Il 1° draghi e il 25° Vespa

Mario Draghi ha parlato in Senato per 51 minuti, Bruno Vespa su Rai1 per più di 200. OK, il prezzo è giusto, anche perché Draghi si rivolgeva al Parlamento per la prima volta, Vespa festeggiava i 25 anni di Porta a Porta raggiante quasi quanto Matteo Renzi. “L’unità non è un’opzione, è un dovere” ha detto Draghi; ma questo non è da un quarto di secolo anche il programma dell’equivicino per antonomasia? Un’illuminante coincidenza ha fatto cadere nello stesso giorno la fiducia al primo governo Draghi e la conferma al venticinquesimo salotto Vespa, dove però non era presente alcun rappresentante del neonato esecutivo con l’eccezione del catecumeno Luigi Di Maio (altro ritratto della felicità, meno male che i 5Stelle avevano giurato guerra alla sovraesposizione televisiva). Al loro posto, l’ennesima sfilata primavera-estate dei leader di partito: quando l’unità è un dovere, ma che dico, un piacere, un centro benessere. Insomma, uno studio televisivo, whatever it takes.

Chi sono oggi gli uomini politici? Rappresentanti del popolo? Esseri fatti della stessa sostanza dei pixel? Eredi dei padri costituzionali o dei Simpson? “Tutti un po’ ballerini e tutti i ballerini si occupano di politica”, come scriveva Milan Kundera, un anno prima del varo di Porta a Porta? E il famoso fallimento della politica non sarà l’altra faccia del Grande Politico Vip a reti unificate? Giusto invitare anche Maurizio Costanzo, da cui Vespa riceve il testimone; uno ha portato i politici sul palcoscenico, l’altro ha allestito scene, costumi, copioni, siparietti molieriani quali il risotto di D’Alema o il contratto con gli italiani di Berlusconi. Nessun rappresentante del governo, ma in compenso anche Milly Carlucci, Lino Banfi, Carlo Conti… guardavano rapiti gli Zingaretti, i Renzi, i Salvini come si guardano i maestri dell’Actors Studio: gente che forse non sarà il caso di votare, ma da cui c’è sicuramente da imparare.

E la guardia soffiò al mafioso

Vi serve una soffiata sulle indagini in corso? Necessitate di un permesso di soggiorno in tempi rapidi? Siete perfettamente abili, ma volete arrotondare con un certificato d’invalidità? D’altronde anche i funzionari pubblici di Criminopoli devono arrotondare: basta pagare e tutto s’aggiusta. Questa settimana, grazie al suk di soffiate, permessi di soggiorno e certificati d’invalidità, si contano 24 nuovi indagati per corruzione (9 in realtà sono accusati del rarissimo traffico d’influenze illecite) che portano a 123 il totale dal primo gennaio a oggi.

Il Premio Mazzetta della settimana va a Carlo Ninnolino, assistente capo della polizia, in servizio nella Squadra mobile di Latina: secondo l’accusa, per un tariffario tra i 1.500 e i 10mila euro, rivelava ad Angelo Travali – arrestato due giorni fa con l’accusa di associazione mafiosa – notizie riservate su indagini in corso, svolte dalla sua stessa Squadra mobile, e informazioni sui confidenti della polizia. A incastrarlo sono stati i suoi stessi colleghi poliziotti. Resta inteso che, per quanto simbolico, il premio sarà automaticamente revocato se Ninnolino sarà archiviato o assolto.

Grandi soddisfazioni anche sul fronte mafie: i 60 nuovi indagati portano il totale del 2021 a quota 432 (8,8 ogni 24 ore). Ma quanto si guadagna con la mafia a Criminopoli? Vi diamo un’idea: tra sequestri e confische questa settimana si contano beni per 182 milioni. Il totale dall’inizio dell’anno sale a 820. Ed è solo quello che viene sequestrato e confiscato! Pensate che è quattro volte la cifra stanziata con l’ultima legge finanziaria (da 40 miliardi) per allestire i servizi aggiuntivi di trasporto pubblico (locale e regionale) dovuti alla pandemia. Ah, dimenticavamo: lo Stato non cattura Matteo Messina Denaro da 10.123 giorni.

