Soldati, aiuti finanziari ai civili ucraini, misure che recepiscano le sanzioni approvate dal Consiglio europeo ieri a Bruxelles. Ma anche misure protezionistiche difensive, che potrebbero arrivare a richiedere un aumento della quota di energia prodotta dalle centrali a carbone (oggi ferma al 6 per cento), se Putin dovesse chiudere le forniture di gas al nostro Paese. Di questo si è parlato nel Cdm e poi nel Comitato interministeriale per la Sicurezza della Repubblica di ieri. Con le relazioni riservatissime dei ministri Luigi Di Maio (Esteri), Lorenzo Guerini (Difesa) e Roberto Cingolani (Transizione ecologica). Su questo andrà a riferire oggi in Parlamento Mario Draghi assieme alle riunioni che ha avuto ieri (G7 in videoconferenza e Consiglio europeo a Bruxelles) e che avrà oggi (Nato e Onu). Perché sarà il Parlamento che dovrà ratificare il decreto che al massimo domani arriverà in Cdm.
Come annunciato dallo stesso Guerini, l’Italia ha dato la disponibilità ad aumentare le proprie truppe nell’Est Europa. Per le misure precise si aspetta la riunione della Nato di oggi. Ma ci sono già alcune ipotesi allo studio. Alla Nato l’Italia si è detta disposta ad aumentare i soldati nelle missioni già in campo: in Lettonia, con 250 alpini, e in Romania, dove abbiamo una missione di “air policing” con i nostri aerei (entrati in azione negli ultimi giorni su richiesta della Nato a seguito di un potenziale ingresso di traffico aereo non autorizzato), oltre agli assetti navali nella Standing Naval Forces. Il governo ha dato poi ulteriore disponibilità a partecipare ad altre misure di deterrenza: sono in corso interlocuzioni con Paesi dove poter estendere la nostra presenza, come Ungheria e Bulgaria. Ma su questo, probabilmente, servirà un intervento legislativo supplementare.
Tutte le fonti di governo escludono che ci possa essere un intervento militare a Kiev, come peraltro escluso dagli Stati Uniti. Mentre la possibilità di una no Fly Zone sull’Ucraina non è ora all’ordine del giorno, ma potrebbe entrare in agenda più in là. Molto dipende da come si comporterà la Russia: la speranza è che arrivi presto a una de-escalation.
Nel decreto di oggi dovrebbe essere compreso anche il pacchetto di 110 milioni di aiuti per i civili ucraini, annunciato da Luigi Di Maio. E alcune misure sull’energia.
L’Ucraina è una nazione “amica”, un Paese Ue, ha detto Draghi nella Sala dei Galeoni, davanti alla stampa. E l’attacco sferrato dalla Russia “riguarda tutti noi, il nostro vivere da liberi, la nostra democrazia”. Dopodiché ha chiarito che l’Italia ha sempre perseguito la via del “dialogo” per arrivare a una soluzione pacifica della crisi. Ma il dialogo ora è “impossibile”. E con gli alleati, sottolinea il premier, il nostro Paese non smetterà di cercare una soluzione della crisi e nel frattempo chiede la fine “immediata” dello “spargimento di sangue” e il “ritiro incondizionato” delle truppe fuori dai confini “internazionalmente riconosciuti” dell’Ucraina (quindi anche dalla regione del Donbass).
Il premier aveva in predicato una visita a Vladimir Putin – su invito dello Zar – che è stata tenuta in sospeso e poi congelata. Draghi ha sfiorato il peggiore dei boomerang possibili: quello di andare a Mosca più o meno in contemporanea con l’attacco russo. La speranza era quella di supplire alla scarsa incisività mostrata dall’Italia finora con una visita che potesse avere maggior successo di quella del cancelliere tedesco Scholz e del presidente francese Macron. Ora la visita è completamente congelata. Anche se a Palazzo Chigi si spera ancora in un ruolo per il premier. Magari come mediatore tra Biden e Putin. L’equilibrismo tra l’atlantismo sempre esibito da Draghi e la necessità di tenere un filo con Mosca, che ha tenuto il premier ai margini di questa crisi dovrebbe, in teoria, rivelarsi un punto di forza. Senza de-escalation si tratta di fantascienza.
Ieri c’è stato anche un Consiglio supremo di Difesa al Quirinale, con il premier e i ministri più coinvolti nella crisi. Riunione breve e tesissima, finita con un comunicato finale molto esplicito. “Nell’affrontare la crisi in atto, l’Italia manterrà uno stretto raccordo con i propri partner in tutti i principali consessi internazionali. Insieme con i Paesi membri dell’Ue e gli alleati della Nato è indispensabile rispondere – si legge nella nota diffusa dal Quirinale – con unità, tempestività e determinazione”.
In serata, Draghi è volato a Bruxelles per il Consiglio europeo. Il pacchetto di sanzioni era stato preparato già ieri mattina dal Coreper, la riunione degli ambasciatori europei. L’Italia è da giorni attenzionata speciale dalla stampa anglosassone (Financial Times prima e Wsj dopo) come il Paese che potrebbe rompere il fronte, perché più a rischio rispetto alle controsanzioni russe, per la nostra dipendenza dal gas di Mosca. Non a caso ci siamo battuti dall’inizio per una condivisione dei rischi. Ma ieri Draghi ci ha tenuto a ribadire nel suo intervento che “sulle sanzioni siamo completamente allineati alla Francia, alla Germania, all’Ue”.