Riso come pericolo, il divertimento parte con l’adrenalina

La semiotica considera “testo” il prodotto di ogni sistema semiotico (linguistico, visivo, gestuale, musicale, filmico, &c.), e ne analizza la struttura, la porzione di enciclopedia cui si riferisce, l’atto che compie in un contesto. La psicanalisi, a sua volta, indaga sui perché. Se i modelli interpretativi sono innumerevoli, a un comico interessano solo quelli operativi, perché permettono di creare gag più efficaci; inoltre, dopo risultati insoddisfacenti, i modelli operativi aiutano a correggere meglio il tiro. Un esempio di modello inutile è quello di Attardo & Raskin (1991), la Teoria generale dello humor verbale (Gtvh), che tenta di spiegare le barzellette attraverso la combinazione dei valori di sei parametri: contrasto fra script, meccanismo logico, situazione, bersaglio, strategia narrativa e linguaggio. Questa modellizzazione è troppo generica: dà per scontato il punto di arrivo (il joke) e non dettaglia come arrivarci, ovvero come agire sui parametri individuati, quando si vuole creare una gag. Prendiamo, invece, l’interpretazione del joke elaborata da Freud (1905). Abbiamo visto (Qc #4) che ogni sorpresa, dovuta alla percezione e alla cognizione di una non-pertinenza, attiva nel nostro cervello una reazione d’allarme: se il contesto non è pericoloso, l’allarme cessa di colpo, e ridiamo. Perché?

 

PERCHÉ SI RIDE?

Una sorpresa crea allerta, e attiva il nostro sistema simpatico (adrenalina), preparandoci all’azione: è il caso delle situazioni di pericolo. Questo accade anche con la sorpresa di una gag (Averill, 1969; Levi, 1965), tanto che l’iniezione di adrenalina esalta la frequenza e l’intensità del riso in chi guarda un film comico (Schachter & Wheeler, 1962). Le contrazioni muscolari della risata aiutano il ritorno dallo stato di allarme alla normalità. Fenomeni analoghi: se fate “bù!” a un infante, ride; quando si solleva un peso che sembra molto più pesante di quello che è, si ride (Nerhardt, 1970); la risata nervosa allevia la tensione emotiva. La percezione soggettiva del calo di tensione in seguito alla risata, verosimilmente, portò gli studiosi dell’800 a congetturare le loro teorie sulla comicità (McGhee, 1983): per Spencer (1860), la risata è una sorta di valvola di sicurezza che serve a ridurre la tensione nervosa eccessiva, accumulatasi in seguito a una eccitazione. Freud (1905) ipotizza che quando l’energia dell’inconscio, grazie alla retorica della comicità, raggiunge improvvisamente la coscienza, questa energia in eccesso si scarichi sotto forma di risata piacevole. L’interpretazione freudiana ci interessa perché descrive ciò che accade nei fenomeni divertenti. Freud distingue tre ambiti (non ce ne sono altri):

Comico, in cui si ha un’economia nel dispendio energetico ideativo: si spreca energia eccessiva o si risparmia energia indispensabile all’azione. Il significato di una gag comica è “sono un bambino”. Il comico ha a che fare con il corpo impacciato e con la mente inesperta del bambino. Mio padre portava mocassini confessò lei. Entrambi allo stesso piede (Woody Allen);

Spiritoso, in cui si ha un’economia nel dispendio censorio. La censura inconscia impedisce che certe idee pericolose vengano allo scoperto. Il significato di una gag spiritosa è “ho idee pericolose”. Ho considerato di nuovo l’idea di uccidermi: stavolta, inalando vicino un agente delle assicurazioni (Woody Allen);

Umoristico, in cui si ha un’economia nel dispendio emotivo: si azzera l’emozione che si dovrebbe provare davanti a un evento. Il significato di una gag umoristica è “sono un cinico”. Era stato scambiato parecchie volte per Robert Redford, ma ogni volta da un cieco (Woody Allen).

Lo sviluppo del cosiddetto sense of humour. Un neonato di quattro mesi già ride al “cucù!” e al “bù!” materni (ritroviamo i suoni [k], [b], [u], e la loro rapidità esplosiva, nel “peek-a-boo!” inglese). La scomparsa della faccia familiare dà apprensione al neonato; la ricomparsa gli procura, dopo un attimo di sconcerto, la risata.

