Sul Fatto del 24 marzo, Andrea Sparaciari espone lo sfogo del professor Mazzoleni, membro dimissionario del cda di Aria, sui problemi organizzativi della società della Regione Lombardia, affidataria del sistema di prenotazioni per il vaccino Covid. Emerge da quella narrazione che il Pirellone, a gennaio, aveva trattato per usare la piattaforma di Poste Italiane ma che, a febbraio, queste ultime avevano declinato la proposta perché ingestibile. Il professor Mazzoleni indica tra le ragioni del rifiuto la peculiarità del sistema sanitario lombardo per il “caos organizzativo di deleghe tra Ats, Asst”. In altre parole, l’ordinamento piramidale con tre livelli della sanità lombarda, unico in Italia, ha costituito il grande ostacolo all’affidamento delle prenotazioni a Poste Italiane, determinando il passaggio dal caos amministrativo a quello vaccinale. In verità, fin dal 10 aprile 2020, con un articolo sul Fatto, avevo segnalato le gravi incongruenze della sanità lombarda rilevando che “agli effetti negativi di un’eccessiva parcellizzazione si uniscono le più gravi conseguenze derivanti dalla netta separazione tra decisioni tecnico-sanitarie e amministrative, con la primazia riconosciuta irragionevolmente a queste ultime”. Consapevole dell’impermeabilità della Regione Lombardia a valutazioni critiche, nel Fatto del 22 aprile 2020 avevo sostenuto che, in mancanza di profonde modifiche alla legge regionale n. 23/15, era indispensabile commissariare la Regione perché, con l’omessa riforma legislativa, si sarebbe persa “l’occasione per ricomporre, senza ulteriori danni, emergenza e disfunzioni della sanità lombarda in un quadro unitario, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione”. Quelle previsioni non erano dettate da cassandrica ispirazione, ma dalla logica. La mia proposta di aprile 2020 di commissariare la sanità lombarda, ora condivisa da molti, è rimasta lettera morta. La Regione, nel frattempo, ha ritenuto di sopperire alle difficoltà cambiando assessore e reclutando il dottor Bertolaso. Quest’ultimo è, secondo il professor Mazzoleni, colui che ha deciso l’affidamento del servizio ad Aria. Indipendentemente dalla veridicità o meno di quel fatto, conta sottolineare come la decisione di chiamare un esterno per risolvere un enorme problema normativo e organizzativo riveli la pochezza di un’intera classe politica. Al fondo della decisione v’è forse la nostalgia per l’archetipo dell’uomo solo al comando. Si tratta del sostrato psicologico di una legislazione nazionale in materia amministrativa fondata sulla personalizzazione del potere (ad es. il d. lgs. 502/92 sulla sanità) e responsabile dell’arretramento del nostro Paese. Personalizzazione vuol dire comunicazione: il preposto ha fame di comunicazione positiva senza curarsi della bontà e perfino dell’effettiva congruenza di quanto asserisce di aver realizzato. Le strutture sottostanti sono talora viste come limitanti la suasiva comunicazione del preposto. Ciò crea spesso una frattura tra i generali (ministri, sindaci, presidenti di Regione) e le loro truppe (gli uffici e il personale interno) con gravissimo danno istituzionale. La via d’uscita è semplice: occorre modificare la prospettiva muovendo non dalla personalizzazione, ma dalle strutture, rafforzandole e fornendo loro strumenti idonei anche tramite la corresponsabilizzazione con il potere politico. Sarà la struttura stessa a individuare e a valorizzare i soggetti capaci di corrispondere al progetto o alla necessità operativa (questo è, ad esempio, il metodo ancora in uso nella carriera prefettizia). I lombardi e gli italiani non possono vivere nell’attesa del personaggio che cammina (o quasi) sulle acque o possiede quantomeno i poteri di Mago Merlino: devono contare su solide strutture normative e organizzative che risolvano tanti problemi delle persone e assicurino stabilità ed efficienza. Diversamente, dovremo rassegnarci ad assistere a grottesche scene da commedia dell’arte, come quando Capitan Fracassa offrì il modello Bertolaso quale sistema garantito per vaccinare l’intero Paese.