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Zingaretti, un leader in balìa degli eventi

Nel Pd Zingaretti non ha contato mai nulla. Tutto è avvenuto contro la sua volontà: la nascita del governo Conte, la sua caduta, il governo Draghi-Giorgetti… Non ha trovato i senatori per salvare Conte e non ha deciso nemmeno i ministri entrati nel nuovo governo. Che aspettava a dimettersi? Chi veramente comanda nel Pd sono i renziani, fuori e dentro il partito.

Salvatore

 

Draghi non si nasconda dietro i suoi ministri

È possibile che il primo ministro si nasconda e mandi avanti i ministri a illustrare delle scelte che ci condizionano la vita? Mi sembra veramente una scelta vile.

Fiorenza Battistini

 

La presunta “dittatura dei Dpcm” contiana aveva almeno la presenza fisica dell’autore… Oggi non solo tutto tace sui “giornaloni”, ma viene pure apprezzato. Complimenti e slurp!

Enzo Cecchini

 

Complimenti al “Fatto” per il pezzo su McKinsey

Siete l’unico giornale che non si è fatto ipnotizzare dall’esercito dei “migliori”. L’articolo di ieri sul ruolo della McKinsey è straordinario: dimostra la vostra autonomia dai poteri forti e deboli.

Francesco Giordano

 

I giochi delle tre carte sul decreto Sostegni

Sbaglio o col gioco delle tre carte è sparito “un giro” di ristori? I 32 miliardi non servivano per le chiusure di dicembre o comunque per le compensazioni del 2020?

Orlando Murray

 

Esatto!

M. Trav.

 

Noi pensionati con p. Iva esclusi da tutti i ristori

I pensionati con partita Iva come me non sono considerati nei ristori. Avendo una pensione da artigiano molto bassa, sono obbligato a lavorare. Fatturato del 2019: 56.000 euro. 2020: 10.500 euro. Nel 2019 ho speso 2.780 euro di energia elettrica, nel 2020 ho speso 2.687 euro avendo lavorato un quinto: c’è qualcosa che non va.

Renato

 

Le mosse divisive di “Iban il Terribile”

Draghi (Iban il Terribile) con la sua scelta dei ministri per il nuovo governo è stato purtroppo abilissimo a dividere e distruggere sia il M5S che il Pd!

Claudio Trevisan

 

Caro Claudio, “Iban il Terribile” vale il prezzo del giornale.

M. Trav.

 

Il discorso del M5S che resterà nei sogni

“Presidente Draghi, i criteri circa la formazione del suo governo non hanno rispettato le nostre richieste e le nostre aspettative: evinciamo che l’obiettivo è garantire la gestione del Recovery Fund ai poteri forti. Per questo ritireremo i nostri ministri e sottosegretari e ci asterremo. Nel frattempo, non possiamo che augurarle buon lavoro.”

Maurizio Contigiani

 

Radio Radicale predica, ma non è coerente

Radio Radicale in estasi per Draghi e la sua distinzione tra debito buono e debito cattivo. Secondo te, caro Travaglio, come considerano i milioni che paghiamo alla loro emittente?

Massimo Giorgi

 

Debito ottimo e abbondante!

M. Trav.

 

La pace fiscale penalizza chi ha il “vizio” di pagare

Vi scrivo per accusarmi pubblicamente di coglionaggine acuta e continuata avendo il “vizio” di pagare tasse e sanzioni per eventuali violazioni commesse. Però da oggi mi adeguerò, così meriterò un po’ di “pax fiscale” per tutto quello che non avrei voluto pagare.

Raffaele Fabbrocino

 

Come si fa a digerire gli affari sauditi di Renzi?

Con commozione e rabbia ho visto lunedì il servizio documentario sulla vicenda Khashoggi trasmesso da Atlantide (La7). Se Italia e Ue hanno lo stomaco per digerire senza alcuna sanzione gli affari dell’Innominabile, allora siamo davvero nelle mani di avvoltoi dell’alta finanza.

Antonino

 

Il Covid varia e muta come i politici italiani

Cosa c’è di difforme tra le varianti del virus e le mutazioni di onorevoli e senatori che imboccano le strade più diverse per loro tornaconto? Prima o poi riusciremo a sconfiggere Covid e mutazioni, mentre… virus e varianti dei politici non vedranno mai fine!