La competenza comica compare più avanti, con lo sviluppo di quella linguistica. Secondo Freud, l’esordio di entrambe è nei primi giochi di parole. Sulla base della teoria di Piaget, McGhee (1979) descrive quattro stadi nell’evoluzione infantile del senso della comicità. A due anni, il bambino si diverte a modificare l’ordine degli oggetti e il loro uso. A tre anni, trova divertenti le parole strane. Dai tre ai sei anni lo fanno ridere rime, nonsense e incongruità via via meno scontate. Dai sette anni, cominciano a piacergli calembour e indovinelli. I bambini, intorno ai sette anni, non riescono ancora ad apprezzare la comicità fondata su analogia, allusione, ambiguità e polisemia. Sono divertiti dalla comicità fisica, dalle parole strane, dalla scatologia, dallo schifoso. Vi uniscono il gusto di dimostrare una qualche forma di superiorità rispetto a quando erano più piccoli, oppure sul resto del gruppo (Shannon, 1999). Rapp (1949) e Gruner (1978) ipotizzano che lo sviluppo del senso della comicità nel bambino ripercorra quello dell’umanità: l’ontogenesi seguirebbe la filogenesi, progredendo dall’apprezzamento infantile della comicità fisica a quello adulto della comicità di idee. Leacock (1937) immagina che la risata risalga all’urlo del selvaggio, vittorioso sul nemico: ci andò vicino, ma non arrivò a collegarla alla vicenda del capro espiatorio (Qc #1). I bambini mostrerebbero quella gioia nella distruzione dei giocattoli e nel trionfo sui coetanei, gli adulti nella demolizione delle cose e in quella, più o meno metaforica, di un avversario. Clastres (1974) nota che gli indiani Chulupi ridono di oggetti raffiguranti il giaguaro e lo stregone, un modo per rifarsi su entità che incutono timore e rispetto.

La teoria più semplice e più utile per la prassi divertente (Qc #5) considera ogni gag, sia fisica (la scivolata su una buccia di banana, uno scherzo musicale di Mozart, una provocazione di Duchamp), sia linguistica (una battuta), come la versione parodistica di atti fisici e linguistici neutri. Un atto neutro è un atto pertinente al suo contesto: la versione parodistica lo traduce in un atto non pertinente (per esempio assurdo, offensivo, umiliante, spaventoso) rispetto al contesto, in cui porta un caos momentaneo, che verrà sanzionato, dunque superato, dalla risata. Nelle puntate precedenti abbiamo esplorato parecchi modi ingegnosi con cui creare non pertinenze in un testo, ma ce ne sono tanti altri. Non perdetevi la prossima puntata, dal titolo: “La morta nel baule”. Hasta luego.

(48. Continua)

Open Arms, i pm: “Salvini vada a processo”. A inguaiarlo le testimonianze dei ministri

Le testimonianze degli ex alleati di governo diventano un boomerang per Matteo Salvini. Perché le dichiarazioni dei ministri dei due governi Conte rese a Catania per il processo Gregoretti, e acquisite su richiesta della difesa dell’ex inquilino del Viminale, hanno rafforzato la tesi accusatoria della Procura di Palermo nel chiedere il processo per Salvini, per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio, avendo negato il place of safety (Pos) alla ong spagnola Open Arms, lasciata per sei giorni a largo di Lampedusa con a bordo 147 migranti. Davanti al gup Lorenzo Jannelli, il procuratore capo Francesco Lo Voi ha spiegato che Salvini non agì per “interesse nazionale”, rievocando quanto detto da Luigi Di Maio a Catania, il quale aveva parlato di “vantaggio politico” per il leader sovranista, nel respingere i migranti e ostacolare le ong. La procuratrice aggiunta Marzia Sabella in aula ha ribadito che “c’erano le condizioni per lo sbarco” di Open Arms, e per il sostituto Gery Ferrara “sussisteva l’obbligo di salvataggio” dei migranti, non farlo avrebbe “determinato una violazione della Convenzione di Ginevra e quella sui rifugiati”. Per l’avvocata Giulia Bongiorno, difensore di Salvini, la tesi accusatoria è “disarticolata alla realtà dei fatti”. “La nave poteva sbarcare a Malta o in due porti in Spagna, il sequestro di persona presuppone la privazione, non si può contestare se si ha una scelta. Manca il presupposto giuridico”, ha commentato. Ma dalle mail depositate a processo, tra Open Arms e Malta, si evince che La Valletta negò più volte lo sbarco di tutti i migranti a bordo della ong, rendendosi disponibile ad accoglierne solo una parte. “La Spagna era impossibile da raggiungere dopo 19 giorni in mare”, ha spiegato il capitano della ong Marc Reig Creus. Con il simbolo della Lega e della bandiera italiana stampata sulla mascherina, Salvini si è presentato sereno a fine udienza: “Lascio che siano i giudici a giudicare se un ministro che ha difeso i confini del suo Paese merita 15 anni di carcere o se lo merita qualcuno che ha messo in pericolo la vita di migliaia di persone”. Resta la differenza di vedute delle procure di Catania e Palermo per due casi, che presentano delle differenze. Nel primo, quello della Gregoretti, la nave era della Guardia costiera e si trovava in acque italiane, per questo i pm hanno chiesto l’archiviazione, con il gip che però ha chiesto nuovi interrogatori. Le stesse testimonianze rese dagli ex ministri in quel procedimento però sono diventate un assist per Palermo, che ha chiesto il processo per il leader del Carroccio. Ora la doppia partita si gioca sul filo del rasoio. Per quanto riguarda la vicenda Open Arms, la prossima udienza è prevista per il 17 aprile. Per il caso Gregoretti sarà il 10 aprile.

