Per la cerimonia dei César (è il 22 febbraio 1986, ndr) avevamo comprato a Charlotte un piccolo smoking da Agnès B., Serge è venuto a prendere me e Kate (la prima figlia, avuta con John Barry, ndr) in una Rolls-Royce noleggiata per l’occasione, era ubriaco fradicio, è caduto aprendo la portiera, ha arraffato una bottiglia di champagne al bar e l’ha nascosta sotto la sua poltrona e, in preda alla tensione e all’amore, ci ha annunciato che se Charlotte non avesse vinto avrebbe spaccato la faccia a tutte le altre contestants (“concorrenti”, ndr), e dato che avrebbe consegnato lui il premio per la migliore attrice verso la fine di quella beneamata cerimonia, il fatto che Charlotte avesse in mano il César ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo!
Kate mi ha annunciato di essere incinta prima di una cena con Serge alla torre Eiffel. Mi ha detto: “Ti ho fatto un amichetto per Lou”, io stupidamente ho detto: “Fatto con cosa?”, lei ha detto: “Un bambino, un bambino vero!”. A tavola, eravamo al Jules Verne, credo che le abbiamo detto di pensarci bene, Pascal rischiava il carcere, Kate mi ha risposto che si sarebbe sposata con gli abiti da carcerato disegnati da lei, quando Serge ha protestato, lei ha detto: “Io lo voglio, lo voglio!” spaccando tutti i bicchieri a portata di mano sulla strada verso l’uscita.
Roman è nato il 31 marzo, sono rimasta con Kate e Pascal fino al momento del parto, ho dato a pascal una Polaroid perché potesse fotografare l’arrivo di Roman, la Varda mi aveva chiamata perché stavo girando Jane B par Agnès V (1988, ndr), lei mi aveva detto che il mio ruolo non era quello di stare con loro come nonna, era un momento da vivere in coppia e io dovevo tornare in rue de la Tour per finire la sequenza del film che stavamo girando. Appena tornata a casa, ha squillato il telefono: Roman era nato e Kate stava bene! (…) Sono diventata nonna a quarant’anni, volevo essere chiamata mamie (…). Credo che, per gli uomini attorno a me, ci fosse una reazione un po’ come quella di Groucho Marx che aveva risposto, alla domanda “Che effetto le fa essere nonno?”: “Non mi abituerò mai a essere sposato con una nonna!”. (…)
2 giugno 1987, Besançon dopo un concerto
Vorrei poter mettere fine alla tristezza. (…) Quando Dada (direttore di scena, ndr) viene a chiamarmi e mi avvio al patibolo, il terrore di svernire è così palpabile, la velocità dei battiti del mio cuore, è il momento più terrificante che io conosca e che si ripete sistematicamente. Giuro: “Mai più così”. La diarrea, il vomito, i crampi. Mai più. Poi quando si arriva alla fine di tutto mi si strazia il cuore, questi volti che conosco solo da cinque mesi spariranno. (…) Le due di notte, pensavo a Kate. Io non ho mai toccato la cocaina perché non ho abbastanza coraggio, ma anche io ho le mie evasioni. Mi stordisco di lavoro, lavoro, lavoro, per non pensare. È uno stato di dipendenza, che ho dalla nascita, come mi ha detto il dottore una volta, è in me, l’ho trasmesso a Kate.
Non posso cantare senza iniezione di cortisone per paura di perdere la voce. Domani, per l’ultima data, sarò così spaventata che la chiederò soltanto per darmi sollievo psicologico, non posso riuscirci senza. Ieri ci ho provato di nuovo, ma la voce non ha retto e oggi era due volte peggio. Ho una tale paura che tutto questo finisca che non sono più in grado di presentare i musicisti senza mettermi a piangere. Bisogna che mi colpisca, che mi dia uno schiaffo per impedirmelo, nascosta dietro le casse.
Jacques dice che “il fondo non è buono”, come posso fare in modo che il mio fondo sia buono? Mi sono colta in fallo da sola. Stasera la suoneria della mia sveglia si è messa a suonare alle 21.15 nella mia valigia e ho dato la colpa alle cazzo di sveglie di tutti gli altri. Me ne andavo in giro per la stanza in preda alla rabbia, ho tirato gli orologi sui muri accusando tutti nella mia mente, nella camera proprio accanto a quella della mamma di Jacques, pensando solo al mio stupido sonno. Sono così collerica, così irritabile, così egoista che deve essere una cazzo di sveglia a darmi la prova di cosa sono veramente. Il fondo non è buono. Sono amata, ma il fondo non è “buono”. Ho così tanta paura che sia vero. (…)
In Comédie avevo come partner Alain Souchon, ero pazza di lui, era come un fratello geniale, facevamo le stesse cavolate, trovavo tutto in lui attraente e buffo, persino le emicranie che gli davano un odore dolce, era costretto a rimanere al buio, la cosa mi pareva il massimo del romanticismo! In tutti questi anni è rimasto un amico fedele e ha accettato di scrivere la musica di una canzone per l’al-bum Enfants d’hiver. Sono tornata da Londra, molto infelice per le infedeltà di Jacques. E chi c’era all’aeroporto Charles de Gaulle? Ma Souchon, dietro un giornale. Ha detto che passava di lì, e mi ha portata a Parigi a cena, e mi ha spiegato la differenza fra gli uomini e le donne in materia di infedeltà, la superiorità morale delle donne.