La mazzetta diventa detraibile

Dopo le delusioni della scorsa settimana – appena un indagato al giorno – a Criminopoli torna il sorriso. I nuovi indagati per corruzione, nella settimana dal 4 all’11 febbraio sono 25 per un totale di 187 (2,6 al giorno) da inizio anno. Grandi soddisfazioni anche sul fronte mafie: 42 nuovi indagati che portano a ben 545 (7,7 ogni 24 ore) il numero complessivo fino a oggi. Tra confische e sequestri per reati di mafia si contano invece 50,8 milioni e possiamo così tagliare il nastro del miliardo: 1,023 miliardi da inizio anno. Peraltro, in media, il 50 per cento dei beni confiscati, secondo Libera, non viene riutilizzato. Un plauso all’Università di Firenze che vede indagato per corruzione – per scambi di nomine nei concorsi e non certo per vile denaro – il suo rettore Luigi Dei e altri 9 docenti. È sempre un onore accogliere a Criminopoli gente di alta levatura intellettuale.

Premio mazzetta della settimana: the winner is Alessandro Bandini, sindaco di San Vincenzo in provincia di Livorno e fautore della prima mazzetta detraibile. Intercettato dalla Guardia di Finanza dice: “Parlando fuori dai denti, con Dal Pont c’era l’impegno di anda’ a fa qualche sponsorizzazione di 5mila euro qua e là… c’è la campagna elettorale eh… era il 2 per cento dell’appalto se non sbaglio…”. Giorni dopo, quando l’appalto edile viene affidato alla ditta di Davide Dal Pont, dice al collega di partito (Pd) Dario Ginanneschi, che gli chiede quanto sborserà Dal Pont: “15 mila… ma vengono girati tutti sul comune… al nero non te li dà più nessuno… loro li scaricano, questa è una fattura, la più grossa di tutte, 6.750 euro”. Insomma, la prima mazzetta detraibile. S’intende che, per quanto simbolico, il premio sarà revocato se Bandini sarà archiviato o assolto.

Ah, dimenticavamo: lo Stato non cattura Matteo Messina Denaro da 10.144 giorni.

 

 

MailBox

 

L’ingiusta esclusione di Costa all’Ambiente

Per quali ragioni il silenzio quasi generale ha accolto l’esclusione dal governo di un ministro come Sergio Costa al quale vanno riconosciuti meriti grandi sulla tutela dell’ambiente? L’Ambiente parrebbe ridotto a cosa da affidare essenzialmente all’ambito confindustriale con uomini come Galletti. I “gallettiani” risalgono a ruoli di staff. Tutti o quasi zitti sull’esclusione di Costa. Perché?

Vittorio emiliani

 

Draghi è silenzioso come un direttore di banca

Io non mi meraviglio del silenzio e delle assenze di Draghi: si sta comportando da direttore di banca che non parla mai con il privato cittadino, ma delega un vice o qualche sottoposto. Spero capisca che nella Repubblica però è il privato cittadino che comanda.

Wakan Tanka

 

Ministri, la “farina” l’han scelta i panettieri

Mi auguro di non sentire più la metafora per cui gli imbarazzanti ministri e i sottosegretari sono colpa degli italiani perché “Draghi e Mattarella fanno il pane con la farina che hanno”. Diciamo la verità: per fare questo pane, i panettieri si sono scelti la farina che di solito finisce fuori dal sacco.

Giovanni Contreras

 

Da Radio Confindustria solo diktat e peana

Radio Confindustria, detta anche radio Lecca Draghi, è molto attiva da quando il nuovo governo è a Palazzo Chigi. Non passa giorno che Bonomi non emani un diktat e che i suoi camerieri non ripetano allo sfinimento quanto è buono, bravo, competente il premier.

Massimo Giorgi

 

C’è un “Recovery Clan” per il “Recovery Fund”

In questi giorni, un pensiero cupo mi attraversa… Tra il “Recovery Plan” e il “Recovery Fund”… sempre più mi sovviene… un “Recovery Clan”… di un “Recovery Club”.

Uma Koller

 

Altro che i colonnelli, noi abbiamo i generali

Siamo più avanti della Grecia perché loro hanno avuto i colonnelli, noi abbiamo i generali!

Giorgio Zambelli

 

Nuovi leader giallorosa,
un’eterogenesi dei fini

Spero che “Enrico Stai Sereno” segretario del Pd e “Giuseppi” Conte capo dei 5S possano riparare i guai del berlusconismo e di Lawrence d’Arabia. Eterogenesi?