La solita vocazione a tagliare il ramo su cui si sta seduti

Prima, con l’incarico a Mario Draghi, l’ennesima dimostrazione di quanta ragione avesse Mark Twain quando affermava: “Se votare facesse la differenza non ce lo farebbero fare”. Poi il tentativo di completare l’opera grazie alle scelte suicide di Pd e Movimento 5 Stelle. Eh sì, per gli elettori affezionati a Giuseppe Conte, quelli del governo dei “tutti dentro” sono tempi davvero grami.

Dopo aver assistito impotenti alla defenestrazione del vecchio premier da parte di un partito, Italia Viva, che alle elezioni del 2018 era riuscito nell’impresa di prendere 74 mila preferenze in meno rispetto ai votanti su Rousseau, cioè zero, rischia di svanire in queste ore anche il loro sogno di veder difese in Parlamento le conquiste del precedente esecutivo.

Questa volta, però, a uccidere le speranze non sono Matteo Renzi e i suoi mandanti. Nel delitto perfetto sono invece fattivamente impegnati tutti quei dem e quei pentastellati campioni nel masochistico e italico sport del “seghiamo il ramo sul quale siamo seduti”.

In Parlamento ad aprire le danze sono state le correnti pidine di Base riformista e dei Giovani turchi, indignate per la creazione di un intergruppo al Senato tra Pd, LeU e Movimento. “Non accetto che il Pd, per parlare con Draghi o Mattarella, debba prima chiedere il permesso a Conte o ai 5Stelle. Intergruppi e altri esseri mitologici anche no”, ha twittato il siciliano Fausto Raciti, seguito a ruota da Matteo Orfini e compagnia cantante. Tutta gente nata per perdere (le elezioni) o fortemente carente in matematica. Perché le tre formazioni politiche sommate tra loro (e ai vari cespugli) hanno la maggioranza relativa a Palazzo Madama e quella assoluta alla Camera. Se restano unite, senza il loro voto non passa nessuna riforma o controriforma. E solo se si presenteranno in coalizione alle prossime Politiche avranno possibilità di contrastare la probabile vittoria di Matteo Salvini e soci. Soprattutto ora che, con il governo della grande ammucchiata, diventa concreta la prospettiva di tornare alle urne con il Rosatellum e non con una legge elettorale puramente proporzionale.

Ma in questa gara a chi fa peggio primeggiano pure tanti 5Stelle. Contravvenendo alla regola di rispettare sempre le scelte degli iscritti (norma che avevano liberamente accettato quando erano entrati a far parte delle schiere grilline) molti di loro hanno votato no alla fiducia. Ottenendo lo straordinario risultato di indebolire da subito la possibile coalizione a tre, che da maggioritaria alle Camere rischia di diventare minoritaria, e mettendo pure una mina sulla possibilità di correre assieme sia alle Politiche che alle imminenti Amministrative.

Intendiamoci, sono perfettamente condivisibili i dubbi, i drammi e i mal di pancia pentastellati, vista la composizione stile Ancien Régime del nuovo esecutivo e la squallida manovra di palazzo che ha portato al governo Draghi. Ma se chi ti ha battuto non si fa problemi ad avere come modello Niccolò Machiavelli, ben difficilmente otterrai la rivincita se l’emotività continuerà a prevalere sul cervello. Per questo i fan di Conte debbono augurarsi un celere ritorno del loro beniamino sulla scena politica. Qualcuno in grado di pensare (e di mediare) là in mezzo ci vuole. O, senza aspiranti leader, l’argine parlamentare alla restaurazione si mostrerà presto per quello che è: un’armata Brancaleone.