Raffaele Pisani

 

Quanto ci mancano Sartori e Rodotà!

Dall’avvento di Draghi, sono fortemente in sintonia con le riflessioni di Montanari, Fini, Revelli e De Masi. Mi manca però l’intelligenza frizzante di Giovanni Sartori e di Stefano Rodotà, ormai assente in un dibattito fatto di pregiudizi e formule vuote. Amerei fortissimamente sentire un loro ragionamento.

Francesca Della Pietra

I luoghi sacri. Sono importanti solo per l’uomo, “perché Dio è Spirito”

Nel corso della storia l’umanità ha segnato il pianeta con un’infinità di luoghi sacri: montagne, fiumi, foreste e poi templi o edifici di vario genere. Non mancano neppure luoghi sacri “laici”: territori o edifici simbolo di una civiltà o di una cultura. I luoghi sacri sono “luoghi”, quindi non si possono spostare, come invece gli oggetti, le persone o le idee. I luoghi posso essere occupati o distrutti da avversari o nemici. Per i luoghi si combatte, si soffre, fanno parte integrante – se non costitutiva – di identità personali e collettive o della loro narrazione. Durante una mia visita in Israele e nei Territori palestinesi, un medico palestinese dell’ospedale di Betlemme di disse: “la maledizione di questa terra è la sua alta concentrazione di luoghi sacri”. Ci sono “luoghi sacri” rappresentativi delle maggioranze ma anche quelli rappresentativi delle minoranze, oggi più diffuse che nel passato sia per effetto delle migrazioni sia per la maggiore libertà, in Occidente, della scelta religiosa. È una delle tante conseguenze della globalizzazione, che qualcuno confonde con un disegno di “sostituzione”. Questi “luoghi sacri” di minoranza o di diaspora hanno la particolarità di costituire anche una specie di “luogo protetto” in cui poter coltivare la propria lingua, cultura, tradizione oppure in cui poter coltivare una significativa “diversità” rispetto alla maggioranza o comunque rispetto “agli altri”. Il Vangelo di Giovanni affronta questi temi nel famoso episodio in cui Gesù scaccia i mercanti dal Tempio di Gerusalemme (2,13-22). L’interpretazione comune è che si tratti di un’azione purificatrice di un luogo sacro diventato un mercato: un rischio costante di ogni luogo sacro, di qualsiasi religione, che facilmente viene attorniato da un commercio più o meno appropriato. In realtà, il centro dell’episodio secondo l’intenzione del Vangelo di Giovanni è la frase di Gesù: “Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!” (2,19). Coloro che sono presenti non capiscono e gli chiedono, tra lo stupito e il canzonatorio: “Quarantasei anni è durata la costruzione di questo tempio e tu lo faresti risorgere in tre giorni?” (2,20). L’episodio termina qui, ma il Vangelo commenta: “Egli parlava del tempio del suo corpo. Quando dunque fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo; e credettero alla Scrittura e alla parola che Gesù aveva detta”. (2,21-22). Nella tradizione evangelica, è Gesù – nella sua esistenza concreta, fino alla morte innocente nel supplizio della croce e poi nella risurrezione – il “luogo sacro”, il “Tempio” cui rivolgersi per adorare Dio. Anzi è Dio stesso che vuole essere “libero” dalla costrizione dei luoghi fissi – prefissati e prevedibili – per potersi manifestare dove crede, con chi crede e quando crede. Come per esempio davanti a Mosè attraverso un cespuglio che brucia senza consumarsi, in un luogo deserto (Esodo 3). La stessa idea di libertà viene ripetuta da Gesù poco dopo: alla domanda della donna di Samaria – che gli chiede dove Dio debba essere adorato, se sul monte Garizim, sacro ai Samaritani, oppure a Gerusalemme – Gesù risponde “né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. (…) l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito” (4,21.23-24). È dunque la fine di ogni “luogo sacro” costruito da mano d’uomo? No, nel senso che l’essere umano ha bisogno di una “casa” dove potersi raccogliere, purché non l’assolutizzi e non la divinizzi, perché solo Dio è Dio.

