Musica, sordità e tormento. Senza scomodare il genio di Beethoven, e neppure la tenerissima Famiglia Bélier (2014), il cinema offre oggi una nuova finestra sull’apparente ossimoro con Sound of Metal, l’intensa opera prima di Darius Marder disponibile su Prime Video. Al centro è una coppia di heavy-rocker itineranti americani che sopravvive d’amore, decibel e adrenalina. Lei canta strillando, lui incanta alla batteria: petto nudo, dorso tatuato, capelli ossigenati, un vero animale da metal spinto. Lou (Olivia Cooke), rampolla affascinata dall’universo dropout, ha salvato lui, Ruben (Riz Ahmed, al suo meglio) dall’eroina, da cui è pulito da alcuni anni.
Ma l’ebbrezza on the road subisce un improvviso stop quando Ruben inizia a perdere l’udito. Il degrado è rapido e irreversibile, la magia sembra svanire, con la tossicità pronta a riapparire nella fragile vita del giovane. Inevitabile – drammaturgicamente – il repentino soccorso, che nel film ha la forma di un rehab per tossici-non udenti (un vero inedito nella cinematografia) parte integrante di in una comune organizzata da e per sordi, il cui obiettivo è sganciare la mancanza di udito dalla condizione di handicap per associarla a quella di normalità. Va da sé che nel silente consesso di queste anime resilienti la vera guarigione passi per l’accettazione di se stessi, con la presa di coscienza dei propri fantasmi e rimossi.
Romanzo di formazione che attraversa la parabola (ascendente) dell’Eroe, Sound of Metal nasce dall’esperienza diretta del regista e sceneggiatore Derek Cianfrance (noto per lo struggente Blue Valentine con Ryan Gosling, ma non solo), già musicista che si trovò un giorno a combattere con l’acufene. Da quella sofferenza nacque prima il doc Metalhead e poi il progetto di Sound of Metal affidato però in regia all’amico Marder. Opera di struttura classica sullo sfondo emotivo (che sfiora ma non si addentra nel ricattatorio…) della società provinciale USA, il film trova due livelli di originalità.
La prima è riferita al lavoro con attori non protagonisti non udenti tutti con un passato di dipendenze, la seconda si lega al modo di riflettere cinematograficamente sulla sonorità, mettendo finalmente in risalto il duro lavoro dei sound designer, questi sconosciuti nell’ambito delle cine-professionalità. Il rimpallo audio-visivo della narrazione trionfa come non mai, con il plauso del film alla sua primissima apparizione al Toronto Film Festival 2019 seguito da riconoscimenti e candidature ai massimi premi a partire ben 6 nomination ai prossimi Oscar: miglior film, attore protagonista al britannico-pachistano Riz Ahmed, attore non protagonista al notevole Paul Raci figlio di genitori sordi, miglior sceneggiatura originale firmata dal regista col fratello Abraham e Derek Cianfrance, miglior montaggio e – naturalmente – miglior sonoro.