 

Terracini, il comunista eretico tra i riformatori laici del 900

Caro direttore, vorrei intervenire nel dibattito su Terracini, Turati e la scissione comunista del 1921. Per dire che Umberto Terracini, uno dei promotori più accesi di quella scissione (“Un peu plus de souplesse, camarade Terracini”, l’aveva esortato Lenin). Ma già nel 1930, quale oppositore della rozza “svolta” staliniana, Terracini fu espulso dal partito assieme a Camilla Ravera, ad Alfonso Leonetti e ad altri. La “svolta” poggiava su questi rozzi capisaldi: il crollo di Wall Street anticipa la fine del capitalismo, esuli comunisti tornate ai vostri Paesi (dove vennero tutti arrestati) per promuovere la rivoluzione; non stringete alleanze di sorta con socialisti e socialdemocratici, i quali sono soltanto dei “socialfascisti”. Teoria seguita dal segretario tedesco Thalman, nonostante Trotzki lo scongiurasse di non imitare “l’infantilismo” del Pcd’I che risaliva ormai al 1921. E così si spianò la strada ad Adolf Hitler.

L’opposizione di Terracini fu chiara, ma soltanto verbale perché le sue lettere anti-Svolta le aveva scritte in inchiostro “simpatico” al limone alla prima moglie, la lituana Alma Lex, emigrata in Venezuela, e le riebbe soltanto nel 1974. Furono pubblicate dall’editore La Pietra. Tuttavia subì quella prima espulsione con Camilla Ravera e ne subì un’altra al confino per essersi dichiarato contrario, come lei, al Patto Ribbentrop-Molotov nel 1939. Per questo, caduto Mussolini e il fascismo, Terracini venne pubblicamente additato quale traditore e tenuto lontano da Secchia e dai suoi.

Era ebreo, antifascista, considerato fuori dal Pci. Dopo varie traversie venne accolto dal presidente socialista della Repubblica partigiana dell’Ossola quale segretario. Quando quell’esperienza gloriosa finì, Terracini passò in Svizzera e in Francia. Dove lo recuperò nientemeno che Palmiro Togliatti, sdraiato sullo stalinismo, assieme a un altro personaggio “eretico” del comunismo, il sindacalista Giuseppe Di Vittorio, dirigente della anarchica Unione sindacale italiana, deputato socialista nel 1919 e però popolare come nessuno fra le masse contadine. A quest’ultimo affidò la ricostruzione del sindacato all’epoca unitario e a Terracini addirittura la regìa della Costituente della quale alla fine fu presidente.

Fu mai riammesso Terracini nel Pci? Secondo Alfonso Leonetti (riaccolto con voto del Comitato Centrale), no. Il ritrovamento delle lettere contro la Svolta giuntegli dal Venezuela, dove era emigrata la moglie Alma Lex, soltanto nel 1974 riaccesero anzi dure polemiche con Giorgio Amendola, Luigi Longo e con altri dirigenti del Pci. Tanto che, per le sue posizioni fortemente laiche, divorziste, abortiste, ecc. Terracini venne sempre più assimilato ai radicali.

Nel Congresso del Pci dell’83 ebbe infatti i 7 minuti di tempo che toccavano agli oratori di secondo piano e lui però (ero presente) li usò magnificamente per descrivere le ragioni e le radici del terrorismo nella sua Torino, fra le Vallette e la Falchera. Si spense in quello stesso anno. E certo il rivoluzionario settario del lontano 1921 poteva, e può, ben essere annoverato fra i grandi riformatori laici del Novecento italiano.

 

Conte tradito da Renzi e dai figli delle tenebre

“I figli delle tenebre sono, nel loro genere, più scaltri dei figli della luce”. Nella versione originale del Vangelo di Luca, non si parla di figli delle tenebre ma di “figli di questo mondo”, ma forse la versione rielaborata è più incisiva… Come spesso accade, le Sacre Scritture ci aiutano a capire il presente: in questo caso (citando, più laicamente, Massimo D’Alema) come può succedere che “il politico più popolare”, cioè Giuseppe Conte, sia stato messo in crisi dal “politico meno popolare”, cioè l’Innominabile, che ora potremmo anche ribattezzare, appunto, “figlio delle tenebre”?