*Già moderatore della Tavola Valdese 

In Sicilia piove poco, il Kentucky si allaga: stabile solo la CO2

In Italia – La primavera meteorologica è cominciata con giorni calmi e asciutti di alta pressione, notti ancora piuttosto pungenti (temperature minime fino a -5 °C nelle conche più fredde dell’Aretino) ma pomeriggi tiepidi benché senza eccessi (17-20 °C al Centro-Sud). Atmosfere torbide specie al Nord, tra foschie, particolato inquinante e una nuova nube di polvere desertica, la terza in un mese, giunta mercoledì dall’Algeria contribuendo ad appariscenti albe rosate. Piogge vivaci venerdì mattina in Liguria (circa 50 mm intorno a Camogli), in attesa dell’aria fresca orientale che è entrata ieri notte producendo bora, fiocchi di neve sul Carso, temporali al Nord-Est e rovesci sparsi anche sul resto del Settentrione. Intanto la Sicilia si affaccia verso la stagione calda e secca già penalizzata da un marcato deficit di pioggia invernale: tra dicembre e febbraio solo 82 mm d’acqua sono caduti a Pachino (Siracusa), poco più di un terzo del normale.

Nel mondo – I primi dati di febbraio 2021 indicano un mese troppo caldo su gran parte dell’Eurasia nonostante gli intensi ma brevi episodi gelidi della prima metà: anomalie termiche mensili di +1,8 °C in Giappone, +2,5 °C in Francia, +2,8 °C in Turchia, +3,0 °C in Cina, +3,3 °C in Svizzera, +3,4 °C in Slovenia. Sorprendente la situazione di Grenoble (Isère, Francia), febbraio più tiepido nella serie dal 1878 con 4,4 °C di troppo! Più freddo del solito invece in Scandinavia ma soprattutto in Russia, fino a 8 °C sotto la media, e il gelo intenso è continuato a inizio marzo con -53 °C nei dintorni di Krasnojarsk, record in oltre mezzo secolo di misure. Negli ultimi giorni molto caldo invece nella Terra del Fuoco, 26,1 °C sabato 27 febbraio presso Capo Horn, negli Emirati Arabi, 41 °C venerdì scorso, e anche negli Stati Uniti un febbraio freddo e nevoso è terminato con una vampata quasi estiva, 30 °C a Columbia (South Carolina) e 31 °C ad Augusta (Georgia), mai accaduto in inverno in oltre un secolo. Alluvioni come non si vedevano da decenni in Kentucky, e gravi inondazioni pure in molte zone del Sud America, dalla Colombia all’Argentina. Inoltre il ciclone tropicale “Niran” ha investito ieri la Nuova Caledonia (Oceania). In Antartide un iceberg da 1270 chilometri quadrati, quanto il comune di Roma, e battezzato A-74, si è staccato il 26 febbraio dalla piattaforma di ghiaccio galleggiante Brunt, affacciata sull’Atlantico australe e una delle più studiate al mondo: l’evento era atteso da anni, e secondo il British Antarctic Survey non c’è un legame significativo con i cambiamenti climatici. Dopo la vistosa diminuzione delle emissioni globali di CO2 durante i lockdown severi della prima ondata Covid (-6,4% nell’insieme del 2020 rispetto all’anno precedente), con la ripresa di gran parte delle attività economiche le emissioni sono tornate ai livelli pre-pandemia, anzi, fin superiori: +2% nel dicembre 2020 rispetto al dicembre 2019 secondo l’International Energy Agency. La ripartenza sta dunque avvenendo sotto il segno del business-as-usual, e ciò dimostra quanta strada resti da fare per rendere a bassa intensità di energia fossile l’economia e la società. D’altra parte, in vista della Cop-26 di Glasgow (novembre 2021), le Nazioni Unite hanno condotto una prima valutazione degli aggiornamenti dei piani nazionali di decarbonizzazione finora pervenuti nel quadro dell’Accordo di Parigi (NDC Synthesis Report), ambizioni nel complesso ampiamente insufficienti a centrare l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale a 1,5 °C a fine secolo: applicandoli (e già questa è una scommessa) si arriverebbe a una riduzione di appena lo 0,5% delle emissioni nel 2030 rispetto al 2010, a fronte del -45% che sarebbe necessario. Per adesso siamo dunque fuori strada.