Insulti sessisti a due colleghe passate a Fd’I. Si dimette Savoi, presidente Lega Trentino

Non è la prima volta che il presidente della Lega del Trentino fa parlare di sé. Parliamo di Alessandro Savoi, che è pure consigliere provinciale in quel di Trento, che, di fronte alla scelta di Katia Rossatto e Alessia Ambrosi di lasciare il partito di Matteo Salvini per aderire a Fratelli d’Italia, ha così commentato su Facebook: “Nella vita, come nella politica, i leoni restano leoni, i cani restano cani e le t… restano t…”. Parole che naturalmente hanno suscitato molte reazioni tra gli esponenti della politica locale e pure nazionale. E alla fine l’hanno portato alle dimissioni dalla Lega (ma non dalla Provincia). “Mi dimetto onde evitare strumentalizzazioni”, ha detto, scusandosi per le parole usate nei confronti delle colleghe “di cui mi assumo la responsabilità e che sono frutto di un grave errore”. “Accetto le scuse, ma è stato molto spiacevole”, la risposta di Alessia Ambrosi. “Ha fatto bene a dimettersi”, il commento di Salvini. Per Savoi non è la prima volta. Nell’ottobre scorso aveva definito i sindacalisti trentini “gente inutile, mantenuti e parassiti”.

Cortei e scioperi della fame: genitori in piazza

Si dicono “sconcertati dall’indifferenza del governo e delle regioni su un tema fondamentale per il futuro del paese” e preoccupati “dal danno psicologico e sociale causato dalla didattica a distanza”. Così, dopo campagne di sensibilizzazione, petizioni, cartelloni nelle città, ricorsi ai tribunali, proteste – come quella delle scarpe dei bambini e ragazzi in terra a Perugia (foto di Marco Giugliarelli, ndr) –, oggi i genitori vicini alla Rete Nazionale “Scuola in presenza” scenderanno in piazza in dodici regioni d’Italia per chiedere la riapertura delle scuole. Appuntamento nel pomeriggio in 36 città italiane, tra cui Milano, Roma, Como, Genova, L’Aquila, Venezia, Mantova, Messina, Bergamo, Como (elenco completo e orari sulla pagina Facebook @ReteScuolainPresenza). La rete “Scuola in presenza”, 45.000 sostenitori ad oggi, è una rete apartitica e trasversale, che raggruppa al momento oltre 20 comitati e associazioni di genitori, insegnanti e studenti di tutta Italia. “Non tollereremo che si rimandi l’apertura oltre l’8 aprile”, spiega Maddalena Loy, organizzatrice della Rete, che aggiunge: “La chiusura è una scelta politica: anche in emergenza sanitaria esiste sempre un’opzione, e sulle scuole ci sono altre opzioni che il governo ha scelto di non considerare.”. Nel frattempo si moltiplicano anche le iniziative di singoli genitori, come quella di Margarita Soledad Assettati e Giorgio Pezza, una coppia che ha deciso di interrompere la Dad dei figli, ma anche lo sciopero della fame contro la Dad di Luca Farina Finzi di Novara. E a dare sostegno alle proteste è arrivato anche un lungo video del comico Maurizio Crozza, che nell’ultima puntata di Fratelli di Crozza ha ironizzato sulla promessa di Draghi di dare parità di genere contraddetta dalla decisione di chiudere le scuole, così come dalla negazione del bonus baby sitter a chi lavora in smart working. “Draghi ha una concezione induista della donna, forse la vede come la dea Kali”.

