La prima volta fu quasi per caso. È il 2009, Emanuele Salce si vede offrire uno spazio nella rassegna estiva di un teatro milanese. La tentazione di rifugiarsi in un classico della letteratura – La mite di Dostoevskij –, poi l’improvvisa svolta verso qualcosa di più personale: nasce così Mumble mumble… Ovvero confessioni di un orfano d’arte.
Incredibilmente rigettato, va in scena dall’anno successivo – l’esordio al “Cometa Off” di Roma –, acclamato da pubblico e critica. E da allora è un successo costante: dieci stagioni sul palcoscenico per più di 400 repliche, spesso in “tutto esaurito”. Oggi arriva in streaming su TvLoft, con una selezione di brani che porta in esclusiva sugli schermi di Tutta scena – Il teatro in camera la carica originale del testo, scritto da Salce insieme al critico Andrea Pergolari (regia teatrale di Timothy Jomm) su materiale decisamente autobiografico.
È dall’esperienza del Nostro che Mumble mumble prende infatti le mosse. E non solo per quel verso, il “riflettere borbottando” dei fumetti che è anche il suo soprannome. Doppio figlio, anzi orfano, Salce porta in scena niente meno che i funerali delle due grandi figure paterne che ne hanno contrassegnato la vita: papà Luciano, protagonista a tutto campo della cultura e dello spettacolo del secondo dopoguerra, e Vittorio Gassman, indimenticato mattatore e marito della mamma Diletta D’Andrea, che con lui si sposò quando Emanuele aveva appena quattro anni. Ma non si tratta di un tributo ossequioso: Mumble mumble è una narrazione impudica, la vicenda di un doppio addio vissuto a distanza di dieci anni dall’autore, che non risparmia gli aspetti più grotteschi, accostando registri contrapposti.
Scopriamo così un Salce ventenne che si presenta all’ultimo saluto al padre Luciano con i postumi di una nottata di eccessi alcolici; o il carnevale di personaggi improbabili che fa da sfondo alle esequie del “divo” Gassman, proprio nel giorno di un’epica semifinale europea della Nazionale di calcio. Si ride in Mumble Mumble, ma non solo. L’autoironica infrazione dei codici condivisi del rapporto con la morte – che avrà una coda nella “procto-gastroenterologa” vicenda del mezzo funerale che chiude la pièce – è funzionale a una profonda riflessione sulla vita. Fondamentale in questo senso il ruolo dello spettatore-regista Paolo Giommarelli, complice di una confessione dalle chiare implicazioni filosofiche. Coabita così in Emanuele Salce la complessità dell’umano, in uno spettacolo che è anche un modo per proseguire la relazione con due figure fondamentali del suo percorso. Brani tratti da: “Mumble mumble… Ovvero confessioni di un orfano d’arte” è l’occasione per farne conoscenza.