Giobatta De Gaspari

 

Ho ringraziato Conte affiggendo un manifesto

Sono un medico internista di 62 anni. Vivo e lavoro a Paliano (FR). Nonostante le dimissioni, ho sentito l’impulso a manifestare la mia gratitudine a Conte da cittadino, per cui ho fatto stampare e affiggere un manifesto nel mio paese. Voglio condividerlo anche con la comunità del vostro/nostro giornale, di cui mi onoro di far parte dal primo numero.

Pietro Landori

 

Un dubbio sul vaccino del presidente Mattarella

Viene giustamente detto che “Mattarella non ha saltato le procedure”, ma non viene specificato quale tipo di vaccino gli sia stato dato. A me e mia moglie, nati nel 1944, è stato proposto AstraZeneca, ma, da esperto di campionature, non mi fido dei risultati recentemente aggiornati, per cui ho disdetto la prenotazione in attesa di un vaccino meno controverso.

Antonio Pellegrini

A Mattarella è stato iniettato il vaccino “Moderna”.

M. Trav.

 

Roma, Virginia Raggi può essere ancora utile

Virginia Raggi si ricandida a sindaco di Roma, con un M5S incapace di fare squadra e un Pd incapace di esprimere alternative. Ho seguito le difficoltà e anche la resilienza di questa giovane donna. Credo che per risollevare la Capitale, sia veramente necessario un altro mandato.

Annamaria Bardzki

 

Barca critica a ragione le big della consulenza

Ho letto con interesse l’intervista a Fabrizio Barca sul Fatto del 7 marzo. Mi ha colpito in particolare un passaggio: Barca dice che le grandi società di consulenza affidano il lavoro a giovani mal pagati. Io ho lavorato in una società di certificazione dei Sistemi di Gestione e ho visto quanto descritto: lavori affidati a neolaureati privi di esperienza, obbligati solo a vestirsi bene e a usare paroloni in inglese. Se queste sono le società alle quali si affida il governo, poveri noi.

Enzo Formisano

 

Disaccordi con Cacciari sul lavoro dell’ex premier

Durante Accordi e Disaccordi, Massimo Cacciari ha detto che il governo Conte è caduto “vista la sua incapacità di scrivere un decente Recovery Plan”. Forse ha ragione? Aiutatemi a capire.

Luigi Procaccini

Caro Luigi, se fossi già stato in studio avrei replicato io, citando gli elogi che Draghi ha rivolto in Senato alla “grande mole di lavoro” fatta dal governo Conte sul Recovery. Che ora questo governo completerà, come avrebbero fatto Conte, Gualtieri, Amendola &C. se Iv non avesse bloccato tutto fin dal 6 dicembre.

M. Trav.

Covid-19. “Il governo dei ‘migliori’ si è dimenticato di noi dializzati”

Gentile redazione, da dieci giorni, 50 mila lavoratori sono costretti a compiere una scelta drammatica: tutelare la loro salute o salvaguardare il loro impiego. Stiamo parlando di persone fragili, che hanno subito un trapianto d’organi o che sono costrette a sottoporsi regolarmente a dialisi all’interno degli ospedali. Lavoratori che devono fare i conti con un sistema immunitario fortemente compromesso dai farmaci antirigetto e che, se contagiati dal Covid-19, hanno fino al 40 per cento di probabilità di morire. Il triplo della media nazionale.

La primavera scorsa, con l’articolo 26 del decreto Cura Italia, il governo Conte ha introdotto una norma per esentare dal lavoro queste persone per motivi di salute. Una tutela essenziale, senza la quale i lavoratori dializzati e trapiantati sarebbero stati costretti a ricorrere alle ferie, o alla malattia ordinaria, con il rischio di essere licenziati. Dopo essere stata prorogata ben tre volte nel corso del 2020, il 28 febbraio di questa norma si sono perse le tracce. Speravamo di vederla rispuntare nel decreto Sostegni, ma ci sbagliavamo: il “governo dei migliori” sembra essersi dimenticato dei più deboli.

Sia chiaro, qualche ritardo nella proroga si è già registrato in passato: sul finire dell’estate abbiamo dovuto sollecitare un emendamento in Senato al dl Agosto, per reinserire le tutele ai lavoratori più deboli. Ma allora la pandemia era in regressione e, soprattutto, la maggior parte delle aziende erano chiuse per ferie. Ora, invece, il virus corre e non ci sono attenuanti. C’è anzi l’aggravante di una campagna vaccinale che, con rare eccezioni, non sta tenendo conto dei più fragili. Si vaccinano gli avvocati, gli psicoanalisti che non vedono un paziente in studio da 365 giorni, i politici, i furbetti, tra poco persino qualche senatore. Mentre per i malati oncologici, i trapiantati, i dializzati, i disabili, non c’è fretta.