Vietato licenziare, però si licenzia: i disciplinari +21%

Finora era solo un sospetto, ma adesso trova conferma nei dati Inps: nella seconda parte del 2020, in pieno divieto di licenziamenti economici, sono aumentati – e non di poco – quelli per motivi disciplinari. Nel terzo trimestre gli allontanamenti per “giusta causa” sono saliti del 21,5%, passando dai 32.344 del 2019 ai 39.307 del 2020; nel quarto la crescita è stata del 20,1% (da 30.657 a 36.832).

Che le imprese italiane mal sopportino il blocco dei licenziamenti è noto, e del resto emerge con chiarezza dai numerosi interventi del presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Nel frattempo, però, è lecito pensare che molti datori stiano trovando un modo per aggirare la norma in vigore dal 17 marzo 2020: per “compensare” la moratoria, lo Stato sta iniettando una massiccia mole di cassa integrazione gratuita nelle casse delle aziende, ma restano ovviamente permessi i licenziamenti per ragioni disciplinari. Una fattispecie che era diminuita tra aprile e giugno, quando la gran parte delle attività erano ferme e mancavano anche le occasioni per contestare inadempienze ai dipendenti. Dopo la riapertura, come detto, nonostante un grande calo dell’occupazione già determinato dai precari non rinnovati, i disciplinari hanno preso il volo. A esserne colpiti sono stati soprattutto gli addetti a tempo indeterminato, che tra luglio e settembre registrano un aumento del 31,6% in confronto al 2019.

Tra l’altro, anche i licenziamenti economici – pur vietati – non sono spariti del tutto ma solo ridotti del 59% tra aprile e dicembre. Nel 2019 – considerando gli ultimi nove mesi – furono 548.774; nel 2020 la norma non ha impedito di raggiungere quota 223.958 allontanamenti, in crescita trimestre dopo trimestre, anche perché a fine estate sono stati concessi nelle aziende che cessano l’attività.

Mail Box

 

C’è modo e modo di raccontare i guai di Eni

Ho notato che il vostro è stato l’unico giornale a riportare in maniera corretta ed esauriente la notizia della condanna dei manager di Eni a seguito del processo conclusosi a Potenza, pochi giorni fa. Di quella condanna ho constatato che il Corriere della Sera, tra i tanti, ha dedicato un trafiletto (5×10 cm) in fondo ad una pagina. Quella stessa pagina era occupata quasi per intero dalla notizia dello stalker di cui era vittima la Boschi. Altri giornali non mi risulta che abbiano riportato l’informazione così come da voi fatto. L’assoluzione di Eni a Milano ha occupato una intera pagina del Corriere della Sera e di altri illustri giornali. Questa differenza di spazi di comunicazione e di informazione parla da sé.

Rosa Marroncelli

 

Il nuovo Cts ha chiarito che il governo è di destra

Leggendo l’articolo di Palombi sul nuovo Cts e il declassamento di Speranza, è chiaro che questo governo è espressione di Lega e Forza Italia. Ma cosa sta aspettando il Movimento 5 Stelle a far valere il suo 32% o abbandonare e andare all’opposizione?

Luciano Bisa

 

I veri motivi dello scontro tra eletti 5S e Rousseau

Secondo me i parlamentari del Movimento 5 Stelle fanno la guerra a Casaleggio-Rousseau soprattutto perché non vogliono seguire la regola dei due mandati. Ma nello stesso tempo Casaleggio-Rousseau non può sostenere di rappresentare la volontà della maggioranza degli elettori del Movimento. Bisognerebbe fare un bel test per verificare l’onestà di tutti i protagonisti.

Claudio Trevisan

 

Il neo-segretario sbaglia a parlare di “Ius soli”

Il discorso iniziale di Letta è stato su un punto incauto: parlando di “Ius soli” dà modo a Salvini di attaccarlo. È un problema di diritto che va risolto, ma enunciarlo in apertura è una mossa sbagliata. Anche molti nel Pd non lo vogliono. Va bene essere colti ed esperti, ma un po’ d’astuzia non guasterebbe.

Lilli Maria Trizio

 

Per me parlare di “Ius soli” invece che di “Ius culturae” è una gaffe: il suolo richiama gli automatismi nel concedere la cittadinanza negli Usa a chi nasce nel territorio, la cultura evoca invece il percorso scolastico e l’integrazione sociale dei minorenni. A Letta deve essere sfuggito questo dibattito perché impegnato in Francia, ma “nomina sunt consequentia rerum”.

