“Le varianti vanno identificate e ne va monitorata la diffusione in modo dettagliato e tempestivo”. Il virologo Guido Silvestri dal suo studio di Atlanta avvisa: “Poi dobbiamo studiarle in laboratorio per capire se e come modificano la capacità del virus di trasmettersi, di indurre malattia e di dare resistenza a vaccini ed anticorpi. Infine è importante utilizzare queste informazioni per nuovi vaccini che proteggano meglio dalle varianti stesse”.
Dobbiamo aver paura delle varianti?
Quello che non serve è la paura fine a se stessa, il panico generalizzato, che alla fine fanno prendere decisioni emotive e non basate sui dati e si rivelano quasi sempre sbagliate.
Le varianti rischiano di render vana la vaccinazione?
Al momento non lo sappiamo e tutto è possibile. Però possiamo dire che le due varianti meglio studiate, “inglese” e “sudafricana”, sembrano suscettibili alla neutralizzazione causata dagli anticorpi indotti dai vaccini Pfizer e Moderna, come dimostrato in due studi recenti dei gruppi della Columbia University e del Vaccine Research Center del Nih. Dobbiamo vaccinare quante più persone possibili al più presto; qui negli Usa abbiamo passato i 40 milioni di persone che hanno ricevuto almeno una dose, e la media mobile settimanale dei casi è già scesa del 65% rispetto a sei settimane fa e senza nessun lockdown generalizzato.
Crede che le zone regionali a colori possano ancora funzionare o servirebbe un lockdown generalizzato?
I lockdown generalizzati sono molto dolorosi, soprattutto per le fasce più deboli e povere della popolazione; per questo le restrizioni dovrebbero essere quanto più flessibili e granulari possibili. L’idea è quella di monitorare la diffusione dei nuovi casi (e delle varianti) per capire dove occorrono restrizioni più rigide e dove, invece, si può riaprire, evitando così vessazioni inutili ai cittadini. Un lockdown generalizzato era giustificato nel marzo 2020, ma adesso, in una situazione di sostanziale stabilità come quella odierna, con la media mobile dei nuovi casi al giorno attorno a 11mila-12mila ormai da alcune settimane, il sistema a zone “colorate” è molto più adeguato.
La terza ondata secondo lei è scontata anche in Italia?
Non lo sappiamo, sbaglia sia chi esclude una terza ondata sia chi la dà per scontata. Una cosa è certa: ogni persona che si vaccina rappresenta un piccolo muro contro questa ondata, è su questo che dobbiamo accelerare.
È stato confermato il ministro della Salute Roberto Speranza. All’Italia serve più continuità o al contrario discontinuità? Da voi senza Donald Trump vede già un cambiamento nella gestione della pandemia o è presto?
La grande difficoltà della sfida della pandemia ha messo a dura prova tanto politici che esperti, in tutto il mondo e non solo in Italia. Detto questo, credo che serva un certo livello di continuità, per evitare di dover ripartire da capo, ma credo anche che laddove ci siano stati errori, come nel caso di Aifa e della iniziale mancata autorizzazione al trial degli anticorpi monoclonali, bisogna avere il coraggio politico di dare un segnale di cambiamento, evitando di confermare alcune cariche solo perché gli interessati sono molto protetti politicamente. Quanto all’America, credo che dal 20 gennaio la gestione della pandemia sia molto più pragmatica e data-driven, con grande enfasi sulla vaccinazione di massa, e questo mi fa ben sperare sulla possibilità di ritornare presto alla nostra amata normalità.