Negli ultimi dieci giorni abbiamo scritto al dipartimento Disabilità della Presidenza del Consiglio, al capo dei governatori di Regione, Stefano Bonaccini, e a tutti gli assessori regionali alla Sanità, chiedendo di dare seguito alle disposizioni date il 18 febbraio dal ministro Speranza, che ha invocato una corsia preferenziale per le persone fragili. Nessuno si è degnato di risponderci. In compenso riceviamo centinaia di telefonate ogni giorno da parte di persone costrette a scegliere tra lavoro e salute. E questo è persino più grave.

Giuseppe Vanacore, Presidente Aned Onlus Associazione nazionale Emodializzati, Dialisi e Trapianto

Lotta al cashback, il partito degli evasori alza di nuovo la testa

Il partito trasversale degli amici degli evasori rialza la testa. Per rendersene conto basta dare un’occhiata ai giornali. Quasi ogni giorno vengono pubblicati articoli che danno per imminente la fine del cashback di Stato. Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva ne chiedono l’abolizione. Qualche esponente del Pd la riduzione. Tutti, ovviamente, brandiscono nobili motivazioni. Dalla lotta alle poche migliaia di furbetti che per incassare il super cashback da 1.500 euro – destinato a chi compie il maggior numero di operazioni con moneta elettronica – hanno frazionato gli acquisti, fino alla necessità di reperire altri fondi da aggiungere ai 32 miliardi di euro accantonati per il decreto Sostegno (i vecchi ristori). La realtà è però diversa. Dietro i no ci sono motivazioni politiche (il cashback è stato uno dei cavalli di battaglia dei governi Conte) e di bieca caccia al consenso elettorale. C’è cioè la convinzione che disincentivare l’utilizzo di bancomat e carte di credito possa spingere chi fa nero a votare per questo o quel partito.

Considerazioni miopi e sbagliate, perché il cashback, oltreché premiare chi utilizza il denaro di plastica, viene ormai visto con favore da tanti commercianti. In periodo di pandemia spinge infatti molti cittadini a uscire di casa per fare compere nei negozi invece che fare spese online (se si usa la carta di credito sul web il rimborso non c’è).

Anche per questo, secondo un’indagine commissionata dalla Community Cashless Society della European House – Ambrosetti (in pratica gli operatori del settore), il livello di soddisfazione tra gli italiani è altissimo. Tanto che oltre il 90 per cento dei giovani tra 25 e 30 anni e il 77 per cento dei residenti al Sud e nelle isole dichiara di aver utilizzato maggiormente i pagamenti elettronici rispetto al passato proprio in previsione del cashback. E il 39 per cento degli intervistati aggiunge di aver speso più del solito nelle ultime settimane.

Sondaggi a parte, numeri oggettivi arrivano da Io, la app scaricata per partecipare all’iniziativa. Io è ormai installata su dieci milioni e mezzo di telefonini, mentre sono già otto milioni gli italiani che la utilizzano. Numeri in aumento così come sono in aumento i cittadini in possesso di Spid. Oggi hanno un’identità digitale più di 18 milioni di persone: 12 in più rispetto a un anno fa. Il nostro Paese è a un passo dalla svolta. La pandemia e iniziative come cashback fanno pensare che nel giro di un paio d’anni la stragrande maggioranza degli italiani potrà dialogare con la Pubblica amministrazione, effettuare pagamenti, ricevere notifiche direttamente sullo smarthphone. Con vantaggi per fisco e burocrazia. Ovviamente alcune cose anche nel cashback vanno riviste e implementate. Per evitare i furbetti che frazionano le spese va, per esempio, utilizzato un algoritmo che blocchi i comportamenti anomali. Mentre tutti i comuni d’Italia devono essere messi in condizione di notificare le loro multe direttamente sull’app da dove devono essere sempre possibili i pagamenti (con 15 euro di risparmio rispetto al costo di una multa cartacea). A chi, invece, sostiene che servono più soldi per i ristori, va ricordato che con un contributo una tantum del 2 e 3 per cento sui patrimoni superiori ai 50 milioni di euro, è possibile raccogliere dieci miliardi. Quando, con comodo viste le lentezze, la maggioranza dei tutti dentro si deciderà finalmente a licenziare il decreto Sostegni, alias Ristori, i fondi in più li vada a prendere lì. Non impoverirà nessuno e mostrerà rispetto per i cittadini onesti.

 

Per salvare clima e montagna, più camminatori e meno sciatori

Nonostante la primavera in arrivo, molti sperano ancora in un Draghi che mandi tutti a sciare. E pazienza se nel frattempo la vera neve sarà sparita; tanto c’è l’artiglieria, i cannoni sparaneve che ormai proteggono il 90% degli impianti e offrono piste imbiancate per almeno altri due mesi.

