Era il 10 settembre, il campionato non era ancora cominciato, tutto era ancora di là da venire e sulla Gazzetta apparve un roboante articolo intitolato: “Riuscirà il folle volo di Pirlo? Insegue il tricolore di D’Annunzio”, che oggi, a sei mesi di distanza, vale la pena andare a rileggere.
“Tra dieci giorni – ci raccontavano – inizia il ‘folle volo’ di Andrea Pirlo (…) ‘Folle volo’ in senso dantesco: navigherà un mare mai battuto, oltre le Colonne d’Ercole. Ma ancor più in senso dannunziano. Il 9 agosto 1918 Gabriele D’Annunzio volò su Vienna e fece piovere centinaia di migliaia di volantini tricolori che inneggiavano alla vittoria dell’Italia nella Grande Guerra e alla resa dell’Impero Austro-Ungarico. Dal campo volo di San Pelagio (Padova) decollarono 11 biplani (numero da formazione di calcio). Solo 7 conclusero la missione. L’aereo di D’Annunzio era l’unico biposto. L’Ansaldo S.V.A. 10 era stato modificato in modo che il vero pilota, il capitano Natale Palli, azionasse i comandi dal sedile posteriore e davanti stesse il Vate, artefice dell’impresa e ispiratore dell’ideologia. In fondo, la prossima Juve sarà un po’ così: davanti Pirlo, col vento in faccia, a dettare la rotta tattica e i princìpi di gioco. Alle sue spalle, un team di tecnici che aziona i comandi (…). Nell’hangar, prima del decollo, D’Annunzio annunciò: ‘Se non arrivo a Vienna, torno indietro’. Riuscirà il ‘folle volo’ del Maestro nato a 40 km dal Vittoriale?”.
Chissà, magari nell’hangar juventino, prima del via, Pirlo aveva annunciato: “Se non arrivo a Istanbul (sede della finale Champions 2021, n.d.r.), o almeno allo scudetto, torno indietro”, intendendo la Juve Under 23 e il campionato di serie C cui pareva destinato prima della precettazione dell’amico presidente Agnelli, ansioso di chiudere l’era-Sarri conclusasi con l’umiliante eliminazione in Champions contro il modesto Lione, e a gettarsi nella nuova era: l’era-Pirlo, che per ordini di scuderia fu subito ribattezzato “il Maestro”, “il Predestinato”. Sei mesi sono passati dall’articolessa e dai mille editoriali inneggianti al nuovo Vate bianconero; che tuttavia, martedì 9 marzo, se n’è uscito dalla Champions agli ottavi (e ingloriosamente) come Sarri, contro il modesto Porto e con l’aggravante (terribile agli occhi dei tifosi) di aver già perso quasi ogni chance di conquista del decimo scudetto consecutivo che avrebbe dovuto chiudere l’età dell’oro firmata Conte, Allegri e Sarri.
Macchè. Il nuovo Boeing made in Juve disegnato da Agnelli, con Pirlo davanti a tutti “col vento in faccia” e un team di tecnici alle spalle “ad azionare i comandi” si è avvitato dopo il decollo e sta precipitando. Forse la voce del Maestro, compassato come nessuno, stenta a giungere allo staff. E infatti è Baronio, collaboratore tecnico, che in panchina si espone e sbraita a costo di farsi espellere (vedi Juve-Roma); e sono Pinsoglio (che almeno si rende utile) e Buffon (purché a favore di telecamera) a sbracciarsi e a dare indicazioni ai “ragazzi”; ed è il lungodegente Chiellini quello pronto a schizzare in piedi nel momento del bisogno. Mentre in tribuna a smoccolare contro gli arbitri ci sono loro, Paratici e Nedved, quest’ultimo con licenza di catapultarsi in campo per sfasciare a colpi di pedate cartelloni e quant’altro gli capiti a tiro ogni volta che le cose si mettono male. Spesso, quindi.
E insomma: c’era una volta il Nuovo Vate che tentò di volare. “Mayday! Mayday!”, si udì subito distintamente.