Angelo Ravaglia

 

Bisogna trovare rimedi alla “querelite” di Renzi

Le querele del senatore di Scandicci impongono una campagna di sensibilizzazione contro questo antipatico tipo di intimidazione. Che cosa si può fare per far valere il diritto di cronaca e la libertà di opinione? Che dice l’Ordine dei giornalisti e quali iniziative ha preso o intende prendere?

Andrea Castagnini

 

Iurillo ha usato il termine “querelite” per descrivere la sindrome che affligge l’Innominabile. Ma più che querelite, la definirei “querelosi”. Trattasi infatti ormai di processo degenerativo. Speriamo che la scienza medica trovi un rimedio a tal patologia, specialmente per chi ne subisce gli effetti collaterali.

Susanna Di Ronzo

 

Putin è un assassino? Anche Trump e Obama

Joe Biden ha definito Putin un assassino per aver cercato di manipolare le elezioni americane. Io pensavo si trattasse al massimo di brogli, non di omicidio. Quindi Obama che dalla Casa Bianca dirige i soldati mandati ad assassinare Bin Laden o Trump che manda un drone ad uccidere Soleimani come dovrebbero essere definiti?

Venanzio Antonio Galdieri

 

Se il vaccino è “sospeso” come il caffè al bar

Date le uscite del “Figliuol prodigo” mi permetto di suggerire l’usanza del “vaccino sospeso”, come il caffè al Bar Gambrinus.

Giorgio de Tommaso

 

Quelle strane aperture degli autogrill

Caro Travaglio, perché bar e ristoranti possono lavorare solo da asporto, mentre i grill sulle autostrade possono lavorare normalmente? Non riesco a capire.

Enrico Canuti

 

Caro Enrico, come sa io ero contrario alla chiusura dei ristoranti. Quindi no, non c’è spiegazione.

M. Trav.

La legge del Signore. Non è ancora scritta nei nostri cuori (o solo in parte)

Nel libro del profeta Geremia troviamo un bellissimo passo: “‘Ecco, i giorni vengono’, dice il Signore, ‘in cui io farò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda; non come il patto che feci con i loro padri il giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese d’Egitto (…) ma questo è il patto che farò con la casa d’Israele, dopo quei giorni’, dice il Signore: ‘io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo’” (31,31-33). I cristiani non hanno potuto fare a meno di leggere questo testo nella prospettiva del nuovo patto in Gesù Cristo, ma sbaglieremmo se lo comprendessimo come una voluta e precisa allusione a ciò che avverrà sei secoli dopo. Così come sbaglieremmo se per questa ragione squalificassimo l’antico patto, quello stabilito al monte Sinai con il popolo ebraico, o se squalificassimo tutta l’esperienza della testimonianza ebraica – che continua ancora oggi – come invece è accaduto troppe volte nella storia del cristianesimo. E sbaglieremmo anche se comprendessimo questo testo (“io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore”) come una squalifica di tutto ciò che è “esterno” (come la legge, la conoscenza, la razionalità, anche quelle religiose) a favore solo di ciò che è “interno” (l’esperienza spirituale, quella spontanea, emotiva).

Il testo di Geremia non contrappone una religione (quella cristiana) a un’altra (quella ebraica), né lo spirituale (o una religiosità spiritualista e individualista) al materiale (o a una religiosità comunitaria e anche esteriore). Il testo è una promessa che sta ancora davanti a tutti gli uomini e a tutte le donne, direi anche a tutte le religioni. Non fa parte del “già” ma del “non ancora”. Infatti, questa promessa (“io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore”) è incompiuta ancora oggi, anche per i cristiani, anche per quelli praticanti, credenti e (speriamo) fedeli. Ogni fede religiosa, anche quella più solida e matura, non può ancora fare a meno dell’insegnamento dei “maestri” (“Nessuno istruirà più il suo compagno o il proprio fratello, dicendo: ‘Conoscete il Signore!’, poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande”, v. 34) né dell’insegnamento delle Scritture. La legge del Signore non è ancora scritta nei nostri cuori, o lo è solo superficialmente, tanto che, al primo evento critico, la coscienza di fede è turbata, qualche volta distrutta. Oppure, anche senza un evento critico scatenante, la coscienza di fede si dissolve. La nostra è ancora una realtà di peccato in cui si può essere migliori o peggiori, più fedeli o meno fedeli, più volonterosi o meno volonterosi, ma certamente non perfetti, non santi, non compiutamente credenti bensì incompiuti.

