Quando nell’aprile del 2017 Luigi Di Maio definì le navi delle Ong nel Mediterraneo “taxi del mare”, ci fu una dura reazione del mondo della cooperazione, che si sentiva attaccata per il suo impegno nel recupero di vite in mare. Eppure, la chiusura dell’inchiesta della Procura di Trapani, a quasi 3 anni dall’inizio dell’indagine, sembra dare adito a quei sospetti. Nelle carte, in cui i pm Brunella Sardoni e Giulia Mucaria non scrivono mai la parola “taxi del mare”, fanno però riferimento “a più azioni esecutive” di uno stesso “disegno criminoso”, con i ripetuti trasbordi delle imbarcazioni libiche, riconducibili “ai trafficanti”, alle navi ong Jugend Rettet, Save the children e Medici Senza Frontiere. Save the children e Medici Senza Frontiere sono accusate di aver favorito l’immigrazione clandestina, insieme ad altre 22 persone, tra comandanti, team leader o capi missioni delle due ong, per aver gestito le operazioni di search and rescue (ricerca e soccorso) a cavallo tra il 2016 e il 2017. Si trovavano al posto giusto, nel momento giusto.
Dagli atti si legge come le ong una volta “appreso” della “partenza dalla costa libica di numerosi migranti presenti su una o più imbarcazioni”, si dirigevano “verso una precisa zona” dove sarebbero giunti i “migranti”. Un’azione svolta, scrivono i pm, “senza dare comunicazione all’autorità nazionale competente”, quindi il Centro nazionale di coordinamento del Soccorso marittimo (IMRCC), che avrebbe così precluso “ogni decisione sia all’eventuale coordinamento obbligatorio” e “sia all’effettiva qualificazione giuridica dell’evento in atto”. In questo modo, l’ong si sarebbe trovata “nella condizione ideale di luogo e di tempo per essere designata” dall’Imrcc per il soccorso.
Recuperando i naufraghi dalle barche dei “trafficanti libici”, ai quali “riconsegnano” i barchini e non si oppongono al ritorno nella costa nordafricana; le ong non avrebbero fatto “riferimento alla presenza di trafficanti e ai comportamenti palesemente illeciti”. A questo si aggiunge lo spegnimento del transponder per evitare di essere localizzati, e la navigazione con “le luci del ponte della nave spente in ore notturne”, che avrebbe potuto “arrecare un pericolo”.
Le ong si sono sempre difese spiegando di aver agito per salvare le vite, intervenendo per evitare che i migranti potessero naufragare, come spesso purtroppo è successo. Ed è evidente che a lucrare sulla pelle di migliaia di migranti, che per una vita migliore speravano di poter arrivare in Europa, sono sempre stati i trafficanti e gli smuggler.
Su Medici senza frontiere pende anche un’altra accusa, questa volta la richiesta di rinvio a giudizio arriva dalla Procura di Catania, e riguarda le Ong con base in Belgio e Olanda, accusate di aver smaltito in modo illecito i rifiuti accumulati durante la navigazione. “Un ingente quantitativo di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivanti dalle attività di soccorso dei migranti a bordo della Vos Prudence e dell’Aquarius”, si legge nell’atto d’accusa, e “conferiti in modo indifferenziato, unitamente ai rifiuti solidi urbani, in occasione di scali tecnici e sbarco dei migranti” nei porti. La Procura di Catania, guidata da Carmelo Zuccaro, è stata una delle prime a puntare le sue indagini sulle Ong, che da un lato non è riuscita a dimostrare il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mentre dall’altro ha chiesto di archiviare le accuse di sequestro di persona (Diciotti e Gregoretti) per l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
Ancora più grave sembra essere l’accusa della Procura di Ragusa nei confronti del recupero in mare della Mare Jonio dello scorso 11 settembre. La nave, di proprietà della società armatrice Idra Social Shipping ma che agiva per conto della ong Mediterranea Saving Humans, era intervenuta per recuperare i 29 migranti a bordo del mercantile danese Maersk Etienne, fermo in mare da 35 giorni.
Un’operazione che sarebbe stata concordata tra i due armatori, e che non vede coinvolta la ong, con un passaggio di 124 mila euro del 30 novembre, dai conti danesi alla Idra. Al momento, accusati di favorire l’immigrazione clandestina, sono l’armatore e capo missione veneziano Beppe Caccia, il comandante Pietro Marrone, l’attivista no global Luca Casarini e il regista romano Alessandro Metz.