomento: ieri il premier Draghi ha annunciato la riapertura delle scuole dopo Pasqua fino alla prima media. Ne è contenta?

Sembra di essere tornati al Conte 2. Da settembre a febbraio, 5 milioni di studenti fino alla prima classe della secondaria di primo grado sono sempre andati a scuola anche in zona rossa. Lo stop di queste settimane mi è dispiaciuto, credo sia stato poco utile e le decisioni di queste ore lo suggeriscono.

Alla fine c’è quindi continuità col suo operato?

Non ci sono grosse novità. Anche le norme che sono state scritte nel dl Sostegni sul supporto psicologico per i ragazzi le avevamo già proposte per il dl Ristori, quello che poi non è stato più fatto a causa della crisi di governo. E ho sempre ribadito ciò che ieri ha detto Draghi: il livello di sicurezza nelle scuole aumenta se vengono prese, e fatte rispettare, le misure fuori. I bambini in termini di educazioni civica sono i migliori: rispettano sempre le regole, più degli adulti. Ora mi aspetto che possano tornare in classe anche gli altri studenti, almeno al 50 per cento. Il loro disagio psicologico è enorme ed è confermato da psicologi ed esperti.

Si parla di un piano di tamponi a tappeto per gli studenti. Che ne pensa?

Otto milioni di tamponi a settimana sono tantissimi. E infatti c’è già stata una parziale retromarcia. Per i più piccoli, poi, è molto complicato trovare il metodo giusto. Noi avevamo raggiunto una intesa con le Regioni per uno screening costante a dicembre. Ma lo avevo proposto ad agosto…


Quali criticità vede per la scuola al momento, oltre il Covid?

Nel brevissimo termine deve essere pubblicata l’ordinanza sulla mobilità dei docenti. In questo periodo normalmente si inoltravano già le domande per i trasferimenti. Se non lo si fa subito, si rischia che neanche il 30 settembre ci siano i docenti in cattedra. Poi bisogna correggere le prove del concorso straordinario e assumere. Infine, stabilire le date del concorso ordinario.

Asse De Luca-Zinga: “Anche la Campania comprerà Sputnik V”

Le regioni scavalcano il governo e lanciano la corsa a Sputnik V. In completa autonomia. Dopo Nicola Zingaretti, che nel Lazio ha annunciato la sperimentazione del vaccino russo, ora anche la Campania di Vincenzo De Luca punta forte su Mosca. Attirando il commento sarcastico – ma interessato – del presidente leghista del Veneto, Luca Zaia: “Vedete? Quando lo dicevo io… Ora ci facciano sapere se possiamo muoverci da soli”. Il governatore campano, infatti, ieri mattina si è spinto oltre dando mandato alla società regionale in house Soresa Spa di firmare un pre-contratto con l’Rdif Corporate Center Ltd, il fondo sovrano russo che ha finanziato la ricerca anti-Covid del Gamaleya Research Institute e ne detiene i diritti: “Ovviamente – ha dichiarato De Luca – il contratto diventa operativo immediatamente dopo l’approvazione di Ema o di Aifa (le agenzie del farmaco europea e italiana, ndr). Ci stiamo muovendo sulla linea indicata da Mario Draghi: se non abbiamo risposte dall’Ue, andremo avanti anche da soli per la parte aggiuntiva”.

In realtà, la “pista russa” non combacia con la “linea Draghi”. Anzi. Lo dimostrano le parole del premier che ha voluto frenare gli entusiasmi dei governatori: “Io starei attento a fare questi contratti – ha detto il presidente del Consiglio – ieri la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha messo in luce, secondo il fondo detentore del brevetto, è possibile produrre un massimo di 55 milioni di dosi di Sputnik V, di cui 40% in Russia e 60% in vari siti internazionali”. Secondo Draghi, non si prevede che (l’Ema) si pronunci prima di 3 o 4 mesi”. La domanda formale all’Agenzia europea, infatti, “non è stata ancora inoltrata”. I tentennamenti del governo – che poi sono anche quelli dell’Unione europea – riguardano anche motivi di opportunità politica. Bruxelles e Roma avevano prenotato l’acquisto di milioni di dosi Astrazeneca già in estate 2020, quando la fase di sperimentazione non era ancora nel vivo. Dunque in fase meno avanzata di quella attuale dello Sputnik V.

Eppure dall’Istituto Spallanzani di Roma – sposando la linea di Zingaretti e del suo assessore alla Sanità, Alessio D’Amato – sono sicuri che se gli esami sulle 100 dosi in arrivo da Mosca dopo Pasqua dovessero dare esito positivo, all’Ema dovranno pronunciarsi in tempi brevi. Considerando che già il 2 febbraio scorso la rivista Lancet aveva dato la propria “sentenza”, indicando in oltre il 90% l’efficacia del siero. Una “minaccia” per Astrazeneca, visto che l’équipe scientifica dello Spallanzani vorrebbe usare Sputnik V come seconda dose del vaccino di Oxford.