Ma, secondo la promessa di Dio, il nostro orizzonte è aperto: il “non ancora” significa che un processo si è comunque innescato, un cammino è comunque iniziato e che l’oggi che viviamo è già caratterizzato dal domani che non viviamo ancora. Per esempio l’esperienza del perdono gratuito di Dio che rende possibile (e necessario) il nostro perdono. Per esempio la pazienza di Dio che rende possibile (e necessaria) la nostra pazienza: Dio decide di ricominciare con noi, sempre, così noi possiamo ricominciare, con Lui e con il nostro prossimo. Per esempio l’intimo convincimento della vicinanza di Dio che rende possibile la saldezza della fede e della speranza anche nelle circostanze più dolorose e assurde. Insomma, l’oggi del credente vive già qualcosa del domani della promessa di Dio.

*Già moderatore della Tavola Valdese

 

In Giappone ciliegi sbocciati in anticipo, qui grandine sui fiori

In Italia – In vista dell’Equinozio di primavera, avvenuto ieri alle ore 10:37, il tempo di metà marzo ha mostrato la variabilità tipica di questo periodo. Con il fronte freddo di domenica scorsa, per la prima volta quest’anno sono scoppiati temporali diffusi dalle Venezie al Sud, anche con grandine e 15 cm di neve sul Carso. Al Nord-Ovest invece il secco foehn ha insistito fino a martedì, alimentando incendi boschivi specie in bassa Val Susa, mentre le piogge si concentravano al Meridione. Alba serena e pungente mercoledì al Centro-Nord, -7 °C presso Arezzo, poi da giovedì a ieri ulteriore impulso freddo da Nord-Est, grandinate sui frutteti in fiore della Romagna, venti di bora e rovesci di neve a bassa quota, da Varese, ad Altamura, a Cosenza. Sono eventi piuttosto ordinari in questa stagione: solo un anno fa, a fine marzo 2020 nevicò sulla pianura emiliana e il gelo danneggiò le colture in Sardegna, tradite semmai dai precedenti tepori anomali. Il 23 marzo la Giornata Mondiale della Meteorologia, quest’anno dedicata al tema “L’oceano, il nostro clima e il tempo”, in Italia verrà celebrata con un convegno online su http://gmm.aisam.eu.

Nel mondo – La settimana è stata invernale dalla Scandinavia al Centro-Est europeo, per contro un caldo straordinario ha interessato l’Islanda (fino a 20,4 °C), la penisola arabica (nuovi record nazionali di 41,5 °C in Qatar e 42,8 °C in Arabia Saudita), il Messico e il Sudafrica (44 °C); inoltre in Giappone mai i ciliegi erano fioriti così presto, l’11 marzo a Hiroshima e il 16 a Kyoto. Nella primavera cinese le tempeste di polvere dal deserto dei Gobi sono comuni, ma quella di lunedì è stata la più intensa da un decennio: dieci vittime e svariati dispersi in Mongolia, a Pechino aria irrespirabile e 350 voli aerei cancellati. In Colombia continuano le alluvioni che da gennaio hanno già causato 15 morti, e gli Stati Uniti hanno subìto bufere di neve a Ovest (quarta nevicata più abbondante di sempre a Denver, 69 cm) e tornado distruttivi dalla Louisiana all’Alabama. L’Eurac di Bolzano ha coordinato il primo studio sulla nevosità dell’intero arco alpino nell’ultimo mezzo secolo (Observed snow depth trends in the European Alps, su The Cryosphere): l’innevamento è diminuito quasi ovunque, specie sul versante sudalpino e sotto i 2.000 metri, e la stagione con suolo coperto da neve si è accorciata di circa un mese a danno di ecosistemi e sport invernali. La causa non è tanto una riduzione delle precipitazioni complessive, quanto l’aumento delle temperature che trasforma la neve in pioggia e fa fondere più rapidamente il manto nevoso. Altro che investire in nuovi impianti sciistici! Le nostre vite e l’economia dipendono dalla natura e ne fanno parte, non sono entità esterne a essa; per assicurare il benessere alle future generazioni, dobbiamo cambiare radicalmente il modo in cui pensiamo, agiamo, misuriamo il successo individuale e collettivo, e adeguare (al ribasso) i nostri consumi al ritmo di rinnovazione di materie prime e servizi ecosistemici: sono alcuni messaggi-chiave del poderoso rapporto The Economics of Biodiversity: The Dasgupta Review pubblicato dal governo britannico. Gli fanno eco Johan Rockström e colleghi sulla rivista Ambio con Our Future in the Anthropocene biosphere, efficace trattazione delle crisi ecologiche in atto che vedono l’umanità minare le fondamenta della biosfera e l’abitabilità futura della Terra. La profonda trasformazione necessaria a traghettarci verso una durevole prosperità entro i limiti planetari non potrà che avvenire tramite una governance mondiale che sappia mettere in pratica le migliori acquisizioni della scienza. Un lettore mi ha scritto che queste informazioni sono “pornoclimatologia”: io spero ancora che siano prevenzione.