 

Siamo un paese disossato. E senza un’idea di futuro

Buona l’idea di fare il Festival di Sanremo a ogni costo, si sentiva quasi l’eco dei passi nell’immenso spazio vuoto (ancora più vuoto a causa delle luci eccessive) e i cantanti hanno tutti interpretato con ostinato coraggio il ruolo operistico del “Qualcun ti applaudirà”, un brano di non celata disperazione.

Chi racconterà un giorno l’Italia ai sopravvissuti o ai subentrati farà bene a partire dal racconto dell’improvviso abbattersi, sul Paese della solitudine fondata sul pericolo reciproco di ognuno di noi per l’altro, e sulla necessità della distanza, la meno comunicativa possibile, fra esseri umani.

Non abbiamo nessuno a cui chiedere, nessuno che voglia dirci qualcosa o indicarci un percorso o sostenere (magari per insegnare) un punto di vista. Si aggirano manager e generali silenziosi e a noi deve bastare. Abbiamo acquisito alcuni principi a cui dobbiamo imparare ad attenerci.

Primo. Nessuno ne sa di più, o ha la chiave scientifica, politica, organizzativa per uscire dal labirinto, in cui ti assegnano il dovere di restare sempre nello stesso punto.

Secondo. Nessuno ha voluto o saputo mettersi davanti al branco per osare un accenno di guida verso qualche punto. Chiunque sia incaricato, di volta in volta, di mettersi in testa al disorientato corteo umano sa che deve solo dare nuovi elenchi di regole. Sono, ogni volta, regole al buio.

Non sappiamo per che cosa, contro che cosa, e non sappiamo se e quali principi, scoperte, cognizioni o religioni le ispirino.

Terzo. Non abbiamo scoperto qual è il rapporto fra lavoro e malattia, in contraddizione con ogni altro progresso precedente della scienza e anche dell’esperienza.

Questa contraddizione (proteggere il lavoro o combattere la malattia), si chiama “chiudere e aprire” con violente spinte per fare in modo radicale l’una o l’altra cosa, spiegando e argomentando, la stessa decisione al rovescio.

Quarto. Un vasto spazio vuoto separa (salvo segnali sporadici, molto lodati e non ripetuti) la politica (governo e partiti) dalla malattia. I politici non sembrano soffrire per il contagio dei cittadini.

I leader politici soffrono, e mostrano, anzi ostentano, le loro crisi che assomigliano ai drammi amorosi, che però hanno effetto (conseguenze) su tutti.

E il tormento dei sentimenti divampa in scontri durissimi in cui (come nei poemi di Orlando) il protagonista può pensare solo a se stesso e alla vendetta che gli spetta. Renzi ne è il modello. Si sta vendicando ancora, mentre nessuno ricorda più le ragioni del male che ritiene di avere subìto.

Come si vede, ogni punto qui indicato (facile capire che è preso dai fatti) porta danni gravi e rende più desolato il Paese Italia, dove i medici non vogliono vaccinare, alcuni importanti terrapiattisti e no-vax sono al governo, ed è appena stata inventata (con vera genialità, cui nessuno si è indignato e ha risposto) per l’unico partito che non è al governo, “l’opposizione patriottica”, una frase senza senso, ripetuta liberamente, a mitraglia, perché chiama il popolo a una mobilitazione di salvezza contro un governo che è, si deve dedurre da questo slogan, contro la patria.

Tutto ciò accade in un Paese disossato, a cui sono state tolte – fra silenzi e celebrazioni – le sue aziende simbolo, di cui ci restano solo filiali, a volte attive e a volte no. La Fiat, che era l’Italia, adesso è una grande azienda americana, anzi una grande azienda francese. E le pagine economiche dei giornali hanno appena intercettato conversazioni del ministro Giorgetti (ministro dello Sviluppo) che si consigliava su un nuovo possibile modo di disossare l’Italia: conviene o no vendere l’Iveco, una delle grandi fabbriche di autocarri del mondo?

Se questa pagina fosse filmata e si potesse allargare l’inquadratura, si noterebbe che, intorno a tutte le cose dette, manca un piano. La situazione è difficile, ma vogliamo andare dove? Ci stanno dando regole e consegne per ottenere che cosa? Dobbiamo guarire, certo. E poi?

È il non esserci liberati dalla pandemia che impedisce di avere un progetto italiano per il futuro?