È la montagna di oggi: mentre lo sciatore dorme fiducioso nella baita, l’acqua scagliata come un fascio di luce sotto le stelle si trasforma prodigiosamente in neve, che viene poi spalmata dai gattoni cingolati. Ci si sveglia tutti più felici, ma anche un po’ tristi, pensando che le bianche vacanze sono appese al miracolo della nevicata assistita.

D’altra parte, il business non si può fermare. The snow must go on! e giù cannonate per resistere al riscaldamento globale, che sulle montagne corre più rapido che a valle. Ma i generali dell’armata bianca non indietreggiano, anzi. Galvanizzati dall’impiego dell’artiglieria pesante, non si accontentano più di resistere al clima, ma intravedono addirittura nuovi spazi di conquista per gli anni a venire. Qualcuno sogna di poter allungare la stagione facendo nevicare anche a ottobre e ad aprile; altri propongono di piantare cavi e tralicci nelle ultime roccaforti della natura. I progetti si moltiplicano e le Regioni approvano, incapaci di difendere ciò che resta di bello.

Sul Terminillo, ad esempio, la Regione Lazio ha appena dato il via libera a un disastroso progetto che prevede nuovi impianti sull’immacolato versante nord, rifugio di ben tre aree protette di interesse comunitario. Chilometri di cavi sospesi nelle valli delle ultime aquile reali, strade e piste fra boschi di importanza strategica per l’espansione dell’orso bruno marsicano, per non dire dei bacini artificiali per l’innevamento e dello sconquasso provocato dai cantieri. Stessa storia in Abruzzo, dove sono in ballo nuove stazioni all’interno del Parco della Majella e del Parco Sirente-Velino. Ovunque sembra dettare legge lo sport più impattante del pianeta, l’attività che pretende di trasformare le montagne in un parco giochi a cielo aperto. È questo il futuro che vogliamo? Le Regioni pensano davvero di poter affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici consentendo che si allarghi lo spargimento di neve finta sulle montagne? E con quale diritto saranno prelevate immense quantità d’acqua da falde e sorgenti sempre più magre? Chi pagherà l’energia necessaria per l’innevamento? Per tenere bianca una sola pista servono decine di migliaia di euro, milioni per ogni rete di impianti; un gioco destinato a essere sempre più costoso, visto che il caldo farà aumentare il numero dei bombardamenti necessari. È ora di fermarsi e riflettere. Se resistere è comprensibile, contrattaccare è follia. Al Terminillo, come altrove, si sta compromettendo il futuro per un breve domani, per un’utopia destinata a sciogliersi al sole. L’avvenire non può che essere un altro, con più camminatori e meno sciatori. Alberghi che si riempiono di clienti con uno spirito nuovo, vetrine con zaini, ramponi e scarpe da trekking. Non piste, ma sentieri per gente che abbraccia le montagne senza devastarne l’aspetto. E che un giorno, non molto lontano, forse s’imbatterà in un traliccio arrugginito o in un cannone abbandonato, macerie dell’insensata guerra per la neve.

 

I magistrati devono fare solamente i magistrati

Nei giorni scorsi, tre episodi hanno interessato il Csm e l’Anm; i primi due casi hanno visto il Csm autorizzare il “fuori ruolo” di due esponenti correntizi di rilevo: Luca Forteleoni di Magistratura indipendente ed Elisabetta Cesqui di Magistratura democratica. Il primo, dopo una infuocata votazione (10 c. 9), addirittura secretata (!), ha ottenuto il nullaosta per assumere il prestigioso incarico di componente dell’Autorità anticorruzione; la seconda, sempre a seguito di una sofferta votazione (12 c. 7 e 3 ast.) quello per assumere l’incarico di Capo gabinetto del neo ministro del lavoro Orlando (vicesegretario del Pd).

Il Forteleoni è stato, per anni, pm in Sardegna ed ebbe un momento di notorietà quando nel 2014 fu eletto al Csm nelle liste di MI con ben 1.500 voti e venne “sponsorizzato” dal leader della corrente, l’allora sottosegretario Cosimo Ferri, che inviò ai colleghi migliaia di sms per sostenere l’elezione del candidato.

La Cesqui, esponente storica di Md, è una veterana dei fuori ruolo essendo stata dal giugno 1998 al giugno 2001 Vice capo gabinetto del ministro di Giustizia (prima di Diliberto: Pdci e, poi, di Fassino: Ds) e, dall’ottobre 2014 al giugno 2018, quale capo gabinetto del ministro di Giustizia (Orlando: Pd) e Capo dell’ispettorato generale (a parte i quattro anni di carica elettiva al Csm: 2006-2010).

