La semiotica considera “testo” il prodotto di ogni sistema semiotico (linguistico, visivo, gestuale, musicale, filmico, &c.), e ne analizza la struttura, la porzione di enciclopedia cui si riferisce, l’atto che compie in un contesto. La psicanalisi, a sua volta, indaga sui perché. Se i modelli interpretativi sono innumerevoli, a un comico interessano solo quelli operativi, perché permettono di creare gag più efficaci; inoltre, dopo risultati insoddisfacenti, i modelli operativi aiutano a correggere meglio il tiro. Un esempio di modello inutile è quello di Attardo & Raskin (1991), la Teoria generale dello humor verbale (Gtvh), che tenta di spiegare le barzellette attraverso la combinazione dei valori di sei parametri: contrasto fra script, meccanismo logico, situazione, bersaglio, strategia narrativa e linguaggio. Questa modellizzazione è troppo generica: dà per scontato il punto di arrivo (il joke) e non dettaglia come arrivarci, ovvero come agire sui parametri individuati, quando si vuole creare una gag. Prendiamo, invece, l’interpretazione del joke elaborata da Freud (1905). Abbiamo visto (Qc #4) che ogni sorpresa, dovuta alla percezione e alla cognizione di una non-pertinenza, attiva nel nostro cervello una reazione d’allarme: se il contesto non è pericoloso, l’allarme cessa di colpo, e ridiamo. Perché?
PERCHÉ SI RIDE?
Una sorpresa crea allerta, e attiva il nostro sistema simpatico (adrenalina), preparandoci all’azione: è il caso delle situazioni di pericolo. Questo accade anche con la sorpresa di una gag (Averill, 1969; Levi, 1965), tanto che l’iniezione di adrenalina esalta la frequenza e l’intensità del riso in chi guarda un film comico (Schachter & Wheeler, 1962). Le contrazioni muscolari della risata aiutano il ritorno dallo stato di allarme alla normalità. Fenomeni analoghi: se fate “bù!” a un infante, ride; quando si solleva un peso che sembra molto più pesante di quello che è, si ride (Nerhardt, 1970); la risata nervosa allevia la tensione emotiva. La percezione soggettiva del calo di tensione in seguito alla risata, verosimilmente, portò gli studiosi dell’800 a congetturare le loro teorie sulla comicità (McGhee, 1983): per Spencer (1860), la risata è una sorta di valvola di sicurezza che serve a ridurre la tensione nervosa eccessiva, accumulatasi in seguito a una eccitazione. Freud (1905) ipotizza che quando l’energia dell’inconscio, grazie alla retorica della comicità, raggiunge improvvisamente la coscienza, questa energia in eccesso si scarichi sotto forma di risata piacevole. L’interpretazione freudiana ci interessa perché descrive ciò che accade nei fenomeni divertenti. Freud distingue tre ambiti (non ce ne sono altri):
Comico, in cui si ha un’economia nel dispendio energetico ideativo: si spreca energia eccessiva o si risparmia energia indispensabile all’azione. Il significato di una gag comica è “sono un bambino”. Il comico ha a che fare con il corpo impacciato e con la mente inesperta del bambino. Mio padre portava mocassini confessò lei. Entrambi allo stesso piede (Woody Allen);
Spiritoso, in cui si ha un’economia nel dispendio censorio. La censura inconscia impedisce che certe idee pericolose vengano allo scoperto. Il significato di una gag spiritosa è “ho idee pericolose”. Ho considerato di nuovo l’idea di uccidermi: stavolta, inalando vicino un agente delle assicurazioni (Woody Allen);
Umoristico, in cui si ha un’economia nel dispendio emotivo: si azzera l’emozione che si dovrebbe provare davanti a un evento. Il significato di una gag umoristica è “sono un cinico”. Era stato scambiato parecchie volte per Robert Redford, ma ogni volta da un cieco (Woody Allen).
Lo sviluppo del cosiddetto sense of humour. Un neonato di quattro mesi già ride al “cucù!” e al “bù!” materni (ritroviamo i suoni [k], [b], [u], e la loro rapidità esplosiva, nel “peek-a-boo!” inglese). La scomparsa della faccia familiare dà apprensione al neonato; la ricomparsa gli procura, dopo un attimo di sconcerto, la risata.
La competenza comica compare più avanti, con lo sviluppo di quella linguistica. Secondo Freud, l’esordio di entrambe è nei primi giochi di parole. Sulla base della teoria di Piaget, McGhee (1979) descrive quattro stadi nell’evoluzione infantile del senso della comicità. A due anni, il bambino si diverte a modificare l’ordine degli oggetti e il loro uso. A tre anni, trova divertenti le parole strane. Dai tre ai sei anni lo fanno ridere rime, nonsense e incongruità via via meno scontate. Dai sette anni, cominciano a piacergli calembour e indovinelli. I bambini, intorno ai sette anni, non riescono ancora ad apprezzare la comicità fondata su analogia, allusione, ambiguità e polisemia. Sono divertiti dalla comicità fisica, dalle parole strane, dalla scatologia, dallo schifoso. Vi uniscono il gusto di dimostrare una qualche forma di superiorità rispetto a quando erano più piccoli, oppure sul resto del gruppo (Shannon, 1999). Rapp (1949) e Gruner (1978) ipotizzano che lo sviluppo del senso della comicità nel bambino ripercorra quello dell’umanità: l’ontogenesi seguirebbe la filogenesi, progredendo dall’apprezzamento infantile della comicità fisica a quello adulto della comicità di idee. Leacock (1937) immagina che la risata risalga all’urlo del selvaggio, vittorioso sul nemico: ci andò vicino, ma non arrivò a collegarla alla vicenda del capro espiatorio (Qc #1). I bambini mostrerebbero quella gioia nella distruzione dei giocattoli e nel trionfo sui coetanei, gli adulti nella demolizione delle cose e in quella, più o meno metaforica, di un avversario. Clastres (1974) nota che gli indiani Chulupi ridono di oggetti raffiguranti il giaguaro e lo stregone, un modo per rifarsi su entità che incutono timore e rispetto.
La teoria più semplice e più utile per la prassi divertente (Qc #5) considera ogni gag, sia fisica (la scivolata su una buccia di banana, uno scherzo musicale di Mozart, una provocazione di Duchamp), sia linguistica (una battuta), come la versione parodistica di atti fisici e linguistici neutri. Un atto neutro è un atto pertinente al suo contesto: la versione parodistica lo traduce in un atto non pertinente (per esempio assurdo, offensivo, umiliante, spaventoso) rispetto al contesto, in cui porta un caos momentaneo, che verrà sanzionato, dunque superato, dalla risata. Nelle puntate precedenti abbiamo esplorato parecchi modi ingegnosi con cui creare non pertinenze in un testo, ma ce ne sono tanti altri. Non perdetevi la prossima puntata, dal titolo: “La morta nel baule”. Hasta luego.
(48. Continua)