Non solo l’evidenza dei fatti, carte alla mano, riportate nei mesi scorsi dal Fatto, ma adesso c’è la Procura di Roma a sostenere che il processo Mediaset in Cassazione, che confermò la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale, si svolse regolarmente, che non ci fu alcuna “anomalia” nell’assegnazione alla sezione feriale.
Si legge in una richiesta di archiviazione a firma del procuratore aggiunto Paolo Ielo e delle pm Luigia Spinelli ed Elena Neri, che hanno indagato a seguito di un esposto di Antonio Esposito, l’ex presidente del collegio della sezione feriale di Cassazione, in cui si ipotizzava, fra l’altro, il vilipendio della magistratura per le accuse mediatiche ai giudici di aver emesso una sentenza politica. Niente vilipendio, ma una diffamazione a opera di giornalisti e politici, che ora rischiano un processo dopo che l’indagine è stata chiusa.
Gli interrogatori sentiti i giudici del verdetto
I pm romani l’estate scorsa hanno sentito i protagonisti della vicenda legata a degli audio del giudice Amedeo Franco, morto nel maggio 2019, relatore di quella sentenza dell’agosto 2013. Sono gli audio di Franco che, nel 2014, registrato a sua insaputa, parla con Berlusconi e gli dice che lui non lo avrebbe condannato, che c’era stato “un plotone di esecuzione”. Ma i suoi ex colleghi hanno raccontato ai pm che fu proprio Franco a provare a registrare la Camera di consiglio. Ad agosto hanno testimoniato i giudici Ercole Aprile, Giuseppe De Marzo e Claudio D’Isa e a settembre l’ex presidente Esposito. La scena che raccontano ai pm è questa: comincia la Camera di consiglio che deve decidere se confermare o meno la condanna per Berlusconi. A un certo punto i giudici sentono un fruscio, si chiedono cosa fosse, Franco, seduto accanto a De Marzo, mette la mano in tasca, balza dalla sedia, dice di sentirsi male e di dover correre in bagno. La Camera di consiglio si ferma, gli altri giudici sono basiti, si chiedono cosa stia succedendo. Quando Franco ritorna dal bagno gli viene chiesto: “Scusa Amedeo, ma tu stavi registrando?”. Franco nega, sostiene che in tasca aveva un cellulare, che tira fuori offeso, “quasi con aria di sfida”. De Marzo, però, non si beve la versione di Franco, va in bagno e dietro un mobiletto trova un registratore. Perché, chiedono i pm, non lo avete denunciato? Perché, hanno detto, il registratore era vuoto, perché Franco aveva negato che fosse suo e in astratto, osserva uno di loro, poteva essere di chiunque dato che il bagno era in un corridoio pubblico. Inoltre, specifica un altro di loro, non era reato una eventuale registrazione tra presenti. Dunque, Franco firma come gli altri la sentenza di condanna, sei mesi dopo, però, va a battersi il petto davanti a Berlusconi.
Ma come si arriva all’esposto alla Procura di Roma? Ad aprile 2020, a quasi un anno dalla morte di Franco, la difesa Berlusconi ha inviato alla Cedu di Strasburgo l’audio carpito al giudice ben 6 anni prima.
La stampa di destra smentita anche dai magistrati
A luglio 2020 l’audio viene diffuso a “casa” Berlusconi, Mediaset, a Quarta Repubblica, di Nicola Porro (Rete 4). Da lì parte una campagna mediatica su Il Giornale; Il Riformista di Piero Sansonetti, ancora su Mediaset. Si sostiene che il complotto cominciò con la fissazione della data della prescrizione al primo agosto in modo da assegnare quel processo al collegio Esposito. Ma non è vero. L’abbiamo scritto sul Fatto: la data del primo agosto 2013 non è inventata, bensì è quella riportata sul frontespizio del fascicolo della III sezione penale della Cassazione, quella del giudice Franco, che il 9 luglio 2013 invia il fascicolo alla sezione feriale con la scritta tutta “URGENTISSIMO”. Una circostanza che, ci risulta, è stata confermata ai pm romani dal consigliere della terza sezione penale della Cassazione Luca Ramacci che era addetto proprio allo “spoglio” dei fascicoli.
Luca palamara e cosimo ferri Entrambi convocati dai pm
I pm romani hanno sentito pure chi ha portato Franco davanti a Berlusconi, cioè il deputato renziano Cosimo Ferri, toga in aspettativa sotto processo disciplinare per lo scandalo nomine del Csm. Dopo di lui è stato ascoltato Luca Palamara, che pubblicamente aveva detto di “essere a conoscenza” di fatti legati alla sentenza Mediaset, ma che, invece, davanti ai pm non specifica. Ma da un anno il circo mediatico filo berlusconiano vuol far credere, ancora una volta, che i giudici erano in malafede. Sono stati chiamati in causa con nome e cognome in Tv l’ex presidente Esposito, che ha presentato l’esposto e ora ha querelato Palamara e pure il giudice Aprile, ex togato del Csm. Perché nessuno li interroga? È stato detto con il tono del sospetto. Invece, gli ex giudici di quel collegio sono stati sentiti: finalmente hanno potuto parlare dopo che i pm li hanno liberati dal segreto della Camera di consiglio.