Usando la sua stessa terminologia, potremmo dire che ora certe cifre lo faranno rosicare: quelle, tremende per un accanito frequentatore dei social come lui, che ci dicono che il messaggio di congedo di Giuseppe Conte su Facebook ha avuto oltre 11 milioni di contatti, mentre, sempre su Facebook, l’Innominabile raccatta non poche pernacchie. Insomma, se dall’analisi dei dati dei social si dovesse ricavare un’indicazione, nello scontro con Renzi, Conte avrebbe dovuto stravincere. Invece ha perso: perché?

Sotto altri aspetti, diversi dal gradimento popolare (che dovrebbe pur contare qualche cosa, e invece sembra di no), il duello era impari: Renzi era appoggiato in modo spropositato dai media e dai poteri che stanno dietro ai media. Come e perché sia andata così lo spiega, meglio di qualsiasi analisi politica e dietrologica, il mirabile “Se fosse un giallo” di Maurizio de Giovanni pubblicato dal Fatto domenica. L’obiettivo era strappare dal controllo di Conte i 209 miliardi del Recovery Fund da lui guadagnati in Europa, a costo di diffondere la fake news che la preparazione del Recovery Plan non andava avanti.

Forte del fatto che Conte in genere non risponde alle provocazioni (e forse è anche questo che manda in bestia i suoi avversari: che gusto c’è a litigare con una persona educata?), e forte anche del fatto che ogni proposta sarebbe stata descritta dalla stampa come la madre di tutte le proposte, Renzi è andato avanti per settimane bloccando l’azione di governo con ricatti, minacce, richieste, che magari potevano avere un senso ma che sparate tutte insieme si annullavano a vicenda.

Naturalmente Conte non è stato indotto alle dimissioni solo perché lui è educato e l’avversario è prepotente e scomposto. Anche l’ex premier ha commesso qualche errore: nella gestione dell’emergenza sanitaria, pur con tutte le attenuanti, le granitiche certezze della prima fase si sono un po’ indebolite e, a fronte di una situazione che invece di risolversi diveniva sempre più complessa e multiforme, c’è stata qualche indecisione. L’istituzione delle zone di vario colore ha finito per suscitare facili ironie (quasi come i banchi a rotelle): anzi, si è intensificato da parte delle opposizioni di vario tipo l’uso di frasi fatte, spesso ottusamente insultanti, sciorinate nelle interviste televisive, che, per il fatto stesso di essere state dette in tv, venivano “consacrate” come se fossero sensate: ci vuole un cambio di passo, governo incapace, se non hanno i numeri vadano a casa, e via via con varie gradazioni.

Dal punto di vista della comunicazione, forse le misure adottate avrebbero dovuto essere illustrate più in Parlamento che in conferenze-stampa dalla complessa liturgia: è vero che si trattava di decisioni suggerite dalla scienza e non dalla politica, ma non si può sottovalutare l’importanza, sia simbolica sia sostanziale, di certe sedi. Errori più gravi sono stati sottolineati anche da Rocco Casalino e da Andrea Scanzi durante Otto e Mezzo lunedì: la sottovalutazione del pericolo Renzi e la ricerca di “responsabili” per rimpiazzare Italia Viva nella maggioranza. Potrei aggiungere quell’ultima telefonata al Rignanese, che poi, con la finezza che gli è propria, l’ha esibita come uno scalpo, aggiungendo perfidamente che lui non aveva risposto.

Tutto ciò incrina però solo in minima parte l’idea che molti di noi si sono formata sul presidente uscente, e soprattutto sulla dignità dei momenti finali: la decisione di dimettersi, che ha un po’ spiazzato qualche osservatore ma che a quel punto era la cosa migliore da fare (anche per evitare a Bonafede di essere massacrato in aula, non per il suo progetto di riforma ma per aver osato abolire la prescrizione); la cortesia negli incontri con Draghi; soprattutto quel congedo fra gli applausi da Palazzo Chigi, in cui qualche cronista che si ritiene acuto ha voluto cogliere momenti di mestizia (comunque chi ironizza sulle mestizie altrui, come avrebbe detto Leonardo Sciascia, è un ominicchio o un quaquaraquà), mentre invece è stato un saluto sereno e sorridente. Ma il bello doveva ancora venire, con quel trionfo su Facebook, preludio forse di un qualche ritorno in scena, nemmeno fra troppo tempo.