O è la mancanza di un progetto, e la mobilitazione di un popolo che vi lavora, a tenerci fermi nello spazio della solitudine e della paura malata?

 

Tutti i “mi vergogno” che restano

 

“Mi vergognoche nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid”.

Nicola Zingaretti

 

Sia detto con tutto il rispetto che Nicola Zingaretti merita, ma qualcuno si ricorda di una sua frase altrettanto incisiva, vibrante, drammatica e appunto memorabile? O meglio, prima di giovedì qualcuno rammentava tout court una frase qualunque di Zingaretti? Forse neppure lui. Malgrado non si contino i discorsi che ha pronunciato nel corso di una intensa esperienza politica, quelle parole resteranno probabilmente scolpite nella storia del Pd, perché franche, schiette, sincere, autentiche. Dire la verità: questa potrebbe essere la nuova, semplice, emozionante frontiera del discorso pubblico, se i politici avessero il coraggio che non hanno. Prigionieri come sono della gabbia in cui si sono volontariamente ficcati, pappagalli ammaestrati nelle mani dei loro peggiori nemici, gli esperti di comunicazione che strapagano per venire castrati da ogni emozione non contraffatta. Pensate se il modello Zinga fosse replicato e se, per esempio, Beppe Grillo dicesse ciò che pensa realmente dei grillini, o almeno di alcuni di essi. Qualcosa del tipo: mi vergogno di voi, eravate delle nullità e solo grazie a me siete diventati parlamentari, ministri e sottosegretari e adesso vi scoprite insofferenti, ribelli anche se vi guardate bene dal mollare le poltrone. E non sarebbe fantastico se qualche eroe di Italia Viva dicesse ciò che pensa, veramente, di Matteo Renzi: siamo in tanti a vergognarci di te, delle tue penose interviste a pagamento, del tuo penosissimo inglese. Temiamo purtroppo che lo sfogo di Zingaretti sia destinato a rimanere isolato, anche se forse quella voce del sen fuggita può segnare un felice punto di non ritorno. Quello che d’ora in avanti renderà ancora più improponibili, inaccettabili, indigeribili, i cosiddetti pipponi, paginate di parole vuote, insulse, pallose, ridicole propinate sotto forma di interviste, editorialesse, monologhi e gargarismi assortiti che nessuno legge (e ascolta) e che infatti stanno mandando a picco ciò che resta del giornalismo italiano. Ieri, qualcuno ha scritto che il “mi vergogno” del segretario Pd segna la fine del riformismo, sì del riformismo. Amen.

 

Una magica formula d’Oriente riuscì a salvare la duchessa di Guascogna

Dai racconti apocrifi di Mariano José de Larra. Da qualche tempo la duchessa Elisa di Guascogna, una delle donne più belle d’Europa, era afflitta da una malinconia invincibile, non dovuta alla morte recente del marito, ma alla prolungata assenza del suo amante, Goffredo, il duca di Aquitania, di cui non aveva notizie da quando era partito per una guerra al di là dei Pirenei, sei mesi prima. Elisa passava le giornate a leggere in giardino, dove ricordava in singhiozzi i bei momenti trascorsi insieme a Goffredo. La vecchia cameriera, vedendola spesso in lacrime, la convinse a recarsi a una certa grotta, dove c’era una statua di Sant’Agnese che faceva miracoli, dicevano; e poiché i pellegrini potevano indossare un solo indumento, le cucì una tonaca in velluto rosso, che aderiva alle sue curve in modo provocante. “Non ho l’aspetto di una penitente”, disse Elisa allo specchio, “ma la Santa mi perdonerà quando le offrirò tutti i miei gioielli.” Scalza, dopo dieci chilometri raggiunse con i piedi sanguinanti la fredda grotta odorosa di muschio che celava la torva statua di Sant’Agnese. Elisa si prostrò, porse alla Santa il saccello con le sue gioie e implorò accorata che le venisse restituito il suo amore. Attese a lungo, poi la statua parlò con una paurosa voce d’oltretomba: “Donna, non scelsi il martirio dello squartamento per aiutare femmine dissolute che agognano gli abominevoli peccati della carne”. Elisa scoppiò a piangere. “Ma poiché il tuo amante combatte contro gli infedeli”, proseguì la Santa, “credo di poter fare una piccola eccezione. Rivedrai il tuo uomo. A una condizione: in sua presenza, non dovrai mai toglierti quella tunica rossa che ti avvolge in modo tanto provocante. O dovrai pentirtene”. “Neanche sollevarla un pochino?” “No, e neppure abbassarla. Neanche di mezzo pollice” disse la Santa, e non parlò più. Il monito gettava un’ombra sul gioioso rendez-vous promesso. Due giorni dopo, lei e Goffredo si baciarono a lungo. Come dargli la notizia scoraggiante? Goffredo le raccontò la sua fuga fortunosa. “I Mori mi avevano imprigionato in cima a una torre così alta che bucava le nuvole. Non c’era alcun modo di scappare. Ma un giorno, come per miracolo, il vecchio che mi portava da mangiare mi disse di essere un mago venuto dall’Oriente. Dopo averlo pagato con l’ultimo gioiello nascosto nel mio corpo, mi disse la formula che avrebbe fatto allungare i miei vestiti a dismisura. Quella notte legai la mia camicia a una trave, dissi la formula magica e appeso a una manica scesi lungo l’alto muro della torre. Toccai terra all’alba.” “Un miracolo davvero!” esultò Elisa, un lampo di luce negli occhi. “Per caso ricordi ancora quella formula?”