La delibera – ritenuta dagli oppositori adottata in netta violazione delle norme e, in particolare, della circolare del Csm del fuori ruolo – ha ottenuto il voto anche del suo capo gerarchico alla Procura generale della Cassazione, Salvi (altra storica toga di Md), nonostante la carenza di organico presso detto ufficio. Particolare significativo è che la delibera è stata adottata anche perché trattasi di “incarico di vertice dell’amministrazione particolarmente significativo dell’attuale contingenza socio-economica, in ragione del rilievo delle politiche pubbliche che il ministero del Lavoro è chiamato a realizzare” (!!).

Con tali provvedimenti, il Csm – nonostante l’impegno profuso da Nino Di Matteo e da qualche altro componente – dimostra di non voler recidere il perverso cordone ombelicale che lega i componenti togati alle correnti dell’Anm e di non essere fautore di una rigida linea che di fatto elimini ovvero riduca drasticamente i fuori ruolo.

Forse, al Consiglio Superiore non è chiaro che i magistrati devono fare esclusivamente i magistrati: esercitare l’attività giurisdizionale senza la necessità – (se non in casi del tutto eccezionali: ad esempio esperti presso le Commissioni parlamentari di inchiesta) – di dover occupare importanti poltrone dei ministeri o delle varie Authority.

Del resto, è da evitare proprio il fuori ruolo per l’incarico di capo gabinetto (di ministri, presidenti di Regione, ecc.), essendo inammissibile che un magistrato diventi persona di assoluta fiducia – comunque in posizione subalterna (e non è dignitoso) – di un politico del quale dovrà condividerne le scelte ed eseguirne le direttive. Peraltro, la chiamata nominativa da parte dell’autorità politica può far sorgere il sospetto – al di là del merito del magistrato – di una colleganza ideologica tra il chiamante e il chiamato.

Il terzo episodio riguarda un’altra toga storica di Md, Donatella Ferranti, attualmente in servizio presso la Cassazione, già potente segretaria generale del Csm e, poi, per dieci anni deputata del Pd (anche presidente della Commissione Giustizia alla Camera). La Ferranti si è dimessa dall’Anm per evitare di essere processata dai probiviri che hanno chiesto all’A.g. di Perugia le chat di Palamara, dalle quali risulta che la Ferranti ha reiteratamente e insistentemente “pressato” il Palamara (sia quando era al Csm che dopo) caldeggiando la nomina di un amico al prestigioso incarico di Avvocato generale della Cassazione (nomina, poi, avvenuta nel successivo Consiglio, senza nulla togliere al merito del candidato).

Ora, la strada intrapresa dai probiviri sembra essere quella giusta per liberare finalmente l’Associazione dalla presenza di esponenti di rilievo delle correnti (citati nelle chat) i quali probabilmente saranno invogliati a dimettersi per evitare di essere espulsi dall’Associazione per violazione dell’art. 10 del codice etico: “Il magistrato non si serve del suo ruolo istituzionale o associativo per ottenere benefici o privilegi per sé o per altri. Il magistrato si astiene da ogni intervento… sulle decisioni concernenti promozioni, trasferimenti, assegnazione di sedi o conferimento di incarichi”.

 

Quel violino di Como, i topini famelici del Pd e l’effetto Caravaggio

E per la serie “Se l’oro fosse merda la frase ‘vale tanto oro quanto pesa’ sarebbe ritenuta un’offesa gravissima”, la posta della settimana.

Caro Daniele, c’è una crisi economica senza precedenti. Le file alla Caritas si ingrossano di disperati (Leonardo Bruzzone, Genova). Per i supermercati invece è un nuovo boom. E non solo per loro. Ieri in centro ho visto un senzatetto che chiedeva l’elemosina con due ciotole. “Perché due ciotole?” gli ho chiesto. E lui: “Gli affari vanno così bene che ho aperto una succursale”.