 

Allenamento ai glutei per aspiranti scrittori e pubblicità rivelatrici

E per la serie “La mano balbettante”, la posta della settimana.

Caro Daniele, vivo in una zona a rischio lockdown totale. Ne approfitterò per scrivere un romanzo. Cosa mi serve sapere, tanto per cominciare? (Luigi Monachesi, Ancona). Uno scrittore è innanzitutto un atleta dello stare seduto. C’è chi scriveva in piedi a un leggio (Hemingway), ma i più non hanno le emorroidi e stanno seduti per ore. Chi non si allena a stare seduto per ore, non potrà mai diventare uno scrittore. Se lo fai leggendo la Divina Commedia, tanto di guadagnato: eviterai di riscriverla perché non sapevi che ci avesse già pensato qualcun altro. Ovviamente, saper stare seduti non basta a diventare scrittori, sennò tutti gli anziani ai giardinetti sarebbero Aldo Busi. E qualcuno lo è. A me sono occorsi decenni di pratica indefessa per diventare un professionista dello stare seduto. Se potessimo eseguire un’analisi comparativa dei loro elementi strutturali, credo ne risulterebbe che il materiale cui più si avvicinano i miei glutei, almeno per caratteristiche meccaniche, è quello dei glutei di Varenne. Come lui, posso stare seduto ininterrottamente senza tema di stancarmi dalle 8 alle 8 e un quarto di mattina, poi devo uscire di casa al galoppo. Inoltre devi individuare che tipo di scrittore sei. Ne esistono solo due tipi: quelli cari ad Apollo amano il giorno, la nobiltà dello stile, la forma pura, il distacco mentale, la verità nuda o velata, la tragedia, l’armonia; quelli cari a Ermes prediligono la notte, la commedia, le menzogne, il caso, i sogni, il sesso, la musica, la tenerezza, la leggerezza. Scorciatoia euristica: guardi Pornhub? Ermes. Per allenarti a stare seduto e a scrivere, comincia col rileggere le favole dell’infanzia. Le favole non te le raccontano bene, da piccolo. Per esempio: sapevi che la piccola fiammiferaia era povera e affamata, ma aveva due tette enormi? Anch’io ho riso, poi ho pensato ai genocidi di Milosevic. Se a furia di scrivere ti stanchi, svagati un attimo. Io strimpello il pianoforte. Ho una casa con 26 stanze, in ognuna delle quali c’è un pianoforte a mezza coda. E accanto a ogni pianoforte a mezza coda c’è un pianoforte gran coda. Ville&Giardini ci ha fatto su un servizio intitolato “La casa dell’idiota presuntuoso”.

Le pubblicità che mi arrivano sul computer mi lasciano sempre sbalordita. Scarpe, cappelli, oggetti d’arredamento: corrispondono esattamente ai miei gusti! Possibile che la mia attività su Internet abbia permesso agli algoritmi di mettere perfettamente a fuoco la mia personalità, il mio carattere? (Anna Cutone, Isernia). Certo, ed è il motivo per cui, quando comincio una storia con una, guardo sempre che pubblicità le arriva mentre naviga: è una diagnosi psicologica perfetta. Quella pubblicità illustra meglio di qualunque test della Cia il suo mondo mentale, che all’inizio di una storia è come una scatola nera. In pratica non ho più bisogno di aspettare che il rapporto si schianti sulle montagne dell’Himalaya per capire cosa c’è nella scatola nera. Posso proprio evitare l’imbarco. E passare a un’altra compagnia.

Il mio migliore amico è innamorato di una ragazza, me l’ha presentata e adesso lei mi telefona. Mi dice che lui non le piace più e vuole uscire con me. Mi sento in colpa. (Andrea Lorusso, Bari). Ovvio. Il sesso dura pochi secondi, mentre un’amicizia vera dura tutta la vita. Per questo preferisco il sesso.