In sogno, Elisa vide la Santa: le ordinava di ritornare alla grotta; e quando Elisa fu là, umilmente in ginocchio, la Santa disse: “Ho saputo che stanotte te la sei spassata parecchio. Quindi mi hai disobbedito: ti sei tolta la tunica!” “Mai!” disse Elisa. “L’ho tenuta addosso esattamente come avevi prescritto; senza sollevarla, né abbassarla”. “Però è successo!”. “Sì.” E mentre le raccontava, lo sguardo a terra, anche i dettagli, l’aria della grotta sembrò farsi più buia e più fredda. Finalmente, giunse al termine della confessione: “E così scoprimmo che la formula funzionava anche sul suo stromento!” Fu come se il sole rischiarasse la grotta. Elisa alzò gli occhi, e vide che, intorno a lei, le rocce erano ricoperte di fiori multicolori. L’aria si era fatta dolce, e la statua pareva essere scossa dalle risate. “Sto qui da così tanto tempo” disse Sant’Agnese, la voce allegra “che credo di essere diventata una guascona anch’io!”

 

Sansonetti assolve l’editore Romeo

Il mondo di Sottosopra, o se preferite il paese delle Favole, dove per dirla come Beppe Savoldi “fu eletto cannoniere chi segnava meno goal”, ha finalmente un giornale di riferimento. È Il Riformista di Piero Sansonetti che ieri, con enorme sprezzo del pericolo (e del ridicolo), titolava così in prima pagina sull’esito dell’udienza preliminare a carico del suo editore Alfredo Romeo: “Corruzione, prosciolto Romeo ma le agenzie scrivono il contrario”. L’articolo è una perla migliore del titolo: un pippone contro la presunta sciatteria dell’informazione giudiziaria delle agenzie, condito dai toni trionfanti su Romeo “che ha vinto una battaglia importante in tribunale” perché il giudice “lo ha prosciolto da tutti i reati importanti per i quali era stato indagato” e soprattutto “dal reato di corruzione”, stabilendo il rinvio a giudizio “solo per alcuni reati minori”. Tra i quali l’associazione a delinquere con alcuni dirigenti di Romeo Gestioni spa, reato che nel mondo di Sottosopra è considerato al pari di una bagattella e giustamente Il Riformista ci sorvola su, che sarà mai.

