Lui, abbottonato senza mai scoprirsi. Loro, unanimi nel dare un consenso inedito. Alle consultazioni delle “parti sociali” – da Confindustria ai sindacati, dal commercio ai lavoratori dello spettacolo fino al Terzo settore e alle associazioni ambientaliste – Mario Draghi non ha parlato quasi mai se non per dire “buongiorno” e “grazie”. Unica deroga, il “pizzino” politico dal sapore democristiano, trasmesso alle associazioni ambientaliste sul ministero della Transizione ecologica.
Ma a parte la “mossa” politica, Draghi non ha fatto trapelare altro. E non ne ha avuto particolare bisogno visto il sostegno pressoché unanime ricevuto dalle associazioni di categoria. Ognuna con le proprie esigenze sciorinate al presidente incaricato, ma unite da un punto in comune: la soddisfazione per essere stati annoverati nelle consultazioni ufficiali.
Prima di Draghi solo Pier Luigi Bersani lo aveva fatto e, prima di lui, il buon Franco Marini, morto l’altroieri, che ebbe nel 2008 un rapido mandato esplorativo dopo la fine prematura del secondo governo Prodi. Un giro con le parti sociali, ricorda agli amici della Cisl, l’ex segretario Sergio D’Antoni – che Draghi lo conosce bene – lo aveva fatto il primo governo Berlusconi, arrivato inaspettatamente alla guida del governo dopo le elezioni vinte nel 1994. Ma fu un giro molto formale, come si scoprirà nella grande mobilitazione sindacale contro il suo progetto di riforma delle pensioni.
La grande unanimità di consensi registrata ieri è un buon viatico per Draghi – e una notizia non esaltante per la dialettica sociale – e si spiega con questa possibilità di sedersi al tavolo e quindi con l’opportunità di tornare a fare i “corpi intermedi”, i mediatori sociali, ruolo senza il quale le associazioni di categoria perirebbero.
La richiesta più urgente è forse quella avanzata da Cgil, Cisl e Uil, relativa al blocco dei licenziamenti che scade il 31 marzo. I sindacati ne hanno fatto un punto centrale durante tutta la pandemia e ancora oggi chiedono che i lavoratori non siano abbandonati. Il sindacato, come anche Confindustria, chiede allo stesso tempo che siano riavviati i cantieri delle grandi opere, al netto del Recovery: ferroviarie, stradali, quel pacchetto di interventi per i quali, poco prima di dare le dimissioni, il governo Conte aveva proceduto alla nomina di ben 37 commissari.
E allora, si ragiona in ambiente sindacale, si potrebbe arrivare a un meccanismo che colleghi il progressivo sblocco del divieto di licenziare al contestuale avvio dei cantieri con un piano di rimessa in moto degli appalti. Sulla base, sembrerebbe, di un “modello Genova” – ampie deroghe alle normative e centralizzazione delle autorizzazioni – a cui Draghi si è già riferito.
L’ex presidente della Bce ha inviato un altro segnale oltre a quello sulla Transizione ecologica: aver ricevuto l’Agis, l’associazione che raggruppa gli esercenti cinematografici e tutti gli operatori dello spettacolo, di fronte ai quali il presidente del Consiglio incaricato ha parlato di “disastro culturale”, significa voler dare centralità a un settore piuttosto distrutto dalla pandemia.
Nessun cenno alla scuola dopo le dichiarazioni sulla opportunità di prolungare l’anno scolastico. Sul punto è intervenuta la segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, ma solo per ribadire la necessità di ricominciare a settembre con tutti i docenti ai loro posti, senza riferimenti alle polemiche di questi giorni che pure ci sono state (e tra l’altro, ieri a Roma, si sono avute, al Socrate e al Mamiani, nuove occupazioni studentesche).