Tutta l’ampia maggioranza a richiedere per settimane discontinuità con il passato e, alla fine di tre giorni di trattative estenuanti, la prima grana del governo Draghi viene risolta alla vecchia maniera: un compromesso che dà il via libera a un condono sulla scia di quelli tanto cari a Silvio Berlusconi prima (quello tombale) e a Matteo Renzi dopo (lo scudo sui capitali rientrati dall’estero). Dopo un braccio di ferro durato ben due ore e mezzo, ieri pomeriggio è passata la richiesta di Lega e Forza Italia mediata dal premier Draghi e dal ministro dell’Economia, Daniele Franco: saranno cancellate 16 milioni di vecchie cartelle esattoriali fino a 5 mila euro (importo che comprende oltre al capitale anche gli interessi e le sanzioni) per il periodo che va dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. Ma varrà solo per i contribuenti che rientrano in un tetto di reddito di 30 mila euro, che dovrebbe salire a 50 mila per le società. È stato, quindi, diminuito l’arco temporale del condono che avrebbe dovuto coprire il 2010-2015. Dei 5 anni che sono stati esclusi se ne occuperà una riforma del sistema della riscossione chiesta da Lega e FI. In pratica, servirà un decreto che renderà più efficiente il meccanismo di stralcio dei debiti per inesigibilità (cioè impossibili da recuperare).
“È un condono, sì ma era necessario e abbiamo contenuto l’importo”, ha detto il premier Draghi in conferenza stampa. “Si tratta di multe e altre cartelle più vecchie di 10 anni per un valore netto di 2.500 euro all’interno di uno scaglione di reddito. Un azzeramento – ha spiegato – che permetterà allo Stato di liberarsi del magazzino fiscale e di perseguire la lotta all’evasione anche in modo più efficiente”. Parliamo di una cifra enorme, oltre 987 miliardi di crediti dello Stato nei confronti dei contribuenti che si sono cumulati tra il 2000 e il 2015, di cui il 91% inesigibili. Una situazione che, secondo Draghi, è la dimostrazione di come lo Stato non abbia funzionato permettendo in un decennio l’accumulo di 60 milioni di cartelle.
Il compromesso che si è trovato sulle cartelle è stato quasi insperato, soprattutto dopo che ieri pomeriggio la Lega, durante un vertice con il premier Draghi, ha addirittura minacciato di non presentarsi in Cdm. Le posizioni era assai distanti da l’altro ieri pomeriggio. Lega e Fratelli per giorni si sono battuti per un condono totale delle cartelle sopra i 10 mila euro senza limiti di reddito. La viceministra dell’Economia Laura Castelli (M5S) è arrivata a chiedere di “mettere da parte l’ideologia” per cancellare l’intero magazzino, comprese le azioni cautelari-esecutive. Mentre Pd e Leu si sono spinti per una cifra più bassa: nessuna misura che assomigliasse a un condono, quanto piuttosto un intervento solo sul magazzino veramente inesigibile, ovvero falliti o deceduti.
Poi i momenti di tensione toccati ieri pomeriggio, prima del Cdm, quando il premier Draghi – anche su input del Tesoro – ha chiesto di abbassare a 3.000 euro il tetto per le singole cartelle e ridurre l’arco temporale della sanatoria. Proposta che avrebbe spinto la Lega a rialzare la posta in gioco, tornando sulla sua richiesta iniziale di condonare le cartelle fino a 10 mila euro. Fino alla mediazione: diminuire l’arco temporale ma introdurre la soglia di reddito che oltre a soddisfare Draghi, accontenta anche il Pd (“È una proposta di assoluto buon senso”), Matteo Salvini (“È un’accelerazione targata Lega”), FI (“È stato fatto il primo passo nella giusta direzione”) ma anche un po’ di piccoli evasori. Del resto “sì, è un condono”.