 

Così Letta deve scovare un segnale di vita nel Pd

Al Pd è arrivato il nuovo segretario, ed è una brava persona. Anche Zingaretti lo era, ma si era stancato. Si presume che Letta porti odore di nuovo e comunque viene con la voglia, naturale in un intellettuale con un buon pedigree, di lasciare un segno. Infatti entra e dice due cose che apparterrebbero già alla storia del Pd, se il Pd non si fosse opposto: una legge che garantisce ai nuovi nati in Italia la cittadinanza Ius Soli. E la fine dello sbarramento in mare contro rifugiati e morenti, fondato sull’idea che chi aiuta a non morire delinque, una morale che circola anche dopo Salvini.

Come farà Letta e con chi farà ciò che finora non è stato fatto, riaccendere almeno un po’ di riscaldamento nel partito dei Delrio, dei Marcucci, e della piccola folla di auto-candidati a governare Roma? Zingaretti non è riuscito a lasciare sul tavolo alcun piano politico per un partito della sinistra nella Capitale, città muta e apatica. Di suo, la Capitale, provvede a movide fuori posto, rivolte occasionali e paura della pandemia. Letta dunque torna, e si presenta con un discorso cauto e serio. Tutto bene, dunque, nella non facile inaugurazione . Poi è ripreso il silenzio, umano e politico. E continua il litigio sul dove e come sistemare persone inquiete per il proprio futuro. Il caso è reso anomalo anche dalla presunta durata della strana legislatura. Sei in una botte di ferro perché non si possono sciogliere le Camere. Ma sei definitivamente bloccato – magari nel poco, magari nel niente – se non ti dai da fare subito. Il silenzio porta male in politica. Sia perché ti possono arruolare in qualunque missione, persino un nuovo patto con la Libia. Pare che il ministro Lamorgese ci stia pensando. Ognuno di noi sa che nelle periferie romane non circola la domanda: e adesso che cosa farà il Pd? Ognuno di noi sa che non ci sono salotti (se non nella immaginazione di Fratelli d’Italia, spiazzati da due decenni su quel che succede nella vita italiana). Eppure se ci fossero domande, sarebbero sulla strana destra in cui presunti leader del futuro si adattano a mantenere il voto di obbedienza al disastrato monastero di Forza Italia, che ha governato quasi sempre e fallito su tutto. E allora il nuovo leader venuto a rianimare un partito in crisi del centro-sinistra, si trova come alleato il vecchio leader, della vecchia destra, pluri-condannato e pluri-espulso, che è ancora li, scortato su e giù dai Carabinieri che lo proteggono, fra i palazzi del potere.