Cercate anche voi una guida spirituale? Scrivetemi (lettere@ilfattoquotidiano.it)

 

Mail box

 

 

 

I miei complimenti al “nostro” Fini

Applausi a scena aperta a Massimo Fini per l’articolo di domenica 14. La sua analisi dell’ipocrisia, la bassezza dell’operazione mossa contro il miglior presidente del Consiglio che l’Italia potesse sperare di avere ha descritto con la massima chiarezza quel sottobosco di individui intrecciati fra loro da rapporti mai limpidi e sempre strumentali che popola le stanze del potere e un po’ tutto il Paese.

Tiziana Gubbiotti

 

“Giuseppi” cacciato per arraffare il Recovery

Che amarezza, tristezza e delusione. Hanno vinto Loro e un galantuomo è stato cacciato via. Tempi cupi stanno arrivando, l’orrenda ammucchiata si spartirà la torta dei 209 miliardi e ci porterà a sbattere. Mi permetto di citare Indro, sempre attuale: “Sta arrivando l’uomo della provvidenza. E io, in vita mia, di questi personaggi ne ho già conosciuto uno. Mi è bastato. Per sempre”.

Valerio Avanzi

 

Mi sembra scandalosa la situazione di LeU

Trovo scandaloso il caso del gruppo LeU alla Camera. Un caso di rilievo morale, politico e istituzionale. Sin dal 2018 in verità, dato che fu autorizzata la costituzione di un gruppo di 14 deputati quando il Regolamento ne prevede 20. Ma oggi sono addirittura in 12.

Fabio Vander

 

Il governo Draghi non mi soddisfa proprio

La composizione del nuovo governo è stata per me una grande delusione. Resta solo la speranza che l’attività del nuovo governo possa raggiungere gli obiettivi di fronteggiare adeguatamente le emergenze che incombono sul nostro Paese.

Pietro Volpi

 

L’Innominabile parlava di programmi, o no?

Renzi disse che non era una questione di nomi, ma di programmi per il bene del Paese. Quindi ora prenderemo il Mes? Verrà tolto il Reddito di cittadinanza? Verrà fatto il ponte sullo Stretto? Oppure nulla di questo e quindi Italia Viva si asterrà?

Orlando Murray

 

Caro Orlando, come volevasi dimostrare erano tutte balle per liberarsi di Conte e Bonafede.

M. Trav.

 

Urne, Puglia e Roma sono situazioni opposte

Già per la Raggi si incomincia a intravedere lo stesso clima pre elettorale e post elettorale che si è avuto in Puglia per il mancato appoggio a Emiliano e la relativa spaccatura nel M5S: accadrà lo stesso per Roma? Si sacrificherà la Raggi per il bene ultimo di un processo politico con il M5S che il Pd non ha mai accettato?

Michele Lenti

 

Caro Michele, la situazione di Roma è l’opposto della Puglia: là c’era un presidente Pd che si ricandidava, qui c’è una sindaca M5S che si ricandida.

M. Trav.

 

Mattarella mi ha confuso con il suo operato

Questa crisi di governo è iniziata per il comportamento irresponsabile di Renzi, ma il presidente della Repubblica poteva gestirla diversamente da come ha fatto. Quando ho sentito la nomina dei nuovi ministri da Draghi, a caldo, ho impostato una protesta rivolta a Mattarella dove lo accusavo di aver riportato politici mafiosi in Parlamento. Ora ho molti dubbi perché c’è chi dice che il presidente della Repubblica è colpevole di aver scelto Draghi e c’è chi dice che avrebbe potuto salvare in qualche modo Conte insieme al governo.

Filippo Pavone

 

Caro Filippo, la via maestra costituzionale sarebbe stata il rinvio del governo Conte alle Camere.

Dopo il discorso di Mattarella “o questo governo o elezioni”, Conte avrebbe avuto verosimilmente la maggioranza assoluta che due settimane prima aveva mancato al Senato per 5 voti.

