Quando è stata chiamata da Mario Draghi, Marta Cartabia non si aspettava certo di avere vita facile a Via Arenula. Basti solo pensare che sulla Giustizia sono caduti il Conte I e il Conte II e far andare d’accordo su prescrizione, carceri e processo penale Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio, Matteo Renzi e Matteo Salvini è impresa complicatissima. Ma un fuoco di fila così, appena insediata, proprio non se l’aspettava. Si è iniziato con la prescrizione: subito dopo l’insediamento del nuovo governo, Italia Viva, Forza Italia e Lega avrebbero voluto spazzare via la norma di Alfonso Bonafede che dall’1 gennaio 2020 blocca la prescrizione dopo la sentenza di primo grado ripristinando la vecchia riforma di Andrea Orlando (stop di 36 mesi tra primo grado e Appello). Ma Cartabia è riuscita a sventare l’assalto facendo ritirare gli emendamenti di Francesco Paolo Sisto (FI) e Lucia Annibali (IV), al posto di un ordine del giorno per rinviare la riforma della prescrizione alle calende greche. Poi sono arrivati gli attacchi dell’Unione Camere Penali di Giandomenico Caiazza, avvocato di Renzi, e di Berlusconi per chiedere di abolire l’abuso d’ufficio (“un cappio al collo”). Per non parlare di coloro – ancora una volta Berlusconi, Renzi e Salvini – che in questi giorni hanno chiesto una riforma del processo penale in senso “garantista” spazzando via il progetto di Bonafede. Infine ieri sul Riformista si chiedeva al ministro di “riaprire il caso Palamara” con “indagini preliminari su tutti i magistrati coinvolti”. Un pressing che dai singoli temi si è spostato alle nomine: Berlusconi è riuscito a piazzare Sisto, suo avvocato nel processo escort a Bari, proprio come sottosegretario alla Giustizia per “controllare” l’operato del ministro. E in FI si racconta che Sisto mantenga quotidianamente un filo diretto con Niccolò Ghedini, altro storico avvocato dell’ex premier, per decidere le mosse sulla Giustizia: entrambi sono rimasti irritati dal rinvio del voto sulla prescrizione e potrebbero tornare all’attacco entro il 27 marzo, data di scadenza degli emendamenti su ddl penale, se non arriveranno segnali da Cartabia. Tant’è che ieri proprio Sisto ha concesso una sibillina intervista a La Stampa per dire che l’arrivo di Cartabia a via Arenula ha “immediatamente alzato il livello del dibattito sulla giustizia”. Traduzione: adesso il ministro si muova.
Ma Cartabia resiste al pressing e le sue prime mosse sono in continuità con quelle dell’ex Guadarsigilli Bonafede (M5S). Da via Arenula fanno sapere che il ministro Cartabia non va dietro all’ultima dichiarazione dei partiti: è concentrata solo sui dossier giustizia necessari a ottenere i fondi del Recovery Plan, a partire dalla riforma della giustizia civile. Come dire: fate pure, tanto decido io. Nel frattempo il ministro ha completato il suo staff confermando molti uomini della squadra di Bonafede: resta al suo posto il capo di gabinetto Raffaele Piccirillo, già direttore della giustizia penale con Orlando, il vicecapo dell’Ufficio legislativo Concetta Locurto ma anche i vertici del Dap Dino Petralia e Roberto Tartaglia. Tra le new entry ci sono il docente di Diritto penale Nicola Selvaggi (ufficio di gabinetto) e la presidente della sezione famiglie della Corte di Appello di Roma Franca Mangano all’Ufficio legislativo.