Non meraviglia che Letta, in questo pianerottolo affollato di tutti gli avversari che il Pd avrebbe dovuto respingere in questi anni (e non lo ha fatto) si trovi in difficoltà a richiamare alla politica il popolo che fu della sinistra (un mite centro-sinistra, tenuto conto delle origini politiche del nuovo leader Pd) perché quasi ogni parola offenderebbe il vicino, nello strano governo Draghi. Ma non è immaginabile che Letta abbia lasciato una prestigiosa università per fare il moderatore di un fitto chiacchierare senza programmi e senza ideali. Per questo prendo come un buon segnale l’idea di parlare subito di ius soli e di immigrazione tuttora fortemente contrastata dai combattenti e reduci dell’Italia di Papeete. In una situazione in cui anche gli altri “alleati” hanno le mani legate e non possono spadroneggiare alla Salvini come ai bei tempi, resta al Pd l’occasione di battersi per le vittime respinte dai sacri confini, spostando il ministro dell’Interno su posizioni più umane e degne di un partito importante in un Paese chiave. Letta dovrebbe essere incoraggiato anche dalle sue origini politiche e dalla sua estraneità a coloro che finora hanno tessuto la ragnatela che ha tenuto immobile e inerte (e a volte complice ) il Pd antisbarco forgiato da Minniti, ad affrontare con coraggio la nuova coalizione di magistratura salviniana (poca, ma attivissima) secondo cui solo un grande, oscuro giro di interessi può indurti a salvare donne e bambini in mare. Mentre le Ong salvano, quei giudici si domandano da dove vengano “tutti quei soldi” per non lasciar morire i naufraghi, un modo per spaventare i donatori e tagliare risorse a chi cerca di salvare. Pensate alla fortuna dei torinesi poveri, alla fine dell’‘800, quando due preti, Don Bosco e Cottolengo, sono riusciti a costruire due città, una di scuole, una di ospedali, con le offerte dei cittadini. E nessuno, neanche tra i peggiori Savoia, si è sognato di accusare i donatori di oscuri interessi per gli abbandonati. Pensate all’immagine che avrebbe oggi nella storia italiana un personaggio autorevole del tempo che si fosse aggirato ammonendo di stare alla larga dai Soros torinesi, Don Bosco e Don Cottolengo. Letta dunque non ha molto spazio politico ma ha grande spazio morale. Se lo usa, potrebbe riportare calore, un segnale di vita nel Pd. E forse un futuro.

 

Roth e il politicamente corretto

 

“La cancel culture è fanatismo maoista che abbatte ciò che non si conforma. È un nuovo oscurantismo che sbagliando abbiamo preso per una bizzarria”.

Pierluigi Battista, intervistato da “La Verità”

 

Leggiamo della direttrice di “Teen Vogue” costretta a dimettersi per alcuni tweet giudicati “razzisti” contro asiatici e gay postati dieci anni fa quando Alexi McCammond di anni ne aveva 17. Non le è servito averli cancellati da tempo, portato le sue scuse, essersi impegnata a favore delle minoranze discriminate in America. Niente da fare: lei afroamericana, all’apice di una brillante carriera e nominata giornalista emergente dell’anno si è vista (o è stata?) costretta a un’umiliante “presa di coscienza per gli errori commessi”. Torna in mente Philip Roth che nel suo libro forse più bello, “La macchia umana”, racconta la storia del professor Coleman Silk, autorevole cattedratico e membro rispettato della comunità, che viene letteralmente crocifisso nell’ateneo del New England di cui è preside per avere chiesto ai partecipanti del suo corso notizie di due studenti assenti da settimane con le seguenti parole: “Qualcuno li conosce? Esistono o sono degli spettri?”. Nel dirlo, il professor Silk adopera senza troppo pensarci la parola ‘spook’ il cui primo significato è fantasma, ma che in gergo ha anche il senso spregiativo di “negro”, “negraccio”. Si dà il caso che i due siano di colore, circostanza che Silk ignora non avendoli mai visti. Da quel momento su di lui si scatenano gli spiriti maligni della political correctness. Nel descrivere come d’improvviso a Coleman crolli il mondo addosso, e come la sua brillante vita accademica e i suoi affetti familiari vadano in frantumi, Roth prende di petto l’uso di potere che delle disgrazie del professore, così “politicamente scorretto”, faranno i suoi colleghi, al fine di aggiustare e migliorare le loro carriere. Per prendere naturalmente il suo posto. A proposito di ‘cancel culture’ concordo sul “fanatismo maoista”, e mi chiedo anche quanti professor Silk hanno dovuto subire la gogna social, e dei loro studenti, per avere firmato un testo non conformista e perciò giudicato oggettivamente ostile ai valori della comunità afroamericana. Siamo davvero convinti che una volta cacciati a furor di popolo, i reietti siano sempre stati sostituiti da incontaminati apostoli dell’eguaglianza tra gli uomini, e non invece da figure esperte nell’approfittare delle disgrazie altrui? La perfida Alexi nella sua deplorevole giovinezza definì “stupido professore asiatico” l’insegnante che le aveva dato un brutto voto. E scrisse su come non svegliarsi al mattino con “occhi gonfi da asiatici”. Davvero imperdonabile. Inevitabilmente, colei (o colui) che prenderà il suo posto sarà sottoposta/o a identica, accurata vigilanza soprattutto sul passato. E se, mettiamo, dovessero riemergere comportamenti non appropriati tenuti durante l’infanzia con coetanei dal colore diverso della pelle (che so, una disputa sul ciuccio) allora: avanti un altro! Diceva Pietro Nenni: “A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro… che ti epura”.