Cosa bisogna attendersi ora? “Per quel che ci riguarda – ha affermato ieri De Luca – siccome investiamo risorse della Regione per avere un vaccino aggiuntivo, una volta coperte le esigenze dei nostri concittadini, metteremo a disposizione di tutti i cittadini del Paese la quantità di dosi che dovessimo ricevere dalla casa produttrice dello Sputnik”. Non solo. Al Fatto risulta che al memorandum che a breve la Regione Lazio firmerà con l’Istituto Galameya, sarà allegata anche un’opzione per l’acquisto diretto delle dosi. D’Amato è molto preoccupato perché, nonostante gli annunci della struttura commissariale governativa, le dosi di vaccino in magazzino scarseggiano, proprio ieri sono stati sospesi i rifornimenti di vaccini ai medici di famiglia. Così, se nella corsa a quello russo, dopo Lazio, Campania e forse Veneto, dovessero accodarsi altre regioni, l’ammutinamento dei governatori verso il governo diverrebbe realtà.

Draghi riapre “solo” le scuole e zittisce l’aperturista Salvini

Matteo Salvini rimane da solo a chiedere il “ritorno alla vita” sui social. Finita la “cabina di regia” governativa, ieri Mario Draghi si è presentato in conferenza stampa con Roberto Speranza, ministro della Salute “rigorista” e bersaglio delle destre “alleate” e non, per dire che non si riapre. Aprile come marzo: o zone rosse o zone arancioni, ristoranti e bar chiusi salvo asporto. L’unico rischio si corre sulle scuole. “Riaprono fino alla prima media”, ha annunciato il capo del governo. Previsti molti test ma non certo a tappeto. “Dopo 6 settimane, per la prima volta c’è una decrescita dei casi – ha detto Speranza –. Abbiamo deciso di spendere questo piccolissimo tesoretto sulla scuola”. Dopo Pasqua riapriranno anche nelle zone rosse e “le scelte dei governatori – ha chiarito ancora Draghi rivolgendosi al campano Vincenzo De Luca e non solo – dovranno essere riconsiderate alla luce dell’affermazione del governo che la scuola in presenza è obiettivo primario” . Dalla seconda media in su restano a casa, con l’incubo della didattica a distanza: nemmeno il Governo dei Migliori finora è stato in grado di intervenire sul trasporto pubblico. E a metà aprile si prepara un nuovo scostamento di bilancio per il sostegno alle attività chiuse. Draghi non ha dato cifre.

Di più non si può aprire. L’ha capito l’azzurra Mariastella Gelmini e anche il leghista Giancarlo Giorgetti, ieri, si è opposto solo un po’ alla stretta. Con buona pace di Salvini per il quale “qualunque proposta in Consiglio dei ministri e in Parlamento avrà l’ok della Lega solo se prevederà un graduale e sicuro ritorno alla vita”. Draghi gli ha promesso solo una verifica a metà aprile. Per ora Rt scende ma resta sopra 1 (da 1,16 della settimana scorsa a 1,08, con intervallo di confidenza da 0,93 a 1,21), l’incidenza diminuisce (del 6% in 7 giorni) ma è ancora a 244 contagi ogni 100 mila abitanti a settimana (a 250 c’è la zona rossa), le terapie intensive sono occupate da malati Covid al 40% (ben oltre la soglia del 30%: ieri c’erano 3.628 persone, +7,8% in 7 in una settimana anche se i ricoveri giornalieri cominciano a scendere), i reparti ordinari al 43% (la soglia è al 40%, +8,9% in 7 giorni) e i morti, purtroppo, possono aumentare ancora (ieri 457). Così solo il Lazio (Rt a 0,99) passerà dal rosso all’arancione martedì, alla scadenza dei 15 giorni ; Calabria (1,37), Toscana (1,1) e Val d’Aosta (1,75) andranno invece dall’arancione al rosso. Restano in rosso Piemonte, Lombardia, Trentino, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Campania e Puglia, le altre in arancione.

Decreto stretta sui sanitari che non si immunizzano

Il presidente del Consiglio ha annunciato un provvedimento sugli operatori sanitari che non si vaccinano e che, in diversi casi, sono stati all’origine di focolai e, in almeno un caso, sono stati sospesi da una Rsa privata: i giudici di Treviso non hanno avuto nulla da ridire. Anche ieri si sono riuniti i tecnici di Palazzo Chigi, Giustizia, Salute e Lavoro. Le strutture pubbliche e private, secondo una prima bozza, potranno trasferire i dipendenti non vaccinati ad incarichi in cui non siano a contatto con i pazienti; si discute su sanzioni come sospensione e licenziamento. La materia è delicata e la ministra della Giustizia Marta Cartabia la conosce bene per aver sottoscritto, alla Corte costituzionale, una delle sentenze sulla legittimità dell’obbligo vaccinale.

