“A chi ha sarà dato” (Matteo 25,29)
Quando il conte Nuvoletti sciava con Edda Ciano e Umberto di Savoia, già Cortina – erano gli anni Trenta – si mostrava fanciulla in carne. Le sue Tofane, schiena maestosa che fa vivere di magia la conca d’Ampezzo, sono state per il Novecento (con affaccio sul Duemila) il centro di gravità del munifico mistero: Hemingway e mister Idrolitina, Dino Buzzati ma anche i fratelli Vanzina, Frank Sinatra, Marta Marzotto, Alberto Sordi, i Suv, le brune con le mèches e le biondone, il generone romano e naturalmente i sòla.
Nella desolazione finanziaria della pandemia solo Cortina può infatti dirsi speciale. Abituata a far soldi con la montagna, e a mantenersi bella con la sua bellezza, si è vista recapitare un assegno di poco meno di 100 milioni di euro per organizzare i Mondiali di sci. “Tutte le opere relative alle piste, e quelle collegate, sono state completate. L’industria alberghiera ha ricevuto la spinta che serviva per rigenerare e ristrutturare. Stiamo lavorando per aggiungere comodità, infrastrutture e servizi, come i parcheggi. Qualche mese fa eravamo un po’ abbattuti per via del virus, adesso però siamo sollevati, è comunque un grande spettacolo e un orgoglio”, dice Luigi Alverà, il vicesindaco. Mascherinato, svuotato, recintato dai protocolli di sicurezza, il mondiale è finito sotto la neve al primo giorno di gare. Ci è ricascato al terzo giorno. Poi finalmente il sole e la gioia di incoronare Marta Bassino campionessa del mondo nello slalom parallelo.
Tanta neve è caduta, beffardo segno del destino, dopo anni in cui l’artificio, i fiocchi sparati con i cannoni, consegnavano la realtà di una natura suddita della tecnologia, la finzione del bianco candore ad occultare la spuma di roccia. Il virus ha però lasciato il pubblico in salotto, e l’abbondanza di neve ha bloccato gli atleti in albergo. “È tutto straordinario”, diceva eccitato Giovanni Malagò, il presidente del Coni, alla vigilia dell’apertura. E infatti!
Cortina è oggi vuota di turisti anche se piena di sportivi, ricca anche se con il fatturato in caduta libera. Resta in fila per ottemperare ai protocolli sanitari e non – com’era abituata – davanti alle gioiellerie di corso Italia, al cachemire super griffato, a quella tanta bella gente nei riti di dicembre della fashion week (le giornate a cavallo di Sant’Ambrogio), adorante dell’ultimo spolverino di Gucci, abituata alla tavola stellata e al carpaccio d’astice del Tivoli, alla camera con vista del Cristallo (da 3.500 euro in su la sosta natalizia pre Covid).
Invece niente. Invece le tribune realizzate per il pubblico, e lo sbancamento che ne è derivato, sono spiazzi sospesi. Così come i parcheggi, lo struscio, i bar. Luigi Casanova, il presidente di Mountain Wilderness Italia scrive che già ora le opere hanno violato cinque convenzioni e protocolli ambientali, “il piede della montagna è mangiato da un intreccio di nuove strade”, sono stati abbattuti gli alberi in zone già sconvolte dalla tempesta Vaia e incisi i boschi verso le 5 Torri. E Marina Menardi, attiva organizzatrice del comitato civico locale: “C’è odore di speculazione edilizia intorno alla vecchia stazione ferroviaria. Il project financing è il chiavistello per raggiungere il solito orizzonte: più case, più volumi, più affari in danno della montagna. Lo diciamo chiaro: di questo tipo di investimenti non si sente alcun bisogno”.
È questa la tassa minima per il successo? Per Ferruccio Maria Belli, narratore veterano (sua la Guida di Cortina) le Olimpiadi del 2026 non rappresentano il fantastico giro vita della bellezza delle Dolomiti, “ma quei centimetri in più che affaticano un corpo splendente. Cortina ha avuto il lancio sulla scena mondiale con le Olimpiadi del ’56. Allora certo si potè dire che furono l’occasione di un lancio sulla scena, ma oggi?”.
