Muro contro muro? No, una crepa nel muro. Un confine incerto. Ci vuole sensibilità e sprezzo del pericolo per fare un film programmaticamente ambiguo su un tema (ultra)sensibile. In quella crepa Isabella Sandri infila la macchina da presa, per inquadrare con liminare irresolutezza un’aberrazione: la pedopornografia. Lo fa fotografando il luogo e insieme il tempo del delitto, il più atroce, “uccidere la tenerezza che l’essere umano ha dentro: il bambino”.
Classe 1957, in carnet, tra gli altri, Maquilas del 2004 e Per questi stretti morire (Cartografia di una passione) del 2010 co-diretti con Giuseppe Gaudino, qui produttore, Sandri ha dimestichezza con i più piccoli, “dai profughi palestinesi in Libano agli orfani delle bombe intelligenti in Afghanistan, dai figli dei lavoratori delle maquilas messicane, alle bambine sopravvissute alle stragi in Ruanda, o ai piccoli indios sterminati dall’arrivo dei bianchi nella Terra del Fuoco e in Patagonia”, ma qui accorcia le distanze e ci guarda in casa, sia con la vittima che con il carnefice. Interpretato da Cosmina Stratan, Moisè Curia, Valeria Golino, Salvatore Cantalupo e la debuttante Anna Malfatti, accoglie in un camper parcheggiato nella Foresta Nera una strana coppia: il ragazzo Richi (Curia, perfetto) e la bambina “Sputo” (Malfatti). Le domande non sono peregrine, bensì pericolose: che ci fanno lì, che rapporto li lega, che sono quei video che fanno? Questioni penalmente rilevanti, che rimbalzano a Roma dove l’agente della Polizia Postale Milia Demez (la romena Stratan, Palma d’oro a Cannes per Oltre le colline di Cristian Mungiu) indaga su una rete di pedofili: che c’azzeccano Richi e “Sputo”? Milia rintraccia in un filmato la piccola Magdalena Senoner, scomparsa in Sud Tirolo, e la sua conoscenza del ladino si rivelerà cruciale: il cerchio si stringe, ma il collo nel cappio di chi è? Se il peccato sta nell’occhio di chi guarda, qual è il confine tra relazione e prodotto, vita e video, sentimento e pornografia? La trattazione di Sandri è consapevole, non stolida, decisa, però plurale: lontana dall’agenda del politicamente corretto, la sua camera ha la posizione morale dell’ascolto, e della comprensione.
Il racconto, elementare ma non sciatto, assiste la storia, senza menomarsi: non è un tema, la pedopornografia, bensì un film, e le ellissi, i fuoricampo, l’evocazione di Sandri ne sono parte integrante, e fondamentale. Il passo a due di Richi e “Sputo” è portato sull’orlo dell’abisso evitando l’enfasi, per sottrazione: ci sovverte, ci chiama fuori, consegnandoci nel mentre immagini destinate a rimanere, come gli orchi che indossano a mo’ di passamontagna delle magliettine di bambino. Più scontate, pastorizzate e affabulatorie, diremmo “italiane”, le dinamiche poliziesche sull’asse Stratan (disconnessa oltre copione), Golino e Cantalupo, ma rimane il respiro europeo, la serietà poetica, il coraggio umanistico: lo trovate online su #iorestoinsala con Cineteca di Bologna.