È un tema su cui batte da tempo, tra gli altri, il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che potrebbe ottenere soddisfazione anche sullo scudo penale per gli operatori sanitari. Se n’è riparlato di recente per le inchieste sui decessi sospetti dopo le vaccinazioni, ma il problema è ben più ampio. La responsabilità potrebbe essere limitata alla colpa grave. Entrambe le questioni saranno discusse al prossimo Consiglio dei ministri.

Vaccini: “Tra 3-4 mesi li facciamo in Italia”

Draghi ha raccontato il Consiglio europeo di venerdì e l’accordo per irrigidire le regole Ue sull’export, che fin qui hanno bloccato su richiesta italiana solo 250 mila dosi per l’Australia a fronte di decine di milioni esportate. “Non ne usciamo con i blocchi – ha però chiarito – ma con la produzione dei vaccini”, che può iniziare “in 3-4 mesi”. Si riferiva alla Thermo Fisher di Monza che lavora per produrre il vaccino Pfizer/Biontech, ma anche ad “altri accordi”. Draghi ha stemperato la tensione con il Regno Unito, prevede un accordo con Londra e non azioni legali (per le quali i contratti non offrono grandi margini). Il commissario Francesco Paolo Figliuolo ha annunciato per domani “un milione di dosi di Pfizer, un milione e 300 mila di AstraZeneca e 500 mila di Moderna”. Mai così tante e già da giorni si accelera: giovedì record a 249 mila iniezioni. Si accelera, dopo la strigliata alle Regioni, anche sugli over 80.

I Conte non tornano

Nella schizofrenia generale (senza offesa per gli schizofrenici), almeno una cosa pareva assodata: Conte è politicamente morto. Tutti d’accordo: è “un venditore ambulante di microfoni” (Messina, Rep), “sul ponte sventola pochette bianca”, è “come Teodosio che davvero credette di poter fare l’imperatore di Roma pur essendo un ispanico, un provinciale, un burino”, “sepolto dalla sua ambizione, il protagonista è di nuovo invisibile” (Merlo, Rep), “ricorda il repertorio del miglior Sordi” (Cundari, Foglio), “Sic transit gloria Conte, però che rapidità” (Gramellini, Corriere), “l’Avvocato del popolo esce di scena così, più simile a un capufficio in cammino verso la pensione che a un ex leader gratificato, fino a poco fa, dal favoloso 56% dei consensi. I suoi alleati l’hanno già dimenticato… È rimasto senza partito e sfide da combattere… Ora ciascuno di quei fallimenti e di quegli inutili show può esser messo in carico all’Avvocato del popolo e a lui solo” (Perina, Stampa), “Giuseppi diventa un caso umano: che fare di lui” (Belpietro, Verità), “c’era una volta Conte, o forse non c’è mai stato” (Guzzanti, Riformatorio), “mendica poltrone”, “Cerca poltrone, ma perde pure la cattedra”, “rischia l’oblio fino al 2022”,“ora l’avvocato è senza popolo” (Giornale), “il tramonto di Conte” (Domani). Una prece. Morto lui e, ovviamente, morti i 5Stelle, che peraltro erano morti da ancor prima di nascere.

Sì, vabbè, Grillo&C. provano a resuscitarlo come capo dei 5Stelle; ma, se metti un trapassato alla guida di un partito trapassato, ottieni un trapasso al cubo. Sì, vabbè, il compagno Letta incontra la buonanima di Giuseppi, ma è per l’estrema unzione; perciò definisce l’alleanza con lui e il M5S “avventura affascinante”: è il fascino del macabro. Eppure, inspiegabilmente, giornaloni e giornalini lanciano allarmi quotidiani, intimando a Letta di mollare Conte e i 5Stelle, e ovviamente di non cedere Roma alla Raggi, altra defunta che non prende un voto manco a piangere, ergo va costretta a scandidarsi. Ma benedetti ragazzi: se Conte, i 5Stelle e la Raggi sono morti, di che vi preoccupate? State sereni. Infatti l’altra sera a Dimartedì Polito el Drito e l’autorevole Cappellini lapidavano Zingaretti per aver sostenuto il de cuius anziché tutti i leader vivissimi e popolarissimi che ci sono in giro. Poi, mentre stavamo per prender sonno, ci è apparso Pagnoncelli col sondaggio: Conte 61%, Speranza 41, Meloni 37, Salvini 33, Letta 32; Pd e M5S in crescita; governo 48; Draghi non pervenuto. Ma doveva essere un fuoco fatuo, illusione ottica tipica di chi frequenta cimiteri. Sennò tutti i migliori esperti sarebbero dei cazzari. E questo è francamente impossibile.