Fino a domenica si scia e la società affluente segue il corso degli eventi attestandosi nella “Fondazione Cortina” che governa il mondiale. Presiede Alessandro Benetton. I Benetton, come i Barilla, i Marzotto, Illy e tutta l’industria che conta hanno avuto o ancora hanno un conto speciale, un sentimento dichiarato per questo spicchio di Dolomiti. La forza attrattiva di Cortina risiede proprio nelle sue innumerevoli relazioni, tante e tali da farla apparire una Guida Monaci dell’industria extra large, dei super amministratori delegati, e poi, a scendere, dei facoltosi assemblatori di poltrone fino agli imbroglioni di razza che purtroppo non mancano mai dove c’è odore di soldi.
Cortina, all’inizio del nuovo secolo, è divenuta anche tribù pariolina, la Roma debordante nella valle trasformata, per merito dei Vanzina con il cinepattone Vacanze di Natale, nel centro di gravità permanente della cafoneria, e quel centro poi accusato di essere divenuto reticolo di evasori fiscali al punto che nel 2011 il presidente del Consiglio Mario Monti, per mostrare all’Italia la faccia inflessibile dello Stato, inviò per qualche giorno quassù un battaglione di finanzieri per scovare l’orda di infedeli.
Appassimento del sentimento, ingresso dei nuovi ricchi e nuovi sbruffoni dopo gli anni scintillanti in cui la casona di Marta Marzotto ogni sera luccicava di gente, che lei chiamava “avanzi di balera”, e dava feste intramontabili a cui il jet set internazionale era invitato permanente. È un fatto che sul tavolo della sua cucina Giuseppe Berto ed Enrico Maria Salerno abbiano scritto la sceneggiatura di Anonimo Veneziano. Oppure che la fantastica Marta si innamorasse, nel giorno di Natale, di un paio di splendidi orecchini. Così belli ma così costosi: 170 milioni di lire! Si narra che stesse per rinunciare a quella gioia milionaria quando alle sue spalle udì una voce: “Gli orecchini sono della contessa. È il mio regalo di Natale”. La premura fu di Pietro Barilla, da allora soprannominato “Pietro il grande”.
E grande, grandissimo era infatti in quegli anni il via vai, da Peter Sellers a Klaus Kinski, a Brigitte Bardot, Liz Taylor, Frank Sinatra e tutto il gotha della produzione cinematografica.
“Qui tra gli altri hanno lasciato il segno Hemingway e Buzzati, Montanelli e Fernanda Pivano. Poteva Cortina non avere una rassegna letteraria che onorasse la sua identità e desse valore alla sua memoria?”, chiede Francesco Chiamulera, facitore di quella “Montagna di libri” che dal 2009 propone e presenta novanta titoli all’anno, d’estate come d’inverno. L’estate, per l’economia ampezzana, conta più dell’inverno, il rapporto del numero dei soggiornanti (sei a quattro) stabilizzava prima del Covid il fatturato intorno al milione e duecentomila presenze con punte che hanno raggiunto anche il milione e mezzo.
Ma il mondo cambia in fretta e le prossime Olimpiadi, quelle attese per il 2026, apriranno le piste e gli affari ai cinesi. Il Ceo del comitato organizzatore dei giochi è Vincenzo Novari, già amministratore delegato di Tre, la compagnia telefonica dell’Oriente. Sull’uomo si investe per cogliere il plus, in carte di credito, dei sei milioni di sciatori cinesi. Due anni fa è sbarcato a Cortina il ministro dello Sport di Pechino, e il simbolo dello sci italiano, Kristian Ghedina, ha fatto un lungo giro promozionale nel lontano est asiatico.
Benché mascherinati, i Mondiali di sci come detto sono valsi un bel gruzzoletto: circa cento milioni di euro. Un assaggio, uno scivolamento dolce verso gli altri 325 milioni che Cortina si spartirà con le altre località del Cadore per ospitare, in coppia con Milano, fra cinque anni le Olimpiadi. “Saranno a costo zero per lo Stato”, avvertiva Luca Zaia, il governatore del Veneto, festeggiando la nomina. C’è però questo miliardo di euro iscritto nella legge di bilancio (oltre alla somma stanziata per il Veneto, 473 milioni andranno alla Lombardia, 82 a Bolzano, 120 alla provincia di Trento) e sono le spese necessarie, perché altri soldi mancano per completare le opere essenziali e quelle connesse (in tutto circa trecento milioni di euro).
I soldi chiamano soldi. Almeno quassù l’Italia non si dispera.