Giuseppe Conte torna a Firenze da un ingresso laterale, in senso fisico e figurato. Rientra nell’Università che gli restituisce la cattedra in Diritto privato. Lo fa dall’accesso secondario in via La Pira, dove il rettorato confina col museo di Paleontologia. L’ex premier arriva da Roma a bordo dell’Alfa Romeo di servizio, l’auto dribbla i giornalisti e si parcheggia nel cortile, seguita dalla Jeep della scorta. Passa di fianco alla statua del Tirannosauro all’ingresso del giardino (minacciosa, ma pur meglio di un drago) e viene accolto dal rettore Luigi Dei.
Nella prima uscita pubblica dopo il trasloco da Palazzo Chigi, neanche una dichiarazione ai cronisti, né all’andata né al ritorno. Non è il momento di annunci, visto pure il palpabile nervosismo nel M5S. È già certo, però, che l’impegno universitario sarà flessibile, compatibile con le sue esigenze politiche. Nei colloqui con Dei e con la presidente della Scuola di Giurisprudenza, Paola Lucarelli, sono stati stabiliti i termini del suo impiego didattico nel prossimo semestre: Conte sarà in organico per lezioni, conferenze e seminari, ma “nell’ambito dell’insegnamenti già programmati”. Un ruolo laterale, appunto, perché il futuro dell’avvocato è ancora in politica.
La lectio magistralis per gli studenti dell’Università di Firenze è a porte chiuse, ma visibile in streaming. Fuori una ventina di ragazzi lo contestano per la didattica a distanza e per il diritto allo studio “calpestato”. Dentro, l’ex premier sale in cattedra, si toglie la mascherina con il logo dell’ateneo e pronuncia un discorso accademico nella forma, politico nella filigrana. Una cinquantina di minuti, 30 cartelle di file Word, un respiro ultra europeista e la versione retrospettiva dell’ex inquilino di Palazzo Chigi sulle sfide dell’ultimo anno terribile, che “ha cambiato il corso della storia”.
Il titolo, significativamente, è “lezioni dalla pandemia”. Il professor Conte qualche sassolino dalle scarpe se lo toglie: nella prima fase della crisi, ricorda, buona parte dell’opinione pubblica era contraria alla linea del rigore: “Un filone di pensiero, vigorosamente sostenuto nel dibattito pubblico, non voleva alcun intervento contenitivo. Questa tesi poggiava sull’argomentazione che la letalità del virus fosse poco più elevata di una semplice influenza”.
L’ex premier rivendica il suo metodo – la valutazione ponderata “tra la tutela della salute e gli altri interessi della persona” e si difende sul famigerato ricorso ai Dpcm (ereditato peraltro da Draghi): “Non sarebbe stato possibile affidarsi ai soli decreti legge, la cui conversione va operata dal Parlamento entro 60 giorni. Con la conseguenza che la medesima conversione sarebbe avvenuta a effetti ormai esauriti o comunque superati dal decreto successivo”. Bisogna fare in fretta, insomma: “Il ricorso ai dpcm è stato ispirato dalla necessità di dotarsi di uno strumento particolarmente agile, in modo da intervenire prontamente in base all’evoluzione del contagio”. La pagina più sostanziosa della “lezione” è per i nuovi euro-entusiasti: “Le professioni di fede ‘europeiste’ si sono moltiplicate, in Italia, in queste settimane. Alcune sono giunte inopinate, ma l’europeismo non è una moda” (chi ha detto Salvini?). E ancora: “Dobbiamo rafforzare l’Ue in modo da scongiurare la diffusa percezione che le politiche europee vengano decise in luoghi poco accessibili e in ambienti tecnocratici. Altrimenti, quando il vento cambierà e torneranno a spirare i venti nazionalisti, sarà molto complicato riuscire a contrastarli”.
Conte professore saluta il rettore e i colleghi e risale in macchina. Conte politico torna a Roma per ricominciare da capo. Lo staff di Palazzo Chigi al momento è quasi azzerato. Con lui a Firenze c’è Andrea Benvenuti, classe 1992. Era suo dottorando in Diritto privato, poi praticante presso lo studio Alpa, infine segretario particolare a Palazzo Chigi. Ora cura i rapporti con la stampa, in attesa del rientro in organico di Rocco Casalino. Nel frattempo ha un incarico da collaboratore parlamentare nel gruppo Europeisti-Maie-Centro democratico al Senato (avanguardia della fallimentare missione “responsabili”). Altro indizio che il professor Conte non ha nemmeno pensato di lasciare la politica per l’accademia.