M. Trav.

 

Eppure la task force di Colao non è nuova…

La task force di Colao non era già presente nel governo Conte? Cacciato dalle opposizioni e ora voluto per distribuire il Recovery Plan.

Pietro Gualtieri

 

Per me il primo ministro “tecnico” non esiste

Che differenza c’è tra un presidente del Consiglio tecnico e uno politico? Se il governo governa, qual è la differenza? I ministri tecnici ci aggiustano forse le caldaie? No, amministrano uno Stato. Quindi o un Bersani, o un Conte, o un Draghi, per me sono uguali.

Roberto Calò

 

Orlando chiuse alla Lega ma l’esecutivo dice altro

Gustoso il video di Orlando che dice “Neppure se venisse Superman governerei con la Lega”. Ciò che più mi colpisce però sono i commenti del pubblico. Siamo ormai alla rassegnazione.

Giampiero Bonazzi

 

La lotta all’evasione non sembra una priorità

Ho ascoltato il discorso di Draghi. Sulla lotta all’evasione, una frasetta generica al minuto 43.

Giulio di Furia

Scuola “La Dad non è tempo perso: il lavoro dei docenti va riconosciuto”

 

 

Buongiorno, sono una docente di latino e greco e insegno in un prestigioso liceo classico di Roma. Nel nostro liceo, tra innumerevoli difficoltà, incomprensibili a chi non lavora nel settore, siamo riusciti ad assicurare ai nostri studenti un percorso di studio adeguato. Non sono state ridotte le ore – come pure prevedeva l’ordinanza del prefetto –, abbiamo svolto l’orario completo di lezione nel mese di Dad, assicurato lo stesso numero di verifiche scritte e orali, svolto regolarmente i colloqui con i genitori… Facciamo lezione tra le correnti d’aria e con i vestiti da sci, abbiamo comprato a spese nostre microfoni per farci sentire dalla metà classe che segue le lezioni in simultanea da casa. Siamo stati reperibili anche di domenica e a sera tarda per cambiare i turni in presenza, abbiamo stravolto la nostra vita cambiando più volte il nostro orario di servizio. Ho fatto lezione da casa anche dopo un infortunio a una gamba per il quale l’ospedale mi aveva prescritto un mese di malattia di cui non ho usufruito. E qual è il risultato? Quali le prime dichiarazioni del nuovo governo? Che gli insegnanti sono lavativi: si è perso tempo e devono lavorare un mese in più… A parte il fatto che non abbiamo edifici con l’aria condizionata come nella Bce, per cui fare lezione a giugno con le mascherine sarebbe terribile, si parte dal presupposto che gli studenti siano vasi nei quali riversare con un imbuto le conoscenze, quando invece i ragazzi sono ormai devastati psicologicamente e hanno bisogno di distrarsi. Solo così potranno apprendere serenamente dei contenuti e acquisire delle competenze.

Prof. Magdala Pucci

 

Gentile professoressa, le sue osservazioni sono legittime e al centro del dibattito sulla scuola di questi giorni. Alcune indicazioni andranno date in fretta e dovranno arrivare dal ministro dell’Istruzione. Bisognerà capire se per recuperare le ore perse gli insegnanti dovranno lavorare di più, se dovranno prolungare gli orari tutte le scuole o solo quelle dove la didattica alternativa finora non ha dato buoni frutti (chi lo valuterà, nel caso?) o se ci saranno delle aggiunte di personale (da dove potrebbe arrivare e come?). È evidente che la pandemia ha tirato fuori il meglio dalla maggior parte del corpo docente, che si è fatto in quattro per garantire continuità e coinvolgimento agli studenti. Questo si spera non sia dimenticato od oscurato dalle esistenti, seppur non maggioritarie, eccezioni.