I marmittoni Pd si scordano il buon governo del Lazio di Zinga

Il Pd aveva la fortuna di offrire gratis all’Italia un esempio di buon governo della pandemia, e quell’esempio ce l’aveva in casa, anzi in tasca. Però, guarda un po’, l’hanno dimenticato. Strano, vero, per i teorici del buon governo? Stranissimo poi se il potere concorrente, quello leghista, infangava il suo vessillo nella cattiva pratica, facendo sprofondare Alberto da Giussano dentro il caos lombardo, ritenuto il benchmark dell’efficienza. Il Lazio – con tutte le magagne che desiderate addebitare – è la regione che vaccina meglio e di più (superata quota 500 mila), che ha messo per prima in sicurezza gli over 80 (oltre 150 mila), che ha aperto per prima le porte ai fragili e ai fragilissimi. Sarà la prima a fornire i certificati vaccinali (15 marzo), è stata la prima a ideare un sistema di prenotazione aperto e trasparente (clicchi, ti scegli il centro a te più vicino, conosci contestualmente il giorno e l’ora della prima e della seconda dose). Dall’istituto scientifico più accreditato in Italia , lo Spallanzani, il primo sequenziamento del virus. Dal polo farmaceutico e medicale di Pomezia, le tre aziende (Irbm, Takis e Reithera), che hanno contribuito all’ideazione del primo vaccino (Irbm con Oxford per Astrazeneca) e oggi sono impegnate nella difesa alle sue varianti.

Roma, pur essendo aperta a migliaia di transiti quotidiani, ha gli stessi numeri di contagi di Bologna, sette volte più piccina, e di Napoli, tre volte più piccina. Incomparabile il raffronto con Milano. Il Lazio, forse non solo per il fato, è ancora in zona gialla mentre il resto delle città metropolitane hanno vissuto e continuano a vivere un incubo. Il Lazio è la regione dove i ragazzi hanno perduto meno giorni di scuola, e i bambini sono stati meno chiusi in casa, trovando quasi sempre le classi pronte ad accoglierli.

Il sistema di ospedalizzazione a cerchio funziona, il numero di posti letto finora è risultato adeguato, le terapie intensive raddoppiate e mai in crisi. Nel Lazio si è avuto anche il primo episodio di frode in pubbliche forniture con mascherine comprate, nei giorni del lockdown, e mai giunte. Frodato, forse ingenuo, ma nessuno finora ha potuto dire che il presidente della Regione avesse un cognato da aiutare o un euro da mettere da parte.

Questi sono i fatti. Ma i marmittoni del Pd non si sono mai ricordati che Nicola Zingaretti, il presidente del Lazio, era anche il loro segretario. Era.

L’ago della stabilità fa i vaccini a domicilio

 

• “Nella struttura commisariale affidata da Mario Draghi al generale Francesco Paolo Figliuolo è iniziato il countdown. L’obiettivo è arrivare concretamente (con la Difesa e la Protezione civile) dove le strutture sanitarie delle Regioni non sono in grado di arrivare. C’è una rete territoriale da costruire, una sorta di piano porta a porta” (Pare di capire che i militari suoneranno ai citofoni per portarci i vaccini. In bocca al lupo, ndr).

Repubblica

 

• Titolo: “Ci chiude come Conte ma almeno Mario non fa prediche in tv”. Svolgimento: “Super Mario non ha bisogno di farsi sentire, tutti sanno che comanda lui. (…) Ben vengano quindi le notizie con il contagocce, così che avremo il modo di conoscerle e il tempo di capirle”.

Pietro Senaldi

 

• “Draghi e Mattarella, l’ago della stabilità”.

Repubblica

Sant’Attilio da Varese ha fatto il miracolo

Dopo aver moltiplicato i letti di terapia intensiva (ma non i medici, che per quelli non aveva tempo) e aver fatto piovere camici quando mancavano negli ospedali, Sant’Attilio da Varese ha fatto il miracolo. L’ennesimo.
Il sant’uomo, con la sola apposizione di una firma, è riuscito a evitare che la Lombardia diventasse rossa (e quindi comunista). Non ringrazieremo mai abbastanza la forza, il coraggio, la lungimiranza dell’Avvocato che, basandosi su numeri di un solo mese di monitoraggi, impavido, ha dichiarato la zona arancione, rinforzato, per giunta! Certo, ha chiuso le scuole, diranno i soliti genitori petulanti, ma negozi e uffici sono tutti aperti! Vi pare poco? E che dire della modestia: “Un’iniziativa da me già adottata (..) che se non intrapresa forse oggi avrebbe costretto la Lombardia a passare in zona rossa”. Capite? In sole 24 ore ha abbassato l’Rt (quello che Gallera ancora non domina), ha sconfitto la variante della perfida Albione e ha fatto capire a quella brasiliana che per lei tira una brutta aria. Quindi grazie ancora sant’Attilio, #lehaiazzeccatetutte