C’è speranza per il Pd? (Alfredo Pedrotti, Trento). Be’, si dice sempre che i sorci sono i primi ad abbandonare la nave che affonda, ma i tre topolini che hanno la tana al Nazareno (Mitt, Matt e Mutt) sono ancora lì, mi assicura una Sardina che conosco. L’altra notte, conclusi i festeggiamenti di Base Riformista (gli agenti dormienti renziani nel Pd) per le dimissioni di Zingaretti, i tre topolini hanno approfittato delle tenebre per fare bisboccia con gli avanzi di pastarelle e di liquori. E tutto quel whisky scozzese (Ardbeg 10 anni, profumato, ampio, sontuoso, con sentori di fiori, agrumi, spezie, salsedine, torba, oli esausti, declinati con eleganza rara e precisione aromatica) gli è andato alla testa. Ringalluzzito dall’alcol, Mitt ha esclamato che sarebbe andato in Russia per dire finalmente a Putin il fatto suo, cazzo! Matt, allora, ha esclamato che lui sarebbe andato in Cina a mettere finalmente al suo posto Xi Jinping, dio bono! Mutt, invece, aveva un altro piano: “Voi due fate pure quello che volete, io adesso vado di sopra e mi inculo il gatto”. Ecco: l’unica speranza, per il Pd, sarebbe fare segretario Mutt. Ma il gatto è di Bettini.

Qualche idea per il prossimo lockdown? (Guido Basile, Como). Mangiare tanto gorgonzola, che è buonissimo. Attento, però: devi prendere solo un po’ di gorgon e mischiarlo con la stessa quantità di zola. E nel piatto devi mettere prima il gorgon, altrimenti invece del gorgonzola ottieni lo zolagorgon, un formaggio che non esiste. Come hobby, puoi approfittarne per imparare a suonare il violino. E quando tua moglie ti dirà: “Piantala, mi stai facendo diventare matta!”, tu dille placido: “Sei già matta: ho smesso di suonare un’ora fa”.

Con la scusa del lockdown, mio marito ha detto che suonerà il violino in casa tutto il santo giorno! Mi farà diventare matta! Cosa posso fare? (Franca Basile, Como). Fatti ricoverare in una clinica per malattie mentali: sarà già un sollievo. Quando poi ti verrà a trovare, potrai vendicarti in un modo sopraffino. Ecco le istruzioni. Mostragli le mani chiuse una sull’altra come se contenessero qualcosa, e digli: “Indovina cos’ho in mano!”. Lui farà lo spiritosone, e ti risponderà: “Non lo so. Un aeroplano?”. Tu dai una sbirciatina fra le mani, e rispondi: “No. Prova di nuovo”. Lui: “Uno yacht?”. Tu scuoti la testa. Lui: “Un cammello?”. E a questo punto, dopo aver sbarrato gli occhi dalla sorpresa, digli in tono di sfida: “Che colore?”.

L’altro giorno ho visto un documentario su Damien Hirst. Mi ha colpito la sua prima opera, A thousand years. È una teca di vetro piena di mosche che svolazzano su una testa di mucca coricata in una pozza di sangue congelato. Può essere definita un’opera d’arte, se ti stimola a fare sesso con un copertone? (Vincenzo Bottaro, Siracusa). Soprattutto in quel caso! È il famoso “effetto Caravaggio”.

Cosa ti immagini succeda nell’aldilà? (Carlo Bonanni, Roma). Se sei cattivo finisci all’inferno. Se sei molto cattivo finisci a fare il manager autostradale per i Benetton.

Cerchi anche tu una guida spirituale? Scrivimi (lettere@ilfattoquotidiano.it).

 

Ma a che serve il Cts se poi non lo ascolti?

“Draghi pronto a recepire metà delle indicazioni del Cts”, scrive il Foglio, al che spunta inevitabile la domanda: ma serve ancora a qualcosa il Comitato tecnico scientifico se le sue “indicazioni” possono essere affettate a metà come un salamino? Anzi, tagliate a spicchi, in base alle esigenze dei vari presidenti di regione che fanno come gli pare? Senza contare che sulla necessità di mettere in zona rossa, e dunque in sicurezza mezza Italia, sappiamo che i due Mattei non sono d’accordo, cosa che non desta stupore visto che Salvini era quello della mascherina no, e Renzi era quello che voleva riaprire tutto in piena prima ondata. Sono gli effetti, diciamo così, collaterali dell’unità nazionale dove l’opposizione, cooptata in un paio di giorni nella maggioranza, continua come prima a opporsi e a creare problemi.

I cantori del tutti insieme appassionatamente non tengono conto che (forse loro malgrado) viviamo ancora in una democrazia parlamentare dove i poteri del presidente del Consiglio, fissati dalla Costituzione, restano gli stessi sia che a Palazzo Chigi sieda Giuseppe Conte, sia Mario Draghi. Purtroppo, in quest’Arca felice di ultima generazione è difficile che il leone giaccia con l’agnello senza azzannarlo. E siccome anche il sopraggiunto premier non può agire da dittatore, e non può dire si fa come dico io, non gli resta che adattarsi alle necessità e fare buon viso esattamente come chi lo ha preceduto: mediare, sfumare, sopire e dunque “recepire a metà”.