Virginia Della Sala

Contro il finto alleato Salvini, meglio Giorgia

“Vi ringrazio della stima che mi avete dimostrato, ma anche essa dovrà essere giustificata e validata nei fatti dall’azione del governo da me presieduto”: così Mario Draghi ha concluso, mercoledì notte, la sua replica nell’aula del Senato – prima di essere sommerso da un’alluvione di sì – e a noi che già ci picchiamo di conoscere qualcosa del linguaggio draghese queste parole sono sembrate un sommesso invito alla prudenza. A non esagerare troppo nelle aspettative, a giudicarlo sui fatti ma anche ad aiutarlo a non sbagliare. Lo immaginiamo sfiancato da sette ore di dibattito, e con la glicemia alta dopo essersi sorbito un giulebbe di elogi e di evviva, rassegnato a ingurgitare altre dosi massicce di zuccheri l’indomani con la lettura dei giornali. Difatti.

Ditemi ciò che non so, chiedeva un famoso capitano d’industria ai suoi collaboratori, invitandoli a esprimere critiche intelligenti e fondate, e se necessario a fargli opposizione. Nella lettera a Repubblica, con cui Giorgia Meloni spiega attraverso un’idea diversa di Europa la non fiducia al governo, la leader di Fratelli d’Italia dice di “ritenere incomprensibile la tesi secondo la quale la scelta di FdI di garantire un’opposizione sarebbe irresponsabile e contraria agli interessi della Nazione”. Mentre “è semmai il contrario, atteso che senza opposizione non può esistere democrazia”. Ci sembra un argomento decisivo, ma consci dei nostri limiti sul terreno del diritto costituzionale, vorremmo interpellare chi della materia è maestro, i professori Zagrebelsky, Carlassare, Ainis per esempio, chiedendo se in nome dell’emergenza nazionale invocata dal capo dello Stato, la maggioranza di tutti imponga l’opposizione di nessuno?

Il Parlamento non è forse il luogo in cui fare emergere le proposte alternative in campo, permettendo ai cittadini di farsi un’idea sia di come agisce chi governa, sia di come intende agire chi si oppone? Considerare l’opposizione come un vulnus, sia pure nelle presenti circostanze eccezionali, non equivale a impedire il confronto tra alternative diverse, non necessariamente mosse da un pregiudizio contro il governo? Cosa è più utile al premier, il (finto) alleato Matteo Salvini che lo liquida con un irridente “Draghi ha sempre ragione”? Oppure una Meloni che dice (sia pure con lo scopo di annettersi un’altra fetta della destra sottratta alla Lega) non sono d’accordo, impegnandosi a cambiare opinione se le future decisioni del governo dovessero consentirlo? Infine, in questo plebiscito dolciastro e confusionario, e con il rischio di una torsione della democrazia parlamentare, è mai possibile che si debba pensare: meno male che Giorgia c’è?

Piero Ignazi. Provvedimenti normali: non è un partito, non c’è minoranza interna

La situazione è chiara: c’è una decisione presa da tutti, che è quella di sostenere il governo Draghi, e se qualcuno si oppone è fuori dal Movimento. In politica è sempre successo, fin dai tempi del Psiup e della scissione dai socialisti negli anni 60. Un conto è se i cosiddetti dissidenti si fossero astenuti e poi avessero valutato provvedimento per provvedimento, perché in quel caso il M5S avrebbe potuto accettare anche qualche voto contrario. Ma qui parliamo di un No alla fiducia a un governo. Io capisco che governare con Berlusconi faccia venire l’orticaria a molti (con Salvini ci sono già stati), è assolutamente comprensibile, ma se si arriva a una decisione la si deve rispettare. Qui però il problema è che ci sono ruggini molto più profonde nel tempo, con malumori trascinati da anni.

Al M5S avrebbe forse fatto bene mantenere una minoranza interna, senza necessariamente espellere i contrari, ma per far questo sarebbe stato necessario completare quel salto da forza politica “ectoplasma”, che si reggeva per lo più sul fondatore, a partito, con la possibilità di costruire luoghi dove discutere e dar spazio alle voci interne. Questo ancora non è stato fatto e dunque è normale che oggi chi vota contro debba uscire.