Senza dubbio il compromesso è il nocciolo duro della politica, della buona politica e questo può e deve valere per la ripartizione dei fondi del Recovery o sulla durata del blocco dei licenziamenti. Ma concertare, mediare, o “recepire a metà” sulla lotta alla pandemia, e in una fase ancora più virulenta delle precedenti, sarebbe più prudente non farlo.

Infatti, un medico che prescrive un’aspirina per debellare il febbrone del paziente è difficile che si senta rispondere grazie ma preferisco prenderne metà. La salute di una collettività non dovrebbe essere affidata esclusivamente a una cabina di regia. A meno che una malsana ragion di Stato non suggerisca di sostituire gli allarmi dei virologi con gli opportunismi dei leader politici. Leggiamo che il Cts “dovrebbe essere dimezzato nei suoi componenti entro la fine del mese (Repubblica). Perché dimezzarli? Mandiamoli tutti a casa e non pensiamoci più.

“Da McKinsey&C. ai ministri: rischio conflitti d’interessi”

Nel 2006 Luigi Zingales scrisse sulla prima pagina del Sole 24 Ore che la nomina di Mario Draghi a governatore della Banca d’Italia nasceva con un potenziale conflitto di interessi: “Come Governatore, Draghi si troverà a decidere su molte offerte di acquisizioni bancarie organizzate dai suoi ex-colleghi, cioè da Goldman Sachs”. In quel pezzo l’economista della Booth School of Business di Chicago chiedeva al nuovo capo di Via Nazionale una serie di impegni per non incappare in situazioni opache.

Professore, come andò a finire?

Molti suggerimenti che avevo avanzato sono stati accolti, a parte quello che riguardava la donazione del bonus che Goldman Sachs gli avrebbe pagato quel gennaio. Il risultato è stato molto positivo, perché Draghi ha reso Banca d’Italia più trasparente.

L’ultima volta che l’abbiamo intervistata, abbiamo parlato della spinosa vicenda delle forniture dei vaccini. Il premier poi ha bloccato l’esportazione di 250 mila dosi di AstraZeneca destinate all’Australia. Che giudizio ne dà?

Mi pare che il presidente del Consiglio abbia fatto una scelta risoluta, nei limiti di quello che l’Europa permette. La decisione, per quanto difficile, a me sembra giusta. Mi domando cosa avrebbero scritto i quotidiani italiani se a fare questa mossa fosse stato Conte. Sono contento che la mia idea di integrare la campagna con l’antivirus russo, nonostante l’iniziale diffidenza, abbia trovato consensi: così trasversali – da Bonaccini a Salvini – che quasi mi preoccupo.

Le grandi società di consulenza lavorano da anni nei ministeri, ora col governo Draghi, McKinsey e altre entrano addirittura nella cabina di regia che al Tesoro dovrà scrivere il Piano nazionale di ripresa e resilienza, anche col compito di dare “supporto tecnico-operativo di project management per il monitoraggio di tutti i filoni del Piano”. Che ne pensa?

Se il governo ritiene necessario, in una situazione di emergenza (non come prassi), di giovarsi di contributi esterni e se questo può aiutare a definire un piano migliore, ben venga. Ma bisogna essere consapevoli che tutte le società di consulenza hanno potenziali conflitti d’interessi. Se lavorano sostanzialmente gratis (come è il caso di McKinsey che ha chiesto solo 25mila euro), c’è il rischio che vogliano approfittare di questi conflitti. Per questo bisogna mettere come condizione che si impegnino a rendere pubblica la lista dei clienti che hanno avuto nei tre anni precedenti al mandato e di quelli che avranno nei tre anni successivi.

Ci sono altri possibili conflitti di interessi anche all’interno dello stesso governo. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, è un dirigente in aspettativa di Leonardo, Vittorio Colao che si occupa di Transizione digitale, ha lavorato in Vodafone fino al 2018 (e ha iniziato la carriera in McKinsey).

Ci sono problemi a due livelli, uno monetario, che è facilmente risolvibile. Nel caso in cui Colao detenga azioni Vodafone, una azienda che può beneficiare dalle iniziative del governo, il modo corretto di operare è dismettere le azioni, posticipando l’imposta e convogliando i titoli in un trust. Lo fece Henry Paulson quando divenne ministro del Tesoro di Bush, lasciando Goldman Sachs. Far approvare una norma in questo senso sarebbe un bel messaggio. Per Cingolani e Leonardo il problema è ancora più severo, visto che è in aspettativa: il ministro dovrebbe astenersi da tutte le decisioni che riguardano Leonardo, come fece Draghi in Banca d’Italia per le decisioni che riguardavano Goldman Sachs. La cosa più difficile è l’inevitabile distorsione di prospettiva. Mi spiego meglio: Paulson, anche senza le azioni di Goldman Sachs, pensava che gli interessi dello Stato coincidessero con quelli di Goldman Sachs. Nella scelta della composizione del governo bisognerebbe tenere presente, come valore, la diversità di visione e di retroterra culturali e professionali.

Mi dice due punti che il governo dovrebbe affrontare?

Risolvere in maniera dignitosa una serie nodi industriali irrisolti: da Alitalia ad Autostrade, da Mps all’Ilva. Il professor Francesco Giavazzi, consulente economico del governo, si è sempre (giustamente) espresso contro i sussidi statali ai privati. Oggi ha la possibilità di eliminare questi sussidi, a cominciare da Alitalia e Monte dei Paschi. Parlando di sussidi, il primo da eliminare è quello che le imprese partecipate dallo Stato danno a Confindustria, facendone parte. Devono uscire subito da Confindustria. Non capisco perché lo Stato, anche indirettamente, sovvenzioni un’organizzazione che fa lobby per una specifica categoria economica. Neanche i sostenitori dell’intervento dello Stato in economia sono in grado di giustificare questo sussidio: a maggior ragione Draghi e Giavazzi.

Manzione. La vigilessa di Renzi si fa sistemare al ministero della Bonetti

Antonella Manzione, una donna per tutti i governi in cui c’è Matteo Renzi. Da capo dei vigili urbani di Firenze, quando Renzi era sindaco, a Palazzo Chigi, e poi al Consiglio di Stato, quando Renzi era presidente del Consiglio, a breve dovrebbe diventare la responsabile dell’Ufficio legislativo del ministero delle Pari opportunità e della Famiglia, guidato dalla ministra Elena Bonetti di Italia Viva, il partito di Renzi, anche stavolta al governo.

Sarà il plenum del Cpga, il Csm del Consiglio di Stato, a dover autorizzare Manzione. Nei giorni scorsi, come risulta al Fatto Quotidiano, la ministra Bonetti ha inviato la sua richiesta al presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi: “Illustre presidente, le comunico la mia intenzione di nominare” come capo dell’ufficio legislativo “il Cons. Antonella Manzione…”. Dal 2010 al 2013, Manzione fu comandante della polizia municipale di Firenze, fedelissima dell’allora sindaco Renzi che poi la nominò, per un anno, direttore generale del Comune. Quando, nel 2014, Renzi diventa presidente del Consiglio, facendo politicamente le scarpe a Enrico Letta, Antonella Manzione lo segue a Palazzo Chigi come potente capo dell’Ufficio legislativo e il fratello Domenico, magistrato, viene nominato sottosegretario all’Interno: evidentemente il renzismo è una passione di famiglia.

Ma torniamo alla consigliera di Stato. Approda a palazzo Spada nell’ottobre 2016, per volere di Renzi presidente del Consiglio, tra roventi polemiche dentro al Cds e con un no del futuro (allora imprevedibile) presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in quel periodo membro laico del Cpga, riunito in plenum per esprimere, come previsto, il parere alle nomine proposte dal governo. Manzione, infatti, divenne consigliera di Stato nonostante avesse 53 anni mentre la norma prevede che bisogna averne almeno 55 per essere di nomina governativa. A sostenere quella scelta di Renzi fu anche l’allora presidente del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, che giustificò la deroga al vincolo dell’età parlando di interpretazione “evolutiva” della normativa alla luce dell’abbassamento dell’età pensionabile dei magistrati, anche amministrativi, da 75 a 70 anni. A Pajno rispose Conte, facendo capire che si stava avallando un superamento ad personam dell’età minima: se si pensa a una deroga, disse, allora “sarebbe stato auspicabile che fosse stato fatto prima e per tutti e non ad hoc”. Ma non fu solo quello il motivo per cui Conte fu tra i consiglieri che si opposero. Non lo convinceva neppure il curriculum di Manzione, laureata in Giurisprudenza sì, ma nessun dottorato, nessun ruolo da docente universitaria, nessuna esperienza di lungo corso come avvocato, un curriculum “buono, ma non elevato per quello che riguarda gli studi giuridici compiuti” e non offre neppure “ferma indipendenza di giudizio”. Ora Manzione si appresta a lavorare al ministero guidato dalla renziana Bonetti, senza neppure l’obbligo del fuori ruolo.

P. s. Proprio la ministra per le Pari opportunità, che dovrebbe essere più attenta della media alla parità di genere anche nel linguaggio, nella lettera al presidente Patroni Griffi declina al maschile il titolo di Antonella Manzione, la